Re: Mondiali di calcio

Inviato da  wrr il 17/6/2010 13:31:23
Innanzi tutto motivo le mie affermazioni, che per amor di sintesi davo per scontato fossero comprensibili:
frustrato: "mi fa talmente rodere il culo la mia vita schifosa in questo paese di mentecatti che col cavolo che gioisco come il pecorume per un orgoglio nazionale opportunistico che non sento, o non condivido; per di più sti buzzurri guadagnano milioni per dar calci ad un pallone, mentere io mi arrabatto con 1000 euro al mese e devo pure pagarci le tasse".

Alternativo (in senso negativo, come per quel cor. di Travaglio): "A no, io voglio distinguermi dalla massa pecoraia con uno stile altèro, quasi aristocratico, e devo letamare tutto ciò che fa dell'Italia un popolino da commedia Sordiana, così che la gente possa pensare che io sì, che sono intelligente, che la mia boria e la mia necessità di giudicare e denigrare invece di sembrare meschine, diventano emblema di emancipazione culturale e ben glorificano il mio personaggio intellettuale radical chic d'opposizione".

Tanto per completare: il calcio non "è sempilce azione". E' cultura, è poesia e comunicazione a diversi livelli.
Cultura perchè rappresenta con la sua storia innumerevoli vicende umane, politiche, sociali non indifferenti, cose che cambiano il corso degli eventi ed inaugurano epoche, come le olimpiadi, o i grandi avvenimenti popolari-globali, mobilitando le folle e per il contorno sociologico che lo alimenta.
Poesia perchè nei suoi meccanismi, nelle gesta dei suoi protagonisti, nei risultati, nel pathos che si sviluppa col gioco, trovano posto vicende personali e collettive che trascendono la banalità del meccanismo o "dell'azione" meccanica, fisica. Sono dinamiche che ben si possono accostare ad imprese mitiche, meschine od eroiche, fatte di gioie o fallimenti, thriller psicologici che si consumano nello scorrere dei secondi, gesta di uomini che per quanto in balia della gravità e della "rotondità" del pallone, o se volete del fato, lottano per scrivere il proprio destino, aiutati dal proprio esercito o traditi dal dio/giudice arbitro, ma sempre con il sudore della fronte e la forza del cuore, che nonostante la stanchezza infinita ti porta a rincorrere l'ennesimo pallone in fascia, senza nemmeno la certezza che il bomber realizzerà in rete il tuo cross, che con tanta fatica e perizia hai confezionato.
La passione è un sentimento che l'essere umano deve coltivare, e spesso deve decidere di applicare a questa o quella vicenda: decidere di concedersi al trasporto per un film strappalacrime o ad un'impresa sportiva non è meno nobile che darsi pena per la fame del mondo, o per la diseguaglianza sociale che opprime i poveri, cose che purtroppo alberga sempre più raramente con sincera commozione nelle nostre ciniche coscienze.
Non solo: anche solo per capriccio emotivo, o per divertimento se vogliamo, non è così vergognoso adottare un beniamino (che sia un giocatore o una squadra) per godere di un'emozione più viva e travolgente, derivante proprio dal parteggiare per uno dei due contendenti. Si tratta di un piccolo ed innoquo contentino emozionale che insieme agli altre mille sentimenti che abbiamo, più o meno importanti e determinanti, ci caratterizzano e ci qualificano come esseri umani animati.
La Patria è un concetto che non più ci appassiona: non ci sono più guerre nè resistenze da combattere, anzi lo stato che la rappresenta può risultare persino odioso e malfidato, ma nel momento che essa (la Patria) si immette in un circuito di scontro con alter patrie, alter popolazioni, altre filosofie di gioco, usi e costumi, diventa un catalizzatore di persone normalmente indifferenti, che trovano finalmente qualcosa in comune per cui sodalizzare. In fondo non aspettiamo altro che un'occasione per mettere alla prova il nostro valore, e il campo da gioco, e il suo prolungamento il tifo, diventano uno dei ochi espedienti per realizzarlo, in questi tempi così poco adatti agli eroi. Diventa un surrogato di emozioni più sublimi che per le anime eroiche e nobili è il sale della vita. Abbiate pietà se per bisogno di praticarle siamo costretti a riversarle su uno sport, anzichè su un campo di battaglia, per difendere la nostra identità.
Il calcio è un gioco, che come tutti i bei giochi, rappresentano allegoricamente la vita, è inevitabile sentirsene partecipe, allorquando la propria identità viene messa a confronto con le altre. Non c'è niente di sbagliato nel giocatore che canta il proprio inno con fervore o nel tifoso che soffre sugli spalti, al massimo bisogna dolersi se il denaro e chi ne ha interesse abbia cercato di servirsene per trasformarlo in un business. Il sistema sarà anche squallido, ma le emozioni dell'appassionato sono sincere. Mi dolgo per coloro che non ne godono, mi dispiace se non ci si vuol concedere un piccolo peccato d'orgoglio d'identità...
ahimè, che peste mi colga il giorno che smetterò di emozionarmi di fronte al gioco della vita.

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