Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 24/8/2007 19:09:56
Post con 1270 parole, 7416 caratteri e 1247 spazi. Più di così, non so come avvertirvi.

Guglielmo
Citazione:
te la regalo volentieri

Obbligato.

Citazione:
Ma ti chiederei, se possibile, di continuare a discutere utilizzando l'intera proposizione nella quale ho inserito quella frase. Altrimenti il senso che le davo viene stravolto...

Ok, ma mi ha davvero colpito: non ho potuto esimermi.
Citazione:
Tu la consideri una carenza. Ora, a me piacerebbe capire meglio in base a quali considerazioni affermi che

Prealbe
Citazione:
soprattutto, ci ruba il senso di noi stessi, perché ci sottrae i punti di riferimento necessari per misurare noi stessi. Ho difficoltà ad immaginare una situazione peggiore di un tale limbo esistenziale: come ci si può “evolvere” in un sistema non direzionato, in cui tutto e il suo contrario hanno uguale senso e valore? Su cosa si può appoggiare la selezione di una caratteristica piuttosto che un’altra? A che pro? E’ indifferente. Senza importanza. E noi, di conseguenza, lo siamo altrettanto.

Mi pare che abbiamo idee alquanto diverse su come nasce l'identità. Poco male, ma mi piacerebbe confrontarmi avendo qualche dato a disposizione, non semplicemente affermazioni.

Qualche dato di che genere?

Citazione:
Mi pare che tu assegni alla "società" o alla "comunità" un compito ed una funzione che non appartengono loro. Il senso di identità e di individualità si sviluppa nelle relazioni primarie, quelle del bambino con i suoi genitori, ed è fondamentalmente completo fin dai 6-7 anni. Quel che accade dopo sono, nella maggior parte dei casi, solo "aggiustamenti". Il "disorientamento" di cui parli (che mi pare possa essere riconducibile alle tematiche dell'alienazione) esiste negli adulti, non nei bambini.

In effetti è l’individuo adulto che sto prendendo in considerazione. In ogni caso sono però certo che non stai affermando che, visto che l’identità e l’individualità si strutturano entro i primi 7 anni di vita, quello che succede successivamente non abbia un’influenza sostanziale sull’individuo, vero?
E in questa influenza il contesto sociale extra-familiare un qualche peso non indifferente ce l’ha eccome, no?

Citazione:
Ora, il mio punto di osservazione sulla società è soprattutto quello di uno psicologo, quindi parziale. Ma quel che vedo è che la maggior parte delle persone che chiede aiuto presenta problematiche relative non all'alienazione, ma alla difficoltà di svincolo, alla dipendenza, all'autonomia. Mi pare che, se le tue conclusioni fossero corrette, i problemi dovrebbero essere molto diversi.

Guarda, non sono sicuramente competente per affrontare il lessico e le tematiche psicologici in termini rigorosamente tecnici o accademici: se parlo di “identità” o “alienazione” lo faccio secondo il significato corrente al di fuori del tuo contesto specialistico, così come immagino facciano anche gli altri interlocutori. Questo può forse spiegare qualche difficoltà nella nostra comunicazione.

Per quanto riguarda il disagio di cui parlo, ti posso dire che ciò che mi ritorna dal confronto quotidiano con le persone che mi circondano sono racconti di profondissima insoddisfazione e disorientamento esistenziale che investono tutte e tre le sfere cui facevamo riferimento. Non so se ciò riguardi in senso stretto l’identità piuttosto che l’alienazione: possiamo metterci su l’etichetta che vogliamo; in ogni caso io a questo mi riferisco.

E ritengo che contesti quali l’attuale siano in grado di fiaccare anche persone dalla solidità psicologica invidiabile, non fosse altro perché esse, “sistemi aperti”, avranno continuamente a che fare con controparti che esprimono quella “sofferenza” che tu giustamente definisci “difficile, pesante e faticosa da incontrare”.

Citazione:
In un sistema non direzionato ci si evolve benissimo. Tant'è che siamo qui, su questo pianeta. E non mi pare che i meccanismi dell'evoluzione abbiano una direzione preferenziale, né un fine cui tendere.

Premessa: non voglio aprire una discussione sull’argomento “evoluzione”, e quindi per pietà nessuno mi risponda in tal senso: con chi dissentisse da ciò che ho scritto, amici come prima. ; faccio solo una breve digressione..

[INIZIO digressione]
L’evoluzione darwiniana è un processo direzionato. Ciò che non è direzionato in esso sono le mutazioni casuali (“casuali”, appunto), ma la loro affermazione (cioè l’evoluzione) avviene in base alle “risposte” che l’ambiente da ad esse (“pressione selettiva”); a significare che solo certe strade evolutive (cioè certe “direzioni”) e non altre sono concesse. Tra l’altro è un processo che riguarda la specie piuttosto che l’individuo; quest’ultimo vive la sua intera vita, salvo eventi catastrofici piuttosto infrequenti, in una situazione ambientale che si può considerare assolutamente stabile, ricevendone sempre risposte costanti e coerenti con la sua esperienza pregressa.
[FINE digressione]

Questo ad evidenziare che se la risposta ambientale mutasse con tempi più veloci di come invece avviene, tanto da riguardare anche il ciclo vitale dell’individuo, quest’ultimo si ritroverebbe a possedere caratteristiche improvvisamente non più idonee all’ambiente in cui vive con, immagino, qualche non trascurabile problema esistenziale e il relativo stress conseguente.

Ora, se gli animali tendono ad affrontare l’esistenza ed il cambiamento ambientale senza porsene granché “il senso” (con un certo fatalismo, direi ), non mi pare che altrettanto si possa dire per l’uomo (la cui natura speculativa ritengo possiamo concordare sia un fatto assodato). L’uomo ha bisogno di spiegarsi la realtà in cui vive e su tale quadro interpretativo fa un considerevole investimento personale ed emotivo (non certamente solo intellettuale e distaccato). Già il semplice mutamento di condizioni pratiche spinge spesso l’individuo a rimettere in discussione la propria visione del mondo (1); oggi il mutamento pratico si accompagna anche alla esplicita e continua messa in discussione intellettuale di ogni e qualunque eventuale “punto fermo” culturale.

Questo intaccare frequentemente, con feedback confusi, contraddittori, perennemente mutevoli, l’interpretazione della realtà che un individuo ha conseguito é obiettivamente destabilizzante e ingenera alla lunga in lui una profonda insicurezza e una tendenza a ritrarsi in sé stesso. (2) Se invece l’individuo cresce fin dall’inizio in una situazione del genere, sarà direttamente impedito a formarsi un’interpretazione coerente e sistematica della realtà, con risultati analoghi al caso precedente (o forse peggiori).

Citazione:
Sul fatto che siamo senza importanza, che dire? Dipende dal punto di vista. Io, per me, sono abbastanza importante. Ma che vuoi che glie ne freghi di me a uno che vive a Palermo e che non mi conosce, o a un aborigeno australiano? O anche al mio vicino di casa? E che ci sarebbe di male in questo?

Beh, mi riferisco naturalmente alle controparti con cui entri in contatto; con queste l’aborigeno australiano o palermitano non hanno indiscutibilmente niente a che vedere , ma il vicino di casa certamente si; e di “male” nel menefreghismo reciproco, in assoluto, non ci sarebbe niente (è il bello dell’assoluto: al suo cospetto, ogni questione è praticamente irrilevante. )

Da un punto di vista sociale, invece, non mi sembra esattamente l’optimum. Certo, non è che non si sopravviva lo stesso, però...
se ti finisce lo zucchero...
se vai in vacanza e non vuoi far morire tutte le tue piante...
se ti prende un infarto sul pianerottolo (e forse in questo caso la sopravvivenza non è così certa)...

magari un vicino di casa non proprio menefreghista nei tuoi confronti (e viceversa, s’intende) un suo “perché” ce l’avrebbe, tutto sommato...

(attenzione: l’ho “buttata” sull’utilitaristico, ma credo che avrebbe un suo robusto “perché” anche a prescindere da questo aspetto… )

Prealbe

1 - E i comportamenti che ne conseguono; non è, ripeto, solo questione meramente intellettuale.

2 - Per fare un semplice esempio pratico: se quando si schiaccia l’interruttore della luce, anziché accendersi sempre la lampada avvenisse ogni volta una cosa diversa (non so: si aprisse il rubinetto del bagno oppure si azionasse la lavatrice oppure si accendessero i fornelli) in maniera imprevedibile, io penso che da quell’interruttore finiremmo ben presto per tenerci accuratamente alla larga (perché l’avventura e l’imprevisto sono bellissimi e vanno benissimo, ma non sempre sempre sempre. ).

Messaggio orinale: https://old.luogocomune.net/site/newbb/viewtopic.php?forum=6&topic_id=3723&post_id=98119