Re: Il rifiuto della comunità.

Inviato da  nessuno il 29/8/2007 9:50:08
Aggiunta dell'ultimo minuto...

Citazione:
E anche che il proprio corpo non richiede esperienza?


Mi pare che utilizziamo lo stesso termine assegnandogli significati diversi.
Dato che mi sembri più ferrato di me nell'uso delle parole, metafore, luoghi, ecc., consentimi di ricorrere alla rete per precisare il modo in cui utilizzo i termini.

Si dice "fare un'esperienza" quando l'esistenza è percorsa da un fremito particolare che la sottrae al ritmo delle ripetizioni quotidiane. Una vita priva di esperienze è impossibile: sarebbe vuota, priva di significato, povera e uniforme, sempre uguale a se stessa dall'inizio alla fine. Sarebbe anche senza tempo, perché l'esperienza implica una determinazione temporale, una variazione, un attraversamento.
L'esperienza è un passaggio. L'etimologia ce lo dice nella storia cifrata della parola, ma ce lo rivela anche la cosa che è: un'esperienza è sempre un evento; non un evento qualunque, bensì quell'evento per il quale avviene un passaggio. È una porta.
Esperienza viene da due verbi greci: "peiro", che vuol dire attraversare, passare attraverso; "peirào", che vuol dire tentare, provare, fare esperienza, nonché dal termine "peira", che significa tentativo, esperimento, esperienza (per cui "empeiria" significa esperienza o conoscenza, o anche semplicemente abilità). In italiano ne è rimasta traccia nella preposizione "per" usata in senso locativo. Il latino l'ha arricchito, in un certo senso, perché nel suo ex-perior il termine "-perior" implica la nozione di pericolo, prova, qualcosa con cui ci si misura, una prova attraverso cui passare. Quindi nell'esperienza c'è il passaggio e la prova, il pericolo e la misura: fare un'esperienza vuol dire passare là dove non si era mai passati,


Buona vita

Guglielmo

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