Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  nessuno il 23/8/2007 16:54:51
Citazione:
Guglielmo, complimenti! Avrei voluta scriverla io, questa cosa. Me la vendi?


te la regalo volentieri

Ma ti chiederei, se possibile, di continuare a discutere utilizzando l'intera proposizione nella quale ho inserito quella frase. Altrimenti il senso che le davo viene stravolto...

Tu la consideri una carenza. Ora, a me piacerebbe capire meglio in base a quali considerazioni affermi cheCitazione:
soprattutto, ci ruba il senso di noi stessi, perché ci sottrae i punti di riferimento necessari per misurare noi stessi. Ho difficoltà ad immaginare una situazione peggiore di un tale limbo esistenziale: come ci si può “evolvere” in un sistema non direzionato, in cui tutto e il suo contrario hanno uguale senso e valore? Su cosa si può appoggiare la selezione di una caratteristica piuttosto che un’altra? A che pro? E’ indifferente. Senza importanza. E noi, di conseguenza, lo siamo altrettanto.


Mi pare che abbiamo idee alquanto diverse su come nasce l'identità. Poco male, ma mi piacerebbe confrontarmi avendo qualche dato a disposizione, non semplicemente affermazioni.
Mi pare che tu assegni alla "società" o alla "comunità" un compito ed una funzione che non appartengono loro. Il senso di identità e di individualità si sviluppa nelle relazioni primarie, quelle del bambino con i suoi genitori, ed è fondamentalmente completo fin dai 6-7 anni. Quel che accade dopo sono, nella maggior parte dei casi, solo "aggiustamenti". Il "disorientamento" di cui parli (che mi pare possa essere riconducibile alle tematiche dell'alienazione) esiste negli adulti, non nei bambini.
Ora, il mio punto di osservazione sulla società è soprattutto quello di uno psicologo, quindi parziale. Ma quel che vedo è che la maggior parte delle persone che chiede aiuto presenta problematiche relative non all'alienazione, ma alla difficoltà di svincolo, alla dipendenza, all'autonomia. Mi pare che, se le tue conclusioni fossero corrette, i problemi dovrebbero essere molto diversi.

In un sistema non direzionato ci si evolve benissimo. Tant'è che siamo qui, su questo pianeta. E non mi pare che i meccanismi dell'evoluzione abbiano una direzione preferenziale, né un fine cui tendere.

Sul fatto che siamo senza importanza, che dire? Dipende dal punto di vista. Io, per me, sono abbastanza importante. Ma che vuoi che glie ne freghi di me a uno che vive a Palermo e che non mi conosce, o a un aborigeno australiano? O anche al mio vicino di casa? E che ci sarebbe di male in questo?

Buona vita

Guglielmo

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