Re: i vicini di casa

Inviato da  Pispax il 2/5/2010 5:14:12
shm

Ok, è l'ora di finiamola.

Ho ricominciato a leggere il tuo intervento sulla parte costituzionale, e con questo ricomincio a rispondere.
(Minchia che sfiga che hai..)


Non mi fa voglia di fare polemiche: mi limito a considerazioni il più possibile obiettive.




Citazione:
Contro la discriminazione degli arabi israeliani, la battaglia di Sawt el-Amel

“In Israele un cittadino su cinque è un arabo palestinese, tra questi sono quasi 1,4 milioni i cittadini esclusi dai benefici della cittadinanza e dell'economia nazionale”.
Wehbi Badarni, è il leader di Sawt el-Amel (“La voce dei lavoratori”), un giovane sindacato che opera all’interno dei territori occupati dallo stato di Israele, fondato nel 2000 dai lavoratori arabi di Nazareth per difendere e promuovere il diritto al lavoro e alla sicurezza sociale.
E il lavoro non manca, vista “l’estrema povertà e le innumerevoli difficoltà che incontriamo a causa della forte discriminazione operata dallo Stato d’Israele”, afferma Badarni.
“Tra i lavoratori palestinesi il tasso di disoccupazione è elevatissimo, senza contare che i cittadini arabi vanno incontro a enormi difficoltà e restrizioni per accedere agli aiuti previdenziali pubblici”.
Per esempio “nell’eventualità in cui un disoccupato venga sorpreso a guidare un’automobile, i sussidi vengono immediatamente annullati e c’è l’obbligo di restituire per intero tutte le somme già ricevute, oltre al pagamento di una multa”.
Il governo ha istituito perfino un’unità di polizia con l’obiettivo dichiarato di controllare i disoccupati e le loro infrazioni.
Secondo Badarni il movimento sindacale ha bisogno di un maggior sostegno e solidarietà perché “c’è troppa poca attenzione rispetto alle condizioni dei lavoratori palestinesi in Israele”, ma la questione tuttavia non è legata solo ed esclusivamente al movimento sindacale. “Abbiamo bisogno di una nuova leadership che si faccia carico delle speranze e del futuro del Paese e solo la classe media può farlo”.
Nel frattempo le voci di una terza intifada si rincorrono nei media internazionali, ma - secondo il sindacalista palestinese - “non c’è ancora unità d’intenti tra sindacati e partiti palestinesi sugli obiettivi e le forme di protesta da mettere in campo”.



Questo articolo, ahimè, non dimostra nessun tipo di discriminazione razziale.
(Fermo restando che fra "discriminazione razziale" e "razzismo nazista" la differenza è enorme. Dopo porto un esempio)

Tanto per capirsi, se Sawt el-Amel avesse detto che i controlli sui disoccupati che guidano le auto valgono solo per gli arabi e non valgono per i disoccupati ebrei, allora sarebbe stato un fantastico (o orribile) punto di partenza per un approfondimento sulle discriminazioni razziali.
E' solo un'impressione, sia chiaro, ma se così fosse credo che Sawt el-Amel non avrebbe mancato di sottolinearlo.
Così com'è messo invece parla solo di un regime di welfare applicato con estremo rigore.




N.B. Sia anche chiaro che io credo che in Israele le discriminazioni esistono, che sono generalizzate e trasversali, che sono reciproche e che non riguardano solo arabi e ebrei.

Fra le tante farneticazioni che ho letto in giro per esempio mi ha molto colpito quella che riguarda il possesso delle terre.
C'è una stupida posizione antiebrea che dice che gli arabi sono discriminati perché possiedono solo il 3% delle terre.
Scatta in risposta la stupida posizione filoebrea che dice che siccome quasi il 94% delle terre è di proprietà dello stato, gli ebrei posseggono solo il 3.5% delle terre; e siccome in Israele gli ebrei sono il quadruplo degli arabi questo in realtà significa che gli arabi sono privilegiati.
Gli uni e gli altri sono talmente tanto affezionati alla loro stupidità da dimenticare che al giorno d'oggi la ricchezza VERA non si misura sul possesso delle terre, men che meno su quote di possesso così marginali, ma semmai sull'industria e sui servizi professionali e finanziari.
Probabilmente i tre maggiori notai israeliani guadagnano da soli più di quanto guadagnino complessivamente tutti quei possessori del 6.5% di terre, arabi o ebrei che siano.

Per inciso credo anche che le discriminazioni "razziali" siano il problema minore.
Non riesco a percepire nessun segnale che mi parli di un KKK sionista, mentre al contrario esistono espliciti segnali di antisemitismo (NON antisionismo) nei paesi arabi circostanti e non.

Personalmente penso che in Israele il pasticcio più grosso sia quello generato dalle discriminazioni religiose.
Le discriminazioni etniche mi sembrano più la ciliegina sulla torta.


Un interessante link (in inglese) del Dipartimento di Stato USA su questo argomento.
E' abbastanza scabroso.

http://www.state.gov/g/drl/rls/irf/2007/90212.htm







Citazione:
EDIT

ma anche:

Arabi israeliani tra lealtà e identità


Ecco, QUESTO articolo invece mi ha fatto incazzare parecchio.
Finge di portare avanti un discorso di ragionevolezza, lo fa in modo assolutamente contraddittorio e in realtà difende in modo neppure troppo velato le posizioni della destra estremista israeliana, ovvero quella che ha fatto maggiori danni nell'affrontare il problema palestinese.
E poi da ultimo propone una soluzione particolarmente imbecille.

Non so se te ne eri accorto.







Citazione:
Vi è qualcosa di non detto, in tutta la discussione in corso in Israele sul problema degli arabi israeliani. Lieberman, il leader di Yisrael Beiteinu che ha ottenuto il più forte successo alle ultime elezioni arrivando ad essere il terzo partito del paese con 15 seggi, ne ha fatto uno dei temi centrali della sua campagna elettorale, con lo slogan ”No citizenship without loyalty”, niente cittadinanza senza lealtà. Egli reclama una sorta di giuramento di fedeltà allo Stato ebraico da parte di questi cittadini che ebrei non sono; sostiene che tutti debbano fare il servizio militare, arabi e religiosi ortodossi compresi, che oggi ne sono esentati;


Difficile trovare elementi di razzismo in qualcosa che accomuna arabi e ortodossi ebrei.
No?






Citazione:
propone lo scambio tra i territori israeliani più densamente popolati dagli arabi, come la Galilea e il cosiddetto Triangolo, con le aree della Cisgiordania ove sono stati costruiti i maggiori insediamenti ebraici. Questo anche per garantire il carattere ebraico di Israele, risolvendo così la sfida demografica che il più alto tasso di natalità della popolazione araba pone.


Questa roba ricalca quasi appieno quelle posizioni di destra estrema che dicono che si, cazzo, bisogna fare in fretta a costituire uno stato palesinese e poi espellere subito dopo tutti gli arabi israeliani ficcandoli là dentro, che così al primo attentato mica c'è da andare troppo per il sottile.







Citazione:
Ma le risposte finora date al leader della destra laica si sono rivelate insufficienti. Ci si limita ad affermare la necessità di assicurare pari diritti a tutti i cittadini, in nome della democrazia, superando le discriminazioni e le disuguaglianze di cui soffrono gli arabi, come unica strada possibile per assicurarne la lealtà allo stato. Ma come si può chiedere agli arabi israeliani di essere leali ad uno Stato ebraico che sostanzialmente misconosce la loro esistenza come minoranza?


Giusto.
Cacciamoli.







Citazione:
La cosa più contraddittoria è che molti esponenti arabo-israeliani esitano a chiedere questo riconoscimento, perché temono così di aumentare la diffidenza della maggioranza ebraica e di danneggiare quindi la lotta per l’uguaglianza. Certo, la questione esiste. I comuni arabi hanno meno finanziamenti di quelli ebraici a parità di popolazione, e il mancato assolvimento del servizio militare crea una serie di svantaggi, nell’accesso ad esempio all’edilizia popolare, all’università, al pubblico impiego...


La cosa più contraddittoria è prima di sostenere che "non si può chiedere" agli arabi israeliani di prestare servizio militare, e poi lamentarsi che questo fatto crei svantaggi.

In realtà comunque il problema non è "chiedere agli arabi israeliani di essere leali ad uno Stato ebraico che sostanzialmente misconosce la loro esistenza come minoranza".
Questo dà una visione distorta della questione, come se un riconoscimento ufficiale come "minoranza" garantisse poi una lealtà indiscutibile.
E che succede quando i soldati arabo-israeliani si troveranno a combattere contro i soldati arabo-arabi, come è previsto che succeda nel 100% degli scenari di guerra di quell'area?







Citazione:
Il problema si è andato acuendo negli ultimi anni: il punto di crisi può essere individuato nella cruenta repressione delle manifestazioni dell’ottobre 2000, con l’esplodere della seconda intifada, quando 13 arabi israeliani vennero uccisi dal fuoco della polizia, facendo esplodere il crescente sentimento di angoscia, frustrazione e collettiva alienazione di quei cittadini rispetto allo Stato e alla maggioranza ebraica. Ma ancora in tempi recenti si sono verificati gravi incidenti, come i gravi scontri tra arabi e ebrei, verificatisi ad Acco durante la festa del Kippur dell’anno passato, o anche le tensioni registratesi in occasione delle ultime elezioni.

Come conseguenza, le posizioni delle organizzazioni più rappresentative di questa minoranza hanno avuto una forte radicalizzazione, arrivando a chiedere il superamento della stessa concezione fondativa di Israele in quanto Stato ebraico ed auspicando la creazione di uno Stato di tutti i cittadini, su basi di piena uguaglianza, senza distinzioni religiose o etniche. Ma ciò porterebbe alla fine dell’unico Stato ebraico esistente, e questo può essere difficilmente accettato dalla maggioranza ebraica del paese. Parallelamente, quegli avvenimenti hanno provocato una crescente sfiducia e diffidenza da parte di quella maggioranza, dando forza alle proposte e ai pronunciamenti antiarabi di Lieberman.


Tutto vero.

E mi dicono che Lieberman non è nemmeno dei peggiori.








Citazione:
Il forte scontento dei palestinesi israeliani deriva in realtà da un coacervo di fattori: essi rappresentano il 20% della popolazione israeliana, e sono a tutti gli effetti una minoranza etnica, parte di una popolazione originaria preesistente alla stessa nascita dello Stato. Ad essi, in quanto individui, è riconosciuta una uguaglianza teorica, lungi peraltro dall’essere assicurata. Ma non è riconosciuta una identità complessiva. Ciò è sicuramente una causa non secondaria nel rafforzamento, al loro interno, delle componenti più dure. La situazione ricorda, paradossalmente, quella degli ebrei all’epoca della Rivoluzione Francese: “tutti i diritti agli ebrei in quanto individui, nulla in quanto popolo”. Gli arabi israeliani - o per meglio dire i palestinesi israeliani come oramai scelgono di chiamarsi - sono, e si sentono, parte del popolo palestinese, e della sua storia tormentata.


Dopo nemmeno 30 righe abbiamo già una risposta al quesito su cosa succederebbe se e quando gli arabi-israeliani si trovassero a combattere contro gli arabo-arabi.
Se "sono e si sentono parte del popolo palestinese e della sua storia tormentata" non capisco come si possa pensare di guadagnarsene la lealtà MILITARE riconoscendone il carattere collettivo di minoranza.
Ma l'autore ci sorprenderà in seguito con una soluzione geniale.


Comunque, casomai non si fosse capito e ghigliottine e terrore a parte, io sono per la soluzione della rivoluzione francese: tutti i diritti agli arabi in quanto individui, nulla in quanto popolo.
Soprattutto nel contesto di questa discussione.
Visto che si stanno denunciando le discriminazioni, trovo stupido avanzare soluzioni che ne introducano di ulteriori.

Questa convinzione la pratico anche sulla mia pelle. Mi bastano alcuni diritti individuali, quali per esempio la libertà di culto, la libertà di parola, la libertà di associazione. Non ho il minimo interesse a essere tutelato collettivamente come appartenente al grande e illuminato popolo del Granducato di Toscana, che pure è stato il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte.








Citazione:
Se il problema della loro esistenza, in uno Stato che si definisce ebraico, passa per il loro riconoscimento come minoranza etnica, tutelata da diritti collettivi, la loro aspirazione nazionale in quanto popolo può essere soddisfatta attraverso la creazione di uno Stato palestinese, fuori di Israele, a cui tuttavia essi possano guardare: così come gli ebrei della diaspora possono essere cittadini leali dei loro Paesi, e guardare a Israele come riferimento per le loro aspirazioni nazionali in quanto popolo.


Non credo che vi sia sfuggito, ma comunque lo sottolineo.

Chiunque fra i lettori riconosca la legittimità di queste righe per quanto riguarda l'aspirazione nazionale dei palestinesi in quanto popolo, sappia che sta ESPRESSAMENTE riconoscendo la piena legittimità dello stato d'Israele.
Non solo: appoggiando la creazione di uno stato esclusivamente e completamente arabo, riconosce di fatto anche ad Israele il diritto a tutelare la propria natura di stato completamente ed esclusivamente ebraico.

Mentre a me la prima cosa sta anche bene (Israele come stato non mi dà il minimo fastidio, se non nei suoi rapporti con i palestinesi) la seconda cosa per esempio mi lascia PARECCHIO perplesso.
Comunque non perderò il sonno per questo: non è casa mia, e al mondo c'è di peggio.
Se proprio qualcuno vuol farsi venire degli incubi costituzionali basta che pensi agli Emirati Arabi Uniti, che sono una monarchia assoluta elettiva a capo di una federazione di monarchie assolute.








Citazione:
E’ questa l’unica soluzione intermedia percorribile, se si vogliono evitare improbabili tentativi di assimilazione forzosa, ancor più pericolose derive fondamentalistiche o l’affermarsi della proposta di uno Stato israeliano di tutti i cittadini, privo di caratteristiche ebraiche, se non di uno Stato unico binazionale su tutta la Palestina storica. La maggioranza ebraica e la sua leadership, tuttavia, sono ancora ostili a tale riconoscimento, perché temono che ciò possa costituire un indebolimento dello Stato e della sua unità.


Questa è l'"unica soluzione percorribile" per LUI.
Il dibattito fra lo stato unico binazionale, lo stato unico mononazionale e la proposta "due terre, due stati" è ancora parecchio infuocato, con molte ragioni a favore e contro ciascuna delle soluzioni.
Ok, l'autore dell'articolo ha voluto rendere note le sue personalissime e sagacissime opinioni, e il suo stupore per il fatto che nessuno le segua.








Citazione:
Vi sono tuttavia esperienze nel mondo che dimostrano che questa è una via percorribile e funzionale. Mi riferisco al caso della minoranza tedesca in Alto Adige, che è riconosciuta collettivamente dallo Stato italiano come minoranza linguistica, non solo con uguali diritti rispetto agli altri italiani, ma con specifici diritti a loro tutela in quanto minoranza: un’ampia autonomia finanziaria, la proporzione nel pubblico impiego, l’uso della lingua, la gestione delle scuole. Un riconoscimento concordato con l’Austria, che di quella minoranza costituisce storicamente nazione di riferimento. Negli anni ’60 in Sud Tirolo ci furono bombe e attentati per chiedere la secessione, mentre oggi la situazione è calma. Italiani e tedeschi non si amano, ma convivono in pace. Nel maggio scorso una qualificata delegazione di esperti israeliani, arabi e ebrei, è venuta in Alto Adige, su iniziativa del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente (CIPMO) e su invito della Provincia di Bolzano, e ha concluso che lo studio di tale esperienza può essere di grande utilità anche per Israele.

Concludendo, se la maggioranza di quel paese vuole conservare il carattere di Stato ebraico dello Stato, l’unica via realistica pare quella di riconoscere e tutelare la sua minoranza araba in quanto tale e, insieme, di procedere speditamente sulla via della pace, accettando la creazione di uno Stato palestinese al suo fianco.


Finalmente la ricetta finale scacciacrisi.

L'autore si "scorda" di dire (è terribile quanto l'affrontare l'argomento Palestina induca diffusamente improvvise e fulminanti amnesie) che le spinte secessioniste e le bombe non sono finite per "la proporzione nel pubblico impiego, l’uso della lingua, la gestione delle scuole."
Tutto questo ha avuto termine quando è stata accordata l'"ampia autonomia finanziaria". Ogni cittadino dell'Alto Adige riceve tramite le istituzioni fondi pubblici per un ammontare CINQUE VOLTE SUPERIORE a quello che ricevono i restanti cittadini italiani.

Ecco la soluzione: riconosciamoli come minoranza e COMPRIAMOCELI.
E facciamoli pure guardare al loro "paese di riferimento". Che so, magari alla Siria, che ancora oggi non riconosce Israele come stato.

Almeno dopo potremo avere una situazione simile a quella dell'Alto Adige: comunque arabi israeliani e ebrei israeliani non si ameranno (più o meno come adesso) ma almeno gli arabi israeliani la smetteranno di mettere le bombe (che in ogni caso non mettono neppure adesso).

Un genio.









L'ultimo articolo è raccapricciante.

Soprattutto per questa roba:

Citazione:
Il fatto che il Cancelliere desideri ostacolare o addirittura fermare completamente l’attività di Wac non è un caso eccezionale nei rapporti governativi con la minoranza araba e le organizzazioni che la rappresentano. Wac è minacciato di chiusura non perché abbia infranto una qualunque legge e non perché non stia riuscendo a raggiungere gli obiettivi per cui è stato creato, piuttosto è vero il contrario: funziona sistematicamente contro la discriminazione dei lavoratori arabi ed è riuscito a mettere la questione dei lavoratori arabi in Israele all'ordine del giorno.


Ora è tardi, ma su questa roba del WAC (su cui vorrei saperne di più di quanto riportato da questa semplice agiografia) e soprattutto su quanto possano essere realistiche quelle "minaccie di chiusura" credo siano necessari maggiori approfondimenti, imparziali per quanto possibile.

Fra domani e lunedi mi metto a cercare anch'io.

Per il momento assumo queste affermazioni come vere, e trovo preoccupante quando un'organizzazione sindacale viene minacciata così pesantemente.

Il fatto che il WAC includa sia arabi che ebrei comunque per adesso non parla di una pressione fatta su basi etniche, ma su basi economiche e politiche.
Però su questo l'articolo è discordante: prima lascia intendere che è una forza esclusivamente rappresentativa del mondo arabo, poi che è una forza a composizione mista arabo-ebrea a matrice socialista. Quindi mi riservo un'opinione più precisa quando avrò dati maggiori.

Mi piacerebbe anche sapere chi cazzo fosse quel Cancelliere (e anche che cosa SIA un "cancelliere delle associazioni senza scopo di lucro", per esempio, e quali siano i suoi reali poteri) e se dopo 10 anni è sempre in carica lui, se è stato sostituito da uno dei suoi o se è stato sostituito da uno con un indirizzo politico diverso.

Quante simpatiche domande.
Piano piano lo scoprirò.






Putroppo il resto non descrive una peculiarità solo israeliana.
Mentre lo leggevo ho avuto un bruttissimo dejà-vu.

Ve lo ripropongo nei suoi passi salienti.
Le cose brutte vanno condivise.




Lavoratori meridionali in Italia – Discriminazione istituzionale

L'Italia non dà ai suoi cittadini meridionali uguali diritti e anche se - per la legge - ogni cittadino italiano ha diritto allo stesso budget per sviluppo, occupazione e formazione, i meridionali in Italia soffrono di una discriminazione per motivi etnici.

L'economia italiana è quindi sviluppata in modo tale da escludere i meridionali dai settori centrali nell'economia: nel suo saggio sull'economia meridionale in Italia, il dottor Aziz Haidar ha concluso che – dalla costituzione dello Stato italiano nel 1861 – la comunità meridionale ha perso la maggior parte delle sue risorse territoriali a causa di una sistematica espropriazione, mentre non può ottenere i permessi [e le infrastrutture] per lo sviluppo industriale. In tre decenni, questi due fattori hanno trasformato una società agricola in una di lavoratori nelle zone industriali del Nord. Secondo la legge italiana per le pari opportunità, i cittadini meridionali dovrebbero avere un trattamento di parità nel mercato del lavoro, ma in realtà ... occupano le posizioni più basse in tutti i settori del mercato del lavoro, le loro condizioni di lavoro sono peggiori di quelle dei lavoratori del Nord e sono molto più vulnerabili alle fluttuazioni economiche.

Il risultato di tutto questo è una bassa percentuale di partecipazione al mercato di lavoro e alti livelli di povertà. Fra i meridionali in età di lavoro, soltanto il 39% ha un’occupazione (Statistiche anno 2003), rispetto al 57% di tutto lo stato. Per quanto riguarda le donne, lavora soltanto il 17,1% delle meridionali, contro il 53,8% delle altre (Statistiche anno 2003). Negli ultimi dieci anni la disoccupazione si è trasformata nel problema maggiore per i lavoratori meridionali. In molte città, il tasso di disoccupazione raggiunge il 20% o più. L’ISTAT, un istituto di ricerca italiano, ha indicato che in Italia lo stipendio lordo medio nelle città del Nord è quasi due volte quello delle comunità del Mezzogiorno. Il reddito mensile medio in Lombardia è circa 1.700 euro, mentre quello in Campania e Irpinia è circa 900 euro.


Contro disoccupazione e discriminazione

... industrie come quella tessile e alimentare sono state smantellate e spostate verso gli Stati arabi e l'Asia orientale. L'Italia ha aperto i propri mercati alle importazioni e per alzare i profitti ha esportato molto capitale negli Stati vicini.

Questo processo ha dato un colpo mortale ai lavoratori del Mezzogiorno. L’industria tessile, che impiegava principalmente donne meridionali, è stata liquidata creando molta disoccupazione femminile. Per quanto riguarda l'agricoltura e l'industria edilizia, un’altra fonte vitale di occupazione per gli emigranti dal Sud d'Italia, si è deciso di utilizzare lavoratori stranieri per sostituire la forza lavoro italiana. 35.000 lavoratori meridionali, cittadini italiani, si sono trovati senza lavoro non perché non ce ne fosse, ma perché i costruttori hanno preferito mano d’opera debole e schiava. In pochi anni il numero di lavoratori stranieri è aumentato drasticamente: nel 2000 erano 75.000 solo nell'industria edilizia (fra loro circa 45.000 con il permesso e gli altri 30.000 che lavorano illegalmente).



Mi sono limitato a eliminare i riferimenti locali (tipo quelli ai Territori Occupati) e a sostituire "arabi" con "meridionali" e "cittadini ebrei" con "cittadini del Nord". E ovviamente a scrivere Italia invece di Israele.

E' impressionante come tutto fila.


Eppure noi la costituzione "completa" ce l'abbiamo, e oltretutto dice al primo articolo che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro.


I numeri mi hanno colpito. (Chiaramente non li ho cambiati.)
In particolare mi ha colpito di come sia grande la differenza numerica nel lavoro femminile, e di come sia invece bassa in quello maschile.
Si parla del 39% di occupati fra gli arabi; ma il dato riferito agli ebrei non è abissalmente più alto come invece ci si potrebbe aspettare (solo il 57% di occupati).

Anche se l'articolo pone l'accento solo sulle condizioni degli arabi, a quanto pare la sostituzione del lavoro interno con lavoro immigrato è molto più trasversale di quanto non venga detto.
Dove Atene piange anche Sparta non ride.


Altre considerazioni minori.

1) il "razzismo" è tale che i lavoratori arabi non vengono considerati per niente "deboli e schiavi". Fanno valere giustamente le proprie ragioni come tutti gli altri.

2) se un articolo del genere venisse pubblicato in Europa, modificato come l'ho modificato io (ma la sostanza non cambia) con ogni probabilità verrebbe considerato un articolo "razzista", perché denigra gli extracomunitari.
Paese che vai, riferimenti che trovi.

3) Questi articoli sono entrambi veri. E' vero (purtroppo) quello sulla situazione araba ed è vero (purtroppo) quello sulla situazione meridionale.
Però sulla base della situazione meridionale ancora non ho trovato nessuno che affermi che l'Italia è un paese che fa "discriminazioni razziste", magari "di tipo nazista".

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