Re: i 19 errori di ISRAELE

Inviato da  Pispax il 2/6/2010 18:21:40
PikeBishop


Procedo al contrario.

Citazione:
3) Infine, nel caso del blocco degli accessi a Berlino Ovest, dov'e' il mare?????


No, non c'è il mare. L'idea era quella di verificare se i "blocchi" dovessero essere legittimati da una risoluzione ONU o no.






Citazione:
2) Per quanto riguarda l'embargo contro Cuba, c'entra come i cavoli a merenda essendo un EMBARGO molto diverso da un BLOCCO NAVALE.


Ma la Marina americana se non sbaglio si riserva (o quantomeno si riservava) il "diritto di visita" sule navi mercantili sia cubane che terze.
Il punto in questione è questo no?






Citazione:
1) Ho gia' accennato al primo episodio.
Gli USA non chiamarono neanche blocco navale il loro ma quarantena e non solo avvisarono il Consiglio di Sicurezza ONU e dibatterono il provvedimento alle NU, ma fecero tutti i passi che potessero garantire loro (come avvenne) il consenso dell'OAS e la partecipazione di altre nazioni alla "quarantena" e si resero ben certi che tutti, ma proprio tutti fossero al corrente del provvedimento, sia per via diplomatica che per via mediatica:
...
Ben diverse sono le tesi del delirante documento propagandista "legalitario" di Israele ed il loro comportamento, che, se ci fosse il caso di specificarlo parla di BLOCCO, cioe' di completo isolamento, INCLUDENDO ANCHE AIUTI UMANITARI.


Procediamo per punti.

Intanto "avvisare del provvedimento" e "dibatterlo alle NU" è chiaro che sono una cosa ben diversa che agire sotto l'egida di una risoluzione ONU.
L'URSS era membro permanente e aveva diritto di veto sia implicito che esplicito a qualunque risoluzione. Non è materialmente possibile che il blocco di Cuba sia avvenuto sotto l'egida ONU.
In ogni caso la cosa sembra non essere importante, visto che l'egida ONU è tutto tranne che indispensabile.

Il fatto che gli USA abbiano chiamato il loro blocco definendolo "quarantena" è stato solo una finzione legale.
Il problema è che dichiari un "blocco navale", a tutti gli effetti pratici e giuridici stai facendo un'esplicita dichiarazione di guerra.
La definizione usata era deliberatamente e palesemente ambigua, e tutti gli stati (URSS compresa) sono stati ben felici di accettarla: ma il blocco navale era reale, efficace e ferreo.
Solo che per non far scoppiare una gierra inevitabile erano stati tutti d'accordo nell'osservare un felino che miagolava e andava e gatte e a chiamarlo "opossum".


Il terzo punto è più lungo.
DOPO l'attacco israeliano ai pacifisti turchi il web si è riempito di soloni che millantano profonde conoscenze sull'argomento. Mentre cercavo di capirci qualcosa ho trovato un sacco di spiegazioni "tecniche" su un sacco di siti.
Il problema è che tutte erano assolutamente colpevoliste o assolutamente innocentiste: difficile non pensare che fossero solo semplici strumentalizzazioni.

Ho trovato un paio di robe invece che mi hanno convinto di più.
La migliore è questa: è un articolo pubblicato su "Rivista Marittima" (della Marina Militare italiana) e il titolo è Il tema è "Le «Maritime Interdiction Operation»(*)

Libertà di navigazione e limitazioni"

"(*) L’articolo riproduce il contenuto dell’intervento dell’A. di analogo titolo, tenuto durante la Giornata di Studi organizzata l’11 ottobre 2005 presso il CASD dal Gruppo Italiano della Società Internazionale di Diritto Militare su «Aspetti giuridici internazionali nelle operazioni di mantenimento alla pace»."


Minchia, del 2005.
Tutto si potrà dire, ma non che sia stato scritto appositamente per questo evento.
E' una paccata della Madonna ma ne vale la pena.

Per pura bontà me lo sono letto al posto vostro e ne riporto le frasi che ho ritenuto IO più significative.
(però voi controllate lo stesso e leggetevelo per conto vostro. Anche perché il senso generale dell'articolo è molto più ampio dei pezzi che ne estraggo io).

Fondamentalmente dice una cosa sola: che le MIO (Maritime Interdiction Operation) sono una cosa legittima, ma non particolarmente normata.


Ma le problematiche connesse con la libertà dell’alto mare appaiono di più difficile soluzione per la mancanza di norme specifiche all’infuori di quella che afferma il principio dell’esclusiva giurisdizione dello Stato di bandiera (6). Se così è, è evidente che le navi da guerra non possono interferire con la libera navigazione dei mercantili di altra bandiera a meno che non ci sia il consenso dello stato di bandiera o si rientri in uno dei casi canonici previsti dall’art. 110 della Convenzione sul Diritto del Mare (pirateria, tratta degli schiavi, trasmissioni non autorizzate, navi senza bandiera). Altra eccezione, al principio di carattere generale, è quella che prevede che le navi da guerra, nel corso di un conflitto, possono esercitare il diritto di visita, nei confronti dei mercantili neutrali, finalizzato alla verifica del «contrabbando di guerra».
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In questo quadro è stata elaborata la nozione di «Maritime Interdiction Operations» (MIO), espressione con la quale si indica l’attività di sorveglianza e interdizione del traffico marittimo commerciale di qualsiasi bandiera sulla base di un embargo navale decretato dall’ONU o nell’ambito dell’esercizio del diritto di legittima difesa internazionale (7).
Per quanto attiene alla prima fattispecie, le operazioni MIO sono state messe per la prima volta in atto contro l’Iraq nei confronti del quale il Consiglio di Sicurezza adottò l’embargo navale nel 1991 a seguito dell’occupazione del Kuwait e, successivamente, contro la ex Iugoslavia (embargo in Adriatico 1993-1995).
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L’adozione di sanzioni coercitive da parte del Consiglio di Sicurezza nei confronti della ex Iugoslavia (1993-1995) (8), non sollevò al momento particolari problemi: in assenza di regole certe sulla conduzione degli embarghi navali, vennero applicati i principi relativi al diritto di visita nei confronti dei neutrali, contenuti nella dichiarazione di Londra del 1909.
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Risultava poi problematico applicare le regole del diritto di visita di fronte all’inaccessibilità di un carico situato in containers, se non dirottando l’unità in un porto per sbarcare i containers e controllarli.
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Da ricordare che il ricorso alla legittimazione ONU era stato valutato come indispensabile dalla Russia che, nel ribadire la propria contrarietà all’applicazione di misure coercitive nei confronti di unità di Paesi terzi precisava, per bocca del Ministro degli Esteri Ivanov: la NATO può decidere di fermare le sue navi, non quelle di altri Paesi. Per questo tipo di blocco ci vuole una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (10).


Questo ultimo punto è importante: ancora nel 1999 il fatto che per effettuare un MIO fosse necessaria una risoluzione del Consiglio di Sicurezza era oggetto di controversie. Nel 2005 le cose non erano cambiate.
Cosa sia successo negli ultimi 5 anni non lo so. Credo niente di nuovo.


Il blocco di Cuba e "Enduring Freedom":

Un caso esemplare di attuazione di misure di embargo per legittima difesa può essere considerato l’intervento Statunitense per evitare l’installazione di missili sovietici a Cuba nel 1962. Gli americani diedero vita, intorno all’isola, a un vero e proprio blocco navale dalla qualificazione giuridica incerta al momento della dichiarazione, ma di estrema efficacia, così da raggiungere il risultato voluto: l’inversione di rotta da parte delle unità sovietiche che portavano i missili a CUBA. Successivamente la dottrina internazionalistica giustificò l’operazione quale esercizio di legittima difesa ex articolo 51 delle NU (11). Analoghe questioni di legittimazione giuridica si sono verificate nel corso delle operazioni MIO condotte nell’ambito di «Enduring Freedom». Questa operazione si svolge oltre che sul territorio dell’Afghanistan, anche nelle acque comprese tra il Pakistan e il Corno d’Africa. Anche in questo caso, a fronte di un generico richiamo da parte degli Stati Uniti al fatto che gli attacchi intrapresi contro l’Afghanistan sono atti di autodifesa, la dottrina si è assunta l’onere di una disamina più puntuale e attenta, esprimendo l’opinione che oltre al principio di legittima difesa, sia invocabile l’obbligo di tutti gli stati di adottare misure per impedire attività oggettivamente qualificabili come sostegno al terrorismo. Secondo queste tesi (12) le misure di MIO possono essere adottate in acque internazionali nei confronti di mercantili di qualsiasi nazionalità assumendo che lo Stato di bandiera abbia violato un obbligo internazionale qualora sia a conoscenza di attività terroristiche di proprie navi o cittadini , ovvero non sia informato di tale attività, ma non sia tuttavia in grado («unable») di autorizzare le MIO messe in atto da Stati terzi in sua sostituzione.
Tale tesi ipotizza la possibilità che ogni Stato si possa fare garante dell’ordine internazionale intervenendo in alto mare par ragioni di legittima difesa e per impedire attività terroristiche nel presupposto che lo Stato di bandiera non possa intervenire perché complice o perché ignaro dell’attività illecita posta in essere dall’unità di bandiera.
A parte le difficoltà di giustificare un’ipotesi di connivenza da parte dello Stato bandiera nei confronti di una presunta attività illecita, la legittimazione giuridica all’intervento potrebbe essere rinvenuta più agevolmente nella cosiddetta «legittima difesa preventiva» fattispecie che l’Amministrazione statunitense ha posto a base delle guerre del terrore contro i cosiddetti «Stati canaglia» o movimenti terroristici come al Qaeda.




L'Altro Piatto della Bilancia, che offre una spiegazione (al di là dell'ovvio) del perché Israele diffonde con così tanta insistenza le immagini del soldato gettato fuori bordo e tutto il resto dell'ambaradan

Una chiave di lettura del diritto di difesa, adeguata ai tempi, non può per il vero prescindere dalla definizione di «aggressione» adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 14 dicembre 1974 (13). L’art. 1 della dichiarazione definisce aggressione «l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale, o l’indipendenza politica di un altro Stato, o in qualsiasi altro modo incompatibile con la carta delle Nazioni Unite.». Il successivo art. 3 lett. g) chiarisce i contenuti dell’atto di aggressione c.d. «indiretta» inserendo nella relativa nozione anche «l’invio effettuato da uno stato o a suo nome di bande o di gruppi armati, di forze irregolari o di mercenari che si abbandonano ad atti di forza armata contro un altro stato di una gravità tale da equivalere agli atti sopra elencati, o il fatto di impegnarsi in modo consistente in una tale azione». Orbene, affinché il diritto alla legittima difesa possa essere esercitato è necessario che si sia verificato una attacco armato, ovvero che si sia verificata l’aggressione così come sopra definita. La reazione all’aggressione deve essere esercitata tenendo presenti i criteri della necessità e della proporzionalità.



Un precedente pesante, ovvero del perché il "riconoscimento" dell'avversario non pare essere importante

I dubbi sorgono nel momento in cui è necessario rapportare la teoria ai fatti pratici, fatti che nella loro realtà concreta esulano dagli schemi classici dell’uso della «forza armata» per assumere contorni più sofisticati e più sfumati ma che concretizzano una minaccia alla sicurezza di altri stati. In sostanza la situazione che giustifica le MIO di «Enduring Freedom» può essere etichettata solo formalmente come «difesa legittima» ex art. 51 della Carta, mentre è più aderente alla realtà il richiamo alla nozione di «difesa legittima preventiva» così come esistente nel diritto internazionale prima dell’entrata in vigore della carta delle NU (14).
È incontestabile d’altronde che nessun Paese è stato è sinora individuato dalle NU come autore (sia pure indiretto) dell’aggressione agli Stati Uniti. Stando così le cose è evidente come gli Stati facenti parte della Coalizione che opera in «Enduring Freedom» adottino misure di MIO per prevenire l’esecuzione di atti di terrorismo ai loro danni da parte di soggetti sconosciuti che agiscono occultamente (15). La legittimità di queste misure va valutata tra l’altro anche dal punto di vista della loro proporzionalità. Esse infatti non assumono carattere indiscriminato nel senso che vengono adottate in modo mirato esclusivamente sulla base di notizie intelligence. Il loro carattere erga omnes si giustifica invece alla luce dei principi della «neutralità marittima» (esercizio del diritto di visita nei confronti degli stati neutrali secondo il regime del «contrabbando di guerra») (16). Secondo questi principi, applicabili in via analogica, gli stati «terzi» sono soggetti, durante un conflitto armato, alle misure di autoprotezione contro il «contrabbando di guerra» adottate dai belligeranti. Nel caso di «Enduring Freedom» gli unici «belligeranti» sarebbero le Nazioni della Coalizione in quanto, come detto, non è stato ancora individuato dalle NU uno Stato autore dell’aggressione agli Stati Uniti.





Le "conclusioni"

In questo quadro giuridico non ancora definito si può affermare che le operazioni MIO siano per così dire a legittimazione variabile, in funzione della situazione accertata a posteriori. È evidente che non ci sono problemi se è stata emanata una risoluzione ONU che autorizza un embargo navale coercitivo.
Ma negli altri casi il richiamo alla Carta delle NU per la legittima difesa, o al diritto consuetudinario per la difesa legittima preventiva, sembra apprestare un ombrello giuridico troppo ampio da adattare a «qualsiasi evento».
In pratica c’è da chiedersi se sia necessario, per gli Stati che mettono in atto misure di interdizione, dichiarare le ragioni dell’adozione di tali misure o se la situazione di anarchia dei mari possa giustificare, in un preciso momento storico, operazioni di controllo della navigazione marittima dando sostanza all’istituto della legittima difesa preventiva attraverso una regolamentazione che ne definisca compiutamente i contenuti e preveda le modalità attuative.





L'articolo va avanti ancora un bel po', ma il discorso si sposta un po' sulle modalità operative e sulle esperienze delle varie Marine.
Vi invito a leggerlo: magari ho trascurato qualcosa "che non mi conveniva".

Non mi hanno mai convinto troppo tutte quelle accuse sulla "pirateria", e le aggravanti del "lo hanno fatto in mare aperto".
In effetti rispetto al diritto ci sono margini di incertezza tali, ed esperienze passate talmente tanto contraddittorie fra loro, da far ritenere QUELLE accuse completamente prive di fondamento.



Sia chiaro che questo NON scagiona Israele.
Ci sono nove persone morte, uccise dai soldati israeliani, e nessuna parte di questo discorso può far dimenticare quel fatto.

Però quando decidete di puntare l'indice accusatore, accertatevi almeno di puntarlo nella direzione giusta, cazzo.

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