Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  prealbe il 17/12/2007 22:30:11
A volte capita di trovare espressi da qualcun altro precisamente (o quasi) i pensieri che in quel momento ci frullavano per la testa. Direi che, in casi di particolare indolenza fisico-mentale, nell’attesa di un word processor telepatico il recupero di tali brani è decisamente un’ottima soluzione (le cui caratteristiche di razionale ottimizzazione del rapporto costi/benefici dovrebbero risultare particolarmente apprezzabili anche agli aficionados del modello liberal-capitalistico…).


Prealbe


Citazione:
È un fatto che ogni ideologia, prima d’addentrarsi in prescrizioni d’ordine economico, sociale, culturale e politico, si fonda su un’antropologia, ovvero postula un preciso ‘discorso’ sull’uomo: “l’uomo è per sua natura buono”, “l’uomo è fondamentalmente egoista”, “l’uomo è così e cosà” e via astraendo… In tutti i casi, si tratta di un discorso invariabilmente fallace perché riduttivo, soprattutto poiché tende a forzare, illusoriamente, l’uomo in una pretesa ‘realtà’. Così, la realtà, che per quanto attiene l’ambito delle relazioni interumane si risolve in un continuo divenire, deve purtroppo adattarsi sempre all’ideologia e ai capricci di coloro che se ne fanno portatori, ma se l’esperienza ci pone di fronte al palese scacco delle premesse ideologiche (e quindi antropologiche) in voga, tanto peggio per la realtà!

Ora, il liberalismo, che in tutte le sue varianti di destra, di centro e di sinistra è l’ideologia dominante del momento (sebbene sia piuttosto abile a camuffarsi come a-ideologico), non fa certo eccezione a questa ferrea e perversa regola. Il liberalismo, com’è noto, postula un’antropologia di tipo utilitaristico: l’uomo persegue sempre il maggior vantaggio per sé, e la somma di tale tensione individuale al massimo benessere dovrebbe, come per incantesimo, produrre un risultato positivo per gli altri, quindi per l’intera collettività. A temperare le eventuali disfunzioni del «sistema» (forse qualche dubbio anche i liberali devono averlo…) basterebbe la raccomandazione per cui “la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri”.

L’immagine che per tal via i liberali intendono evocare è quella di una società di persone rispettose l’una dell’altra, di cittadini dall’elevato senso civico. Eppure, ad una neanche troppo approfondita osservazione del quotidiano tutto ciò si rivela per quel che è: una favola.

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Ma ancora non si è andati al fondo del problema. Accade difatti che anche un’antropologia fasulla alla lunga impone un tipo umano. Come quel tale del proverbio, che a forza di frequentare lo zoppo impara a zoppicare. L’uomo informato dal paradigma liberale è in pratica il trionfo delle premesse a-sociali del liberalismo, l’apoteosi dell’individualismo, degenerazione di una naturale tendenza a curare anche il proprio tornaconto. Con buona pace dell’antica e sana idea di societas, organizzata in base ad una «morale societaria» nella quale sono contemplate e contemperate le idee (e quindi gli apporti) di tutti i cittadini che, naturalmente, vogliono «vivere insieme». L’esatto contrario è quel che avviene oggi, dove l’unico punto di vista ammesso è quello di coloro che abbracciano il paradigma dell’ideologia liberale… col risultato che “la mia libertà” non “finisce” più.

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