Re: L' angolo delle cose che non si sa se ridere o piangere

Inviato da  ivan il 23/9/2012 22:40:41
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Citazioni:

Si fa fatica ad arrivare in fondo agli articoli di cronaca che raccontano lo sperpero di soldi pubblici, che insistono sulla volgarità dei comportamenti dei consiglieri governati dalla presidente del Lazio, Renata Polverini. A leggere i particolari della corruzione, le richieste assillanti di denaro, il sistema delle fatture false, il dettaglio dei diecimila euro per i tre giorni in albergo del capogruppo del Pdl si resta tramortiti, soprattutto se si hanno davanti agli occhi gli operai dell'Alcoa aggrappati alla torre.
Fanno ancora più impressione quei trentamila euro netti di stipendio mensile del consigliere Fiorito, l'ufficiale pagatore della famelica famiglia berlusconiana della Pisana. Trentamila più i centomila l'anno per la cosiddetta "attività politica" sua e di ogni singolo consigliere regionale, di maggioranza o di opposizione. Un fiume di denaro autorizzato, legale, di fronte al quale la malversazione è quasi una conseguenza scontata. E del resto sono soldi necessari per ripagare in qualche modo i costi di un'elezione allo scranno consigliare. Soldi, tanti, per farsi eleggere, soldi per mantenere il posto. Come la cosa più naturale del mondo.
L'altra sera negli studi di Piazza Pulita (La7) è stata proprio Renata Polverini a dichiarare, senza vergogna, senza ritegno, senza rispetto anche nei confronti dei suoi elettori, di aver speso dai sei agli otto milioni di euro per diventare presidente della regione, tanto è costata la sua campagna elettorale (un milione quella di Emma Bonino). Anzi era seduta davanti alle telecamere (prossimamente l'aspettiamo per la gran festa a Ballarò, il suo trampolino di lancio) come una Giovanna d'Arco pronta a infilzare il drago del malaffare. Che non si sarebbe dimessa era evidente, come il fatto che per non affondare sarebbe rimasta a galla dando in pasto al popolo una manciata di briciole (abolizione di qualche commissione).
Di fronte allo spettacolo da basso impero è miracoloso che non esploda una protesta NORMA RANGERI
22.09.2012
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Si fa fatica ad arrivare in fondo agli articoli di cronaca che raccontano lo sperpero di soldi pubblici, che insistono sulla volgarità dei comportamenti dei consiglieri governati dalla presidente del Lazio, Renata Polverini. A leggere i particolari della corruzione, le richieste assillanti di denaro, il sistema delle fatture false, il dettaglio dei diecimila euro per i tre giorni in albergo del capogruppo del Pdl si resta tramortiti, soprattutto se si hanno davanti agli occhi gli operai dell'Alcoa aggrappati alla torre.
Fanno ancora più impressione quei trentamila euro netti di stipendio mensile del consigliere Fiorito, l'ufficiale pagatore della famelica famiglia berlusconiana della Pisana. Trentamila più i centomila l'anno per la cosiddetta "attività politica" sua e di ogni singolo consigliere regionale, di maggioranza o di opposizione. Un fiume di denaro autorizzato, legale, di fronte al quale la malversazione è quasi una conseguenza scontata. E del resto sono soldi necessari per ripagare in qualche modo i costi di un'elezione allo scranno consigliare. Soldi, tanti, per farsi eleggere, soldi per mantenere il posto. Come la cosa più naturale del mondo.
L'altra sera negli studi di Piazza Pulita (La7) è stata proprio Renata Polverini a dichiarare, senza vergogna, senza ritegno, senza rispetto anche nei confronti dei suoi elettori, di aver speso dai sei agli otto milioni di euro per diventare presidente della regione, tanto è costata la sua campagna elettorale (un milione quella di Emma Bonino). Anzi era seduta davanti alle telecamere (prossimamente l'aspettiamo per la gran festa a Ballarò, il suo trampolino di lancio) come una Giovanna d'Arco pronta a infilzare il drago del malaffare. Che non si sarebbe dimessa era evidente, come il fatto che per non affondare sarebbe rimasta a galla dando in pasto al popolo una manciata di briciole (abolizione di qualche commissione).
Di fronte allo spettacolo da basso impero è miracoloso che non esploda una protesta popolare (populista?). Anche se quando parli con il barista le parole non sono lievi («bisognerebbe andarli a prendere sotto casa con i forconi, tutti nessuno escluso»). Quei forconi si materializzeranno se non nelle piazze (e non è detto: la crisi sta peggiorando), certamente nelle urne. Gli effetti elettorali della corruzione saranno dirompenti. Predicare contro il populismo, chiedere il rispetto delle istituzioni, esortare a distinguere tra chi è al governo e chi ne è fuori, è come cercare di svuotare il mare con il secchiello. Perché se è vero che dal sistema Formigoni al sistema Polverini, è della catastrofe berlusconiana che stiamo parlando, è altrettanto provato che a sollevare il velo del malcostume politico non è stato il principale partito di opposizione (vogliamo dimenticare il caso Penati?), ma, in Lombardia come nel Lazio, il piccolo drappello dei radicali con la loro inesausta battaglia sulla trasparenza (la chiamano anagrafe) degli eletti.
Nulla in questi mesi di governo tecnico è stato fatto dai partiti sui costi della politica. Nessuna riforma del finanziamento pubblico, nessuna riforma della legge elettorale (e quella che si intravede potrebbe essere addirittura peggiore dell'attuale), neppure un'assunzione di responsabilità per il pauroso arretramento della morale pubblica. Credono o sperano di usare la prossima campagna elettorale come un lavacro propagandistico di tutti i peccati. Non vedono che, per la profondità della crisi, andremo alle urne nelle condizioni peggiori di sempre, senza il pane e tantomeno le rose.



Forconi ? Ma quali forconi .. luci della ribalta invece sorgono spontanee.

In pratica costoro sono ospiti dei salotti buoni televisivi, non c'è sera che non appaia uno di costoro.

E mentre questi se la spassano presentandosi come star sui media, agll'altra metà del cielo gli accorcia la vita:

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Citazione:


Per i bianchi poveri si torna alla media degli anni '50 Pesa il minor ricorso a cure mediche. Gli americani hanno perso in 48 mesi il 10% di reddito. Per le donne senza diploma l'aspettativa di vita è diminuita di 5 anni

Negli Stati uniti i bianchi poveri li chiamano con un nome niente affatto carino: white trash. Ma negli ultimi anni l'espressione sta assumendo un significato meno metaforico: nel senso che la società sta buttando costoro nella pattumiera della storia. Uno studio pubblicato il mese scorso da Health Affairs e ripreso ieri dal New York Times rivela infatti che per le donne bianche senza diploma superiore la speranza di vita è diminuita di ben 5 anni tra il 1990 e il 2008: da 78,5 a 73,5 anni; mentre i maschi bianchi senza diploma devono aspettarsi di vivere 67,5 anni, tre di meno che nel 1990. Sono numeri schiaccianti: secondo un esperto «il calo di cinque anni nelle donne bianche Usa fa il paio con il catastrofico crollo di sette anni nella speranza di vita degli uomini russi subito dopo il collasso dell'Unione sovietica».
Siamo davvero al "postmoderno" e alla fine del "progresso", non solo della sua ideologia. Eravamo soliti considerare ineluttabile l'allungarsi della vita media, e invece no. La gigantesca redistribuzione del reddito a favore dei ricchissimi si è mangiata i progressi degli ultimi 60 anni in termini non solo di denaro, ma di vita nuda e cruda: le/i bianche/i poveri di oggi sono tornati a quel che negli Usa era la vita media degli anni '50.
Certo, i dati vanno presi con le molle, perché nel 1990 senza diploma era il 22% dei bianchi, mentre ora sono la metà (il 12%): cioè, oggi senza diploma restano solo i disperati. E però. La speranza di vita dei bianchi (uomini e donne) senza diploma si avvicina ormai a quella dei neri senza diploma, mentre si allontana sempre di più da quella dei bianchi con almeno una laurea breve: le bianche con diploma vivono 10,4 anni di più (83,9 anni) delle bianche senza, e il gap cresce tra i bianchi laureati che vivono 12,9 anni di più (80,4) dei bianchi senza diploma. Peggio di questi ultimi stanno solo i neri senza diploma che possono sperare di vivere solo 66,2 anni, 14,2 in meno dei bianchi laureati. Certo, è terribile pensare che il divario di reddito, di classe e di razza ti porta via più di 14 anni di vita nel paese più potente e più ricco del mondo.
E nel corso degli anni questi distacchi sono cresciuti. L'altra America di cui parlava Michael Harrington nel 1962 è sempre più altra. Con alcune novità: tra i gruppi etnici, gli ispanici si rivelano i più longevi, sia donne che uomini, sia nella popolazione generale che tra i senza diploma: anzi latine/i senza diploma vivono sempre più a lungo, mentre bianche/i muoiono sempre prima.
Tra le cause di questo crollo, c'è in primo luogo il minor ricorso a cure mediche: tra gli adulti in età lavorativa senza un diploma di scuola superiore, nel 1993 non era coperto da un'assicurazione sanitaria il 35%, mentre 13 anni dopo la percentuale era salita al 43. Su questi dati la riforma di Obama sembra non avere ancora inciso: dal 2008 al 2011 nel gruppo tra i 19-25 anni la copertura assicurativa è salita al 71,8% (+ 2,3) perché una parte ha potuto essere coperta sull'assicurazione dei genitori, ma tra i 26-29 è scesa dal 72,3 al 70,3%.
Nel frattempo sono peggiorati tutti gli altri indici: il reddito mediano (è mediano il reddito per cui la metà delle famiglie guadagna di più di esso e l'altra metà guadagna meno di esso) è passato da 53.759 dollari (in dollari costanti del 2011) a 55.039 nel 2007 a 50.502 nel 2011. In 4 anni gli americani hanno perso il 10% di reddito e sono più poveri anche rispetto a 10 anni prima: sono tornati agli anni '90. Gli statunitensi che vivono sotto la soglia di povertà sono ormai 48,5 milioni su una popolazione di 303,8 milioni, cioè il 15,9%: nel 2007 il 13,0% e nel 2001 erano il 12,1 %. Per i minori sotto i 18 anni i dati sono ancora più pesanti: oggi il 22,2% (cioè 16 milioni di minori) vive sotto la soglia di povertà, contro il 17,6 nel 2007 e il 16,4 nel 2001.
Tutto ciò ci dice due cose. La prima è che la crisi sta scavando un solco sempre più profondo tra le due Americhe e che le "soluzioni" adottate sono sempre più punitive per gli strati più disagiati. La seconda è che la presidenza Obama ha fatto molto poco per contrastare questo trend.



In sintesi siamo in periodo di decadenza , gli indicatori ci sono tutti .

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