Re: IL LATO OSCURO DI ROBERTO SAVIANO

Inviato da  Makk il 2/12/2010 12:56:25
Citazione:

baciccio ha scritto:
Makk: " Dirò che gli ebrei italiani si sentono italiani".
E' una frase che si presta a diverse interpretazioni, almeno per me, cosa significa esattamente che degli italiani si "sentono italiani"?


Uhmm, se spezzi un dialogo a metà, e se questo dialogo proviene a sua volta da un intervento, il tutto può diventare incomprensibile

Vediamo di chiarire

RICOSTRUZIONE
Audisio: Io vivo a Roma e non ho mai sentito nessuno dichiarare che gli ebrei debbano essere cacciati da questa città.
Mentre sento tutti i giorni dire che se ne devono andare i neri, i cinesi e soprattutto gli zingari.
Dirai che queste comunità hanno la loro di patria.

Makk: No[n dirò affatto questo]. Dirò che gli ebrei italiani si sentono italiani.
Salvo che hanno memoria di pogrom eccecc

ESPLICITAZIONE
Si discute del fatto che i razzisti italiani (di cui parla Audisio) non possono dire "cacciamo gli ebrei dall'Italia" perché sono cittadini italiani mentre dicono "via gli zingari, rumeni, ecc".
Ergo, secondo Audisio, la mia tesi della paura atavica di essere cacciati è priva di sostanza: gli ebrei non sono a rischio di essere cacciati.

Non sono d'accordo.

Intanto, nella Roma di Audisio le scritte "juden rauss" (così come quelle "Albanesi dimmerda") non sono poi così rare, e con la giunta Alemanno e i municipii in mano alle destre, sono in leggero aumento. Sarà anche che il servizio di "imbianchini d'urgenza" del comune, che copriva le scritte razziste e oltraggiose su segnalazione dei cittadini, è diventato ... "stranamente lento"

Secondo, non inficia un bel niente rispetto a una paura atavica. Gli ebrei italiani desiderano profondamente essere italiani come tutti gli altri. E' naturale che sia così. E in periodi tranquilli nulla turba il loro desiderio/libertà di sentirsi italiani. Ma il passato di quella gente gli dimostra che passare da un periodo di rapporti stabili e sereni con "i goyim" a un periodo di persecuzioni ci vuole un attimo, pochi anni. Una paura atavica non ha bisogno di minacce concrete, bastano le minacce larvate. E in periodi di "allarme antisemita" (e i nostri media non ne fanno mai mancare di quelli) questa paura, più o meno forte, è una costante.

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Questo per chiarire il mio pensiero.
Ora veniamo al *tuo* pensiero.

Citazione:
Bacicco: cosa significa esattamente che degli italiani si "sentono italiani"?


Se interpreto correttamente i livelli dialogici, questa locuzione è piuttosto polemica.
Stai chiedendo con una certa energia ("esattamente") come mai dei cittadini italiani hanno una percezione delle loro cittadinanza indebolita, al punto da poter considerare come opzione il "sentirsi" italiani o meno.

Dunque.

PRIMO: non vedo perché ti stupisci. Molti italiani si interrogano sul loro essere italiani.
A partire da chi lo fa in maniera profonda e intelligente, come gli anti-retorici della Patria (ad es il Maestro: io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono).
Passando per i vari Tafazzi che si divertono a spiegare come qualsiasi posto sia meglio dell'italia.
Per finire a quelle merde dei leghisti.
A leggerti si direbbe che solo gli ebrei hanno "qualcosa che non va" se dovessero porsi il problema...!?
Cos'è!? Valgono di meno di Giorgio Gaber? O dei leghisti?

SECONDO: a esaminarla serenamente, la faccenda non dovrebbe porti grossi problemi: quella ebraica è una comunità con forti connotati etnico-culturali autonomi dalle culture maggioritarie (ad es. quella padano-cattolica). Se alcuni individui di quella comunità avessero problemi di "identità patriottica" sarebbe un problema loro. Che si spicciano nel loro privato. Ancora una volta non sono gli unici: gli altoatesini di lingua tedesca, i valdostani francofoni...

TERZO: in realtà, non sono gli ebrei che hanno problemi a identificarsi col territorio di nascita, ma i problemi tendono a farglieli venire le circostanze. E le persone.

E non solo agli ebrei. Per esempio l'ho fatto IO. Che ho vissuto a Bolzano, in case popolari dove venetofoni poveri e tedescofoni poveri vivono fianco a fianco. E io chiedo al mio amico: "Hubert, domani c'è Italia-Germania, tu per chi tifi?" e lui mi risponde esaperato: "Ma baszta! Io szono italiano, PoRko Tio!".
Di certo io non lo aiuto, con la sua buffa pronuncia, a "sentirsi italiano".

E a Bolzano, non solo i bambini, ma i ragazzi si rassegnano a queste piccole molestie etniche. A parlare italiano perché gli amici venetofoni parlano malvolentieri il tedesco, a sentirsi indicare sarcasticamente "via veneto strasse" (strasse è "via", ma in veneto "stracci": l'indicazione bilingue da cortesia multietnica diviene "robaccia").
E... sì: fra gli austro-italiani ci può essere bisogno di "sentirsi italiani", visto che la loro carta d'identità italiana non gli impedisce di sentirsi chiamare "i gialli" (dal colore dei capelli).


Senza contare le persone che gli fanno pesare la R rotolante o qualche imprecisione grammaticale sorprendendosi polemicamente:
cosa significa esattamente per degli italiani "difficoltà a parlare italiano"?

Che è abbastanza simile a ciò che succede agli ebrei quando qualcuno chiede polemicamente:
cosa significa esattamente che degli italiani "si sentono italiani"?

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