Re: OGM: (ennesimo) inganno globale

Inviato da  Al2012 il 15/11/2006 23:38:07
Non ho ancora letto tutti i link allegati al tuo forum, ma la mia voglia di inserirmi è troppo forte, anche se la mia opera è stata solo quella di copiatura di un brano tratto dal libro sotto indicato.

Spero di non appesantire troppo il tuo forum con quello che sto per inserire, con la speranza di aggiungere qualche notizia utile a te e a tutti i partecipanti…..

Tratto da “La scienza della vita” di Fritjof Capra:

L’inversione della corrente

Nel corso degli ultimi anni, i problemi di salute causati dall’ingegneria genetica, così come i suoi problemi più profondi a livello sociale, ecologico ed etico, si sono fatti fin troppo evidenti, e stiamo ora assistendo alla rapida crescita di u movimento globale che rigetta questa forma di tecnologia. Numerose organizzazioni a tutela della salute e dell’ambiente hanno chiesto una moratoria sulla commercializzazione degli ogm , da accompagnarsi a un’ampia indagine di carattere pubblico sugli usi sicuri e legittimi dell’ingegneria genetica.
Questi appelli propongono inoltre che siano aboliti i brevetti sugli organismi viventi e sulle loro parti, e che alla base del nostro approccio alle biotecnologie venga posto quel principio cautelativo che è stato scritto negli accordi internazionali fin dal summit sulla situazione della Terra del 1992. Tecnicamente noto come il 15° Principio della Dichiarazione di Rio, esso afferma: “Dove ci siano pericoli di danni gravi o irreversibili, la mancanza di una piena certezza scientifica non va usata come ragione per posporre la messa in atto di misure efficaci volte a prevenire il degrado ambientale”.
Lo spostamento di attenzione, nel campo della biologia molecolare, dalla struttura delle sequenze genetiche all’organizzazione delle reti genetiche ed epigenetiche, dai programmi genetici alle proprietà emergenti, sta inoltre a indicare che le richieste di un approccio radicalmente nuovo alle biotecnologie non vengono solo da parte degli ecologisti, di coloro che si occupano a livello professionale della tutela della salute, e dei cittadini allarmati; queste richieste vengono anche, e sempre più, dai più grandi genetisti, come ho documentato nel corso di questo capitolo. Con le affascinati scoperte del Progetto Genoma Umano, la discussione sull’attuale cambiamento di paradigma in biologia ha raggiunto anche la stampa di divulgazione scientifica. A mio avviso, è particolarmente significativo il fatto che una speciale sezione scientifica del “The New York Time” dedica ai risultati del Progetto Genoma Umano abbia per la prima volta rappresentato il genoma stesso come una complessa rete funzionale.
Quando la visione sistemica della vita verrà accolta dagli scienziati, dagli ingegneri, dai politici e dai leader delle corporazioni, potremo immaginare dei tipi di biotecnologie radicalmente diversi. Si prenderebbero le mosse dal desiderio di imparare dalla natura piuttosto che di controllarla, e ci si servirebbe di essa come di una guida piuttosto che come di una semplice fonte di materiali grezzi. Anziché trattare la rete della vita alla stregua di un prodotto commerciale, impareremmo a rispettarla come l’orizzonte della nostra esistenza.
Questi nuovi tipi di biotecnologie non comporterebbero le modifiche genetiche degli organismi viventi, ma piuttosto si servirebbero delle tecniche dell’ingegneria genetica per comprendere i sottili “disegni” della natura e prenderli come modelli per nuove tecnologie umane. Inizieremmo a integrare le conoscenze ecologiche nella progettazione dei materiali e dei processi tecnologici, imparando dalle piante, dagli animali e dai microrganismi i modi per produrre fibre, plastiche e sostanze chimiche che non risultino tossiche e che siano completamente biodegradabili e riciclabili.
Si tratterebbe di biotecnologie in un senso nuovo del termine, poiché le strutture materiali della vita si basano su proteine che noi potremmo produrre soltanto con l’aiuto degli enzimi forniti da organismi viventi. Lo sviluppo di tali nuove biotecnologie costituirà una grandiosa sfida intellettuale, dato che non siamo ancora in grado di comprendere il modo in cui la natura abbia sviluppato, nel corso di miliardi di anni di evoluzione, delle “tecnologie” che superano di gran lunga i nostri progetti umani.
Come fanno i molluschi a produrre una colla che li attacca a qualunque oggetto nell’acqua?
Come fanno i ragni a tessere un filo che, a parità di peso, è cinque volte più resistente dell’acciaio? In che modo l’aliotide riesce a sviluppare una conchiglia che è due volte più resistente delle nostre ceramiche ad alta tecnologia?
Come fanno queste creature a realizzare i loro miracoli materiali in acqua a temperatura ambientale, in silenzio, e senza produrre alcun rifiuto tossico?
Per trovare le risposte a queste domande, e impiegarle per sviluppare delle tecnologie che si ispirino alla natura, scienziati e ingegneri avrebbero di che dedicarsi a una serie di affascinanti programmi di ricerca, che li impegnerebbero per diversi decenni a venire.
E, in effetti, questi programmi sono già stati avviati. Essi fanno parte di un nuovo entusiasmante campo dell’ingegneria e della progettazione noto come “biomimesi” e più in generale, come “ecodesign” che ha recentemente acceso una fiammata di ottimismo circa le possibilità che l’umanità si incammini verso un futuro sostenibile.>>

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