Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  NERONE il 10/9/2007 22:22:59
Leggendo i vostri interventi e la risposta del prof.Andreoli ad una studentessa ho trovato che ci sia qualche corrispondenza su ciò che si è dibattuto qui e fin qui, perciò ve la posto.

domanda della studentessa :

Tornando al tema dell’"io e gli altri" e del bisogno che l’uomo ha di riconoscersi negli altri, io ritengo che entrambi derivino da un riscontro che l’individuo ha dei propri limiti e che, quindi, il bisogno degli altri svolga l'elementare ruolo di colmare l’insicurezza restante. Il Pirandello dei Sei personaggi in cerca di autore affronta il tema fondamentale dell’inconoscibilità del proprio essere. Vorrei chiederLe: è così importante che il mio essere sia completamente riconosciuto dagli altri o è sufficiente che l’altro comprenda che, se io gli comunico dolore, è un dolore proprio della relazione che ognuno stabilisce con gli altri?

Risposta :
ANDREOLI: La cosa più importante è che uno si senta capito. E aggiungo: almeno da qualcuno. Pensando a Pirandello ho portato in studio questo "specchio". Perché lo "specchio"? Pirandello insegna che ogni individuo è centomila individui per sé stesso, e che, guardandosi allo specchio, può vedere degli "io" completamente diversi a seconda dei propri stati d’animo. Lei stesso, per quel Lei che si vede rispecchiato nello specchio, é delle cose diverse, si percepisce in maniera differente. Il sentirci non capiti non ci deve impedire di fare uno sforzo per comunicare, affinché il destinatario apprenda l’aspetto che noi intendiamo mostrargli. La cosiddetta "comprensione oggettiva" è pressoché impossibile. Le relazioni sono varie, e così gli stati d’animo, per cui ogni individuo é Uno, nessuno, centomila, proprio perché mutano i suoi stati d’animo. È importante che l’individuo sappia di avere bisogno degli altri e che gli altri hanno bisogno di lui. Le comunicazioni, i linguaggi, devono fare in modo che questo sia possibile. Questa ricerca straordinaria fa l’esistenza. L’esistenza è l’insieme di tutti i tentativi che l’individuo ha posto in essere per costruire un contatto con gli altri. L’individuo non si deve limitare a stabilire relazioni con il proprio migliore amico, o con due o tre altri, ma deve estenderle all’intera società, o a quanti più individui sia possibile. Occorre comunicare con gli altri per assumere una dimensione di individuo fino a poter dare il proprio contributo all’intera società. Anche questo contributo è comunicazione. Attesta un "io" che si pone in contatto con gli altri. Successivamente all’Io freudiano si è a lungo parlato in psicologia del "sé". E’ bene precisare, al di là delle valenze storiche, che mentre l’io ha un significato strutturale, il sé ha un contenuto relazionale. Il "sé" è l’io in una funzione comunicativa o sociale. Credo di poter concludere dicendo che non bisogna essere degli "io" chiusi, ma dei "sé" comunicanti.

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