Re: Mistero sulla morte di Francesco Mastrogiovanni

Inviato da  florizel il 25/9/2009 19:10:42
Una mia breve irruzione, solo per alcune precisazioni e riflessioni, man mano che si tenta di trovare delle risposte a questo ennesimo “mistero”, che a sua volta si rivela sempre più chiaramente tassello di un puzzle ben più articolato.

Lo si può affermare con cognizione di causa solo se si indaga su quanto invasivamente UN UNICO potere sia penetrato capillarmente anche in realtà sociali quale può essere un piccolo comune del Cilento, inserito nel territorio di un Parco Nazionale che per altri aspetti è assolutamente carente di particolari “attenzioni” politiche ed amministrative che lo tutelino: operazioni di facciata volte a dare l’illusione dell’efficienza e dell'invito alla partecipazione democratica alla vita delle istituzioni locali (tanto, i soldi arrivano sempre nelle stesse mani, quelle di chi decide cosa farne...); sindaci e forze dell’ordine pronte a mostrare la propria competenza e la propria prontezza a “tutela” del benessere e della “tranquillità” comune…

Ci piacerebbe vedere, a noi che il Cilento abbiamo imparato ad amarlo e ad odiarlo quasi per le stesse ragioni, la medesima solerzia istituzionale delle applicazioni pedisseque di leggi e regolette, quando si tratta di salvare numerosi ettari di bosco dati e poi lasciati alle fiamme prima di intervenire prontamente.

O quando si tratterebbe di rilanciare un turismo sostenibile utilizzando e favorendo le risorse umane e sociali locali, salvaguardando l’ambiente e mettendo un limite alla piaga dell’emigrazione: esatto, laggiù si “emigra” ancora, al Nord, nelle fabbriche e nelle aziende settentrionali, quando l’intero territorio cilentano ha risorse turistiche da offrire per 12 mesi su 12, in fatto di beni archeologici, artistici, ambientali ed enogastronomici.

Invece, di aggiornato ed efficiente come per le grandi città, c’è solo la pervasività dei metodi del potere, dell’UNICO potere in grado di penetrare ovunque sotto l’egida della “democrazia” e dell’istituzionalità.

Risulta quindi coerente come l’esibizione di bandierine blu su carta patinata da depliants turistici si accordi poi con l’applicazione di una “legge” che riguarda il TSO, e con un sindaco -sceriffo che “si può permettere” di emanare un provvedimento del genere senza nemmeno prendersi la briga di rispondere ai molti interrogativi sull’iter procedurale seguito, e sulle motivazioni date per quella firma su un foglio che non si sa nemmeno se apposta da lui o da un medico di cui, ancora oggi, non si trova traccia…

“Il Sindaco può emanare l’ordinanza di T.S.O. nei confronti di un libero cittadino solo in presenza di due certificazioni mediche che attestino che:

1. la persona si trova in una situazione di alterazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici;
2. gli interventi proposti vengono rifiutati;
3. non è possibile adottare tempestive misure extraospedaliere.

Le tre condizioni di cui sopra devono essere presenti contemporaneamente e devono essere certificate da un primo medico (che può essere il medico di famiglia, ma anche un qualsiasi esercente la professione medica) e convalidate da un secondo medico che deve appartenere alla struttura pubblica. La legge non prevede che i due medici debbano essere psichiatri.”


In questo caso, però, il fatto che Franco non vivesse in una grande metropoli è venuto fin troppo comodo a chi per anni lo ha perseguitato sistematicamente; la già scarsa consapevolezza degli individui verso ogni più o meno subdola forma di “controllo” sociale, ha agevolato nei piccoli centri la pratica della “marchiatura” e della diffamazione a scopo di una demolizione, e a giustificazione dell’applicazione di un “provvedimento idoneo”:

“ci appare urgente portare alla luce un aspetto dell’Italia poco noto a chi vive nelle grandi città, all’ombra dell’anonimato che ci regalano le moltitudini: nella provincia, nei piccoli paesi, esiste sovente una sproporzione fra soggetti da controllare e controllori. Questo innesca molte volte una capillarità ossessiva dell’osservazione dello stato…”

In un piccolo centro dove il controllo in una sola direzione (istituzioni/forze dell’ordine VS cittadini) si afferma maggiormente che nelle città, nelle quali la coesione sociale è facilitata anche dal numero di individui e dalle occasioni di aggregazione; in un piccolo centro dove una qualsiasi forma di disobbedienza agli abusi NON viene recepito e trasmesso come evento “politico” (mentre sappiamo che nelle città quando se ne dà informazione è perché spesso viene utile a chi va in cerca di facili consensi elettorali) ma come “disturbo della quiete pubblica” o “effetti di una personalità agitata”, basta che un qualsiasi ventenne in divisa, e forse nemmeno del luogo, al primo fermo si informi quali siano state le vicissitudini del fermato per innescare il meccanismo coatto della diffidenza e del pregiudizio; figuriamoci poi se il fermato, con il suo passato e con il suo bel marchio di “noto anarchico” si mette pure a contestare una multa: cazzi amari.

In un paese dove le auto blu delle “personalità istituzionali” si permettono le peggio cose, se tu, Signor Nessuno, contesti una multa e ti incazzi pure, ti arrestano direttamente.
Figuriamoci se poi dalla centrale vengono a sapere dei tuoi passati.

E non è fantascienza o fanatismo asserire che la persecuzione abbia molto a che vedere ANCHE con il suo schieramento ideale e con le esperienze fatte in merito alle vicende passate, come quella che riguarda il “caso Marini-Falvella” del ’72. Quella storia segnò profondamente Franco, o almeno dovette contribuire alle sue opinioni in merito a politica e “giustizia”. A seguire, i fatti del ’99:

“Nel 1999 il secondo trauma. Mastrogiovanni venne arrestato «duramente, con ricorso alla forza, manganellate, e calci» spiega il cognato Vincenzo, per resistenza a pubblico ufficiale. Il motivo? Protestava per una multa. In primo grado venne condannato a tre anni di reclusione dal Tribunale di Vallo di Lucania «grazie a prove inesistenti e accuse costruite ad arte dai carabinieri». In appello, dalla corte di Salerno, pienamente prosciolto. Ma le botte prese, i mesi passati ai domiciliari e le angherie subite dalle forze dell’ordine lasciano il segno nella testa di Francesco. «Da allora viveva in un incubo» racconta Vincenzo fra le lacrime.”

Vincenzo Serra, il cognato.

Intanto, i cinque anarchici calabresi sono stati messi a tacere per sempre.

E Giovanni Marini, morto anche lui, “prematuramente”.

Citazione:
Perché un dispiegamento di forze di una quindicina di uomini fra carabinieri polizia locale e guardia costiera, per un solo uomo e per giunta non pericoloso?

Già. Perché, visto che il fermo per esecuzione di TSO è di SOLA competenza dei vigili urbani?
Risposta da cospirazionisti? E sia. Perché è un SEGNALE, quello che si vuol dare. Lo stesso segnale che si rintraccia nella politica dell’alimentazione del “terrore” e del “nemico dentro casa”; il segnale che attesta la prontezza a “reagire” di ogni settore dello stato e del suo braccio armato in vista di chi si rivela indifferente o eccessivamente critico alle sue regole e alla sua stessa natura, una volta compresa quale sia.

Volendo gettare uno sguardo più ampio (la “visione d’insieme tanto cara a Calvero…) su questa storia, quali particolari la tengono separata dalla morte di Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Giuseppe Pinelli? Tolti i dettagli, le circostanze, i periodi e le vicissitudini, rimane l’accanimento verso chi “oppone resistenza”. Ed è fondamentalmente “solo”, senza le spalle coperte da questa o quell’altra “grande forza politica istituzionale”.


Citazione:
Perché è stato eseguito un TSO se Francesco di è consegnato spontaneamente alle autorità, dopo che si era rifugiato (braccato da 15 uomini delle forze dell'ordine come fosse un assassino della peggior specie) in un campeggio locale?

Franco non si era rifugiato in un campeggio: era lì in vacanza. A Marina Piccola, nel Comune di San Mauro Cilento.
Ma soprattutto: sono state fornite ben QUATTRO versioni delle presunte motivazioni che hanno portato Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, ad emettere il TSO. Tutte indimostrabili.

La prima: una lite con un negoziante di cui non c’è traccia.
La seconda: guida contromano in una strada a traffico limitato, infrazione di cui non esiste verbale.


«L'ultima versione che circola è quella della guida contromano - spiega Peppino Galzerano, editore e amico di Mastrogiovanni -, prima ne erano state diffuse altre».

"...(all'inizio si era favoleggiato di una serie di fantomatici incidenti a catena che avrebbe provocato) è stato fermato, con uno spiegamento di mezzi notevole, dalle forze dell'ordine nel suo luogo di vacanza per una ipotetica e per di più banale contravvenzione al codice stradale, essendosi, a dire del Sindaco di Pollica, immesso contromano in una strada. "

La terza: tamponamento di due vetture in sosta nella stessa strada. Anche in questo caso non esistono denunce, e nessun segno di tamponamento sull’auto di Franco.

“In un primo momento si parlava di 4 auto tamponate. Dopo di guida contromano nell’isola pedonale di Acciaroli (contromano nell’ isola pedonale?).”

La quarta: un generico “disturbo della quiete pubblica”.

Citazione:
Alla proprietaria del campeggio, prima di consegnarsi alle autorità, avrebbe detto "Se mi portano all'ospedale di Vallo non ne esco vivo".

Questa è la frase sulla quale varrebbe la pena approfondire di più. Franco, come riportato da _gaia_, aveva GIA’ subito due TSO, in passato. Perché stavolta era tanto sicuro di non uscirne vivo, al punto di confidarlo all’amica, proprietaria della struttura turistica?

Citazione:
Sul corpo di Franco c'erano segni di colluttazione, ma non è stato picchiato durante la 'cattura' e il trasferimento in ospedale.

Infatti, dei segni di colluttazione si è saputo solo durante l’autopsia, a cui ha assistito il medico legale della famiglia di Franco.
Tra l’altro, nella cartella clinica non è stato riportato che Franco è stato legato al letto in stato di contenzione:

“nella cartella clinica non è stata annotata la pratica ne la motivazione della contenzione fisica del paziente come evidenziato, invece, dalla successiva autopsia”.

Dalla carenza di dati ed elementi chiari, è anche possibile ipotizzare che la morte avvenuta in seguito al ricovero per TSO sia stata dovuta a precise responsabilità del personale medico-sanitario dell’ospedale di Vallo.
Ma casuale non saranno mai, per noi che lo piangiamo e per chi l’ha conosciuto ed amato per decenni, né la persecuzione subita, né l’emissione del provvedimento.

Invito a diffondere la notizia dell’accaduto ovunque, perché su Franco come su chiunque altro “morto di troppo stato”non venga calata la pesante coltre di silenzio, tanto utile alla perpetrazione di questo ed altri orrori.

Probabilmente, nei prossimi giorni
il blog aperto dai familiari di Franco verrà aggiornato.
Teniamolo d’occhio.
La cosa non si fermerà qui. Noi tutti che stiamo seguendo la vicenda (e che man mano “vediamo” quello che si vuole tenere celato o spacciare come “normale”) ce lo siamo ripromessi, determinati e tenaci.

ps: un grazie enorme a _gaia_ per l'assiduo aggiornamento.

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