Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  arturo il 11/9/2007 21:11:48
NESSUNO

ho letto attentamente il tuo post :.ora, purtroppo ti tocca sorbirti il mio !

Posso DI NUOVO sbagliarmi , ma non credo che si stia dissertando sulle conquiste sociali, avvenute nel corso dei secoli, determinate sia dallo sviluppo della scienza e della tecnica ( a cominciare dalla ruota passando per il papiro, l’inchiostro, le vie di comunicazione, la stampa , la macchina a vapore, la penicillina.. fino a giungere alla radio alla bomba atomica alla TELEVISIONE e non si sa a cos’ ALTRO ancora, ..) sia, parallelamente, da quello del pensiero filosofico da Democrito ai giorni nostri

E’ evidente come un’analisi di questo genere porti necessariamente a concludere che IN ASSOLUTO – sotto l’aspetto civile, giuridico, sanitario, lavorativo, informativo ecc…- stiamo” meglio” ( forse !) oggi di quanto non staremmo se fossimo all’epoca – che so - di Tutmosi III

Non mi sembra sia questo il punto

Penso piuttosto che, in uno dei suoi vari aspetti, la discussione tenda a dimostrare come - al contrario di quello socio-tecnologico in progressiva e velocissima evoluzione - il percorso “umano interno all’individuo" stia percorrendo – in questi ultimi tempi - un cammino d segno opposto

Ne è prova l’ impoverimento della creatività, della fantasia, dell’originalità nelle arti e nei mestieri dove si riscontra l’abbandono del senso del “bello” e della spinta alla “ricerca autentica e vgorosa della comunicazione e della manifestazione di sé” oltrechè il degrado qualitativo di moltissime espressioni della vita sociale e di relazione di ciascuno scompaginate dal costante ed indefinibile turbinìo di stimoli mutevoli e contrastanti
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Ciò si traduce in un sempre più accentuato senso di frustrazione, disillusione,,sconforto, pessimismo. insicurezza determinati da una diffusa mancanza di progettualità che spingono l’individuo a raggomitolarsi nel proprio IO e a ridurre fino a soffocarla “l’ apertura” verso l’altro da sé che è portato ad identificare come “alieno” o come “nemico” o comunque “estraneo a se stesso”

Questa paura a concedere il proprio SE’ e ad accogliere quello altrui è alla base della disperante INCOMUNICABILITA’ che caratterizza la nostra attuale società ( il cui aspetto peculiare – per grottesco paradosso – è costituito dall’ iper-sviluppo planetario della COMUNICAZIONE.) dove l’esigenza imprescindibile dell’individuo ” a relazionarsi” con ciò che è al di fuori del proprio IO è ostacolata dal timore sempre più crescente del rischio di “metterLO in discussione”

Per questo la comunicazione “virtuale”riscuote un formidabile successo di “pubblico”

Prova ne SIAMO NOI con questa discussione che pur consentendo l’approccio e, a volte, il confronto utile e costruttivo, spesso ne permette – in buona o in malafede - l’equivoco, lo stravolgimento, il nonsense ad esclusiva difesa del proprio IO in difficoltà offrendogli la possibilità di imboccare in ogni momento la miracolosa via di fuga “sotto falso nome”

Il “dialogo virtuale” si risolve così in un monologo fra il proprio IO e il proprio IO

Il proprio Sé è al sicuro in ogni istante protetto dal generoso schermo di un pc che ne elimina i segnali fisici emozionali gli unici” trasmettitori” validi in grado di metterci in sintonia con “l’altro”

“Sintonia” che non significa necessariamente condivisione dell’altrui pensiero ma disposizione a “comprenderlo”, elaborarlo, condannarlo, assolverlo,difenderlo sulla base di uno scambio fondato sull’inclusione e non sull’esclusione

Per “inclusione ed “esclusione” non mi riferisco alla *quantità* di un numero fisico di soggetti con i quali manteniamo rapporti.
Mi riferisco alla *qualità* con la quale vengono intrattenuti questi rapporti

Oggi con il “cellulare” si può mandare lo stesso messaggio di auguri di buon anno “a molti” contemporaneamente : un IO, spedisce a “tanti” un suo unico Sé uguale per tutti
Pratico, veloce, semplice. ma soprattutto assai poco impegnativo per il succitato IO e il corrispettivo Se’

“Una volta” era necessario prendere carta e penna.
E, a seconda della “persona”, si sceglieva un tipo di carta, un tipo di penna, un tipo di frase
Era un’ operazione faticosa, qualche volta seccante qualche volta volte piacevole…. in ogni caso sempre impegnativa.sotto l’aspetto emozionale perchè il proprio IO era costretto a fare i conti con il proprio SE’ *e quello altrui* REALI…

La comunicazione era sì più lenta….ma anche molto più “attenta”

Con questa osservazione piuttosto terra-terra ( spero non la prendiate “alla lettera” in ogni senso perché non ho intenzione di proseguire a discutere tramite Poste Italiane) !) non intendo dire che bisogna “mettere indietro le lancette dell’orologio”

Ma soffermarsi a riflettere quand’è che abbiamo perso il contatto , dove e perché si è creato un cortocircuito che ha spento la luce…e che spinge molti che brancolano nel buio ad aggrapparsi “a quelli che gli sono più vicini” senza preoccuparsi degli “altri”, questo, forse, sarebbe bene ci impegnassimo a farlo




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