Re: Dell'amore.

Inviato da  nessuno il 26/3/2006 11:24:54
Peccato che sembri essere, questa, una discussione tra pochi intimi. Ma, forse, è giusto sia così. Le parole spesso mancano. A me, quantomeno, accade di non disporre dei termini, degli accenti, delle parole per dire, per far capire quali sentimenti io stia provando. Forse accade così a molti altri. Forse no.

Mi trovate in un momento di difficoltà e di "crisi". Perché mi sento sospeso a metà tra modi differenti di concepire l'amore. Perché non riesco a capire, ad afferrare, forse nemmeno a vivere, modi di vivere l'amore lontani o differenti dal mio. Mi trovo a vivere una relazione senza riuscire a dire e a far capire quel che si muove dentro di me. Non so per voi, come stiano le cose, ma per me l'amore e la costruzione dell'amore sono un processo che si compie ogni giorno, che non va avanti da solo. E che, però, non ha sbocchi predeterminati. Né in un senso, né nell'altro.

Così mi accade questo: che io dico "ho bisogno (e uso il termine "bisogno" intenzionalmente) dell'incontro con l'altro, ho bisogno di toccare e scambiare con l'altro il corpo e la voce, il pensiero, i ricordi, le speranze e le paure". E, quando lo dico, non voglio dire con questo che progetto una vita a due, una coppia stabile e felice alla "Mulino Bianco". Ma la persona che amo ha un modo di vivere i sentimenti differente dal mio. Più libero, certo. Più leggero, anche. (leggero nel senso buono del termine, intendiamoci bene). Ma che ci posso fare, se per me anche una storia d'amore che dura solo cinque minuti mi coinvolge e mi afferra completamente, senza mezze misure? Se io nelle relazioni ci entro dentro del tutto, con tutto quel che sono?

Sono responsabile di questo mio modo di relazionarmi con gli altri, con le persone che amo? Sì. E lo so che questo carica sulle spallle dell'altro un peso grande. E che non è detto che tutti vogliano sopportarlo. Che a volte non lo sopporto nemmeno io. Perché l'intensità e la forza delle emozioni e dei sentimenti rimane la stessa, sia che si tratti di gioia, sia che si tratti di dolore. Ma mi chiedo se sia giusto "risparmiarmi". E mi trovo a non avere le parole per dire i progetti, le intenzioni, le volontà. E questo post sta a metà tra la volontà di raccontare di me e di quel che sento e la richiesta di aiuto rivolta a chi le parole le sa trovare.

Io sarò teatrale, un po' "isterico-istrionico", se mi passate il termine. Ma non so entrare in una relazione lasciando fuori dalla porta parte di me stesso. Se quella porta si chiude, entro in un'altra. Del tutto diversa, magari, ma non in modo diverso. Io vivo una relazione provvisoria, sapendo che tutto a questo mondo è provvisorio, come se fosse eterna, sapendo che non c'è nulla di eterno. Ma questo mio modo di affrontare l'amore non è e non vuole essere una definizione, un progetto (se intendiamo per progetto il disegno immodificabile dell'architetto, dove le cose sono pensate e pianificate a priori. È più la costruzione continua e variabile del mondo naturale, del bosco o del fiume che scorre.), una destinazione.

Perché forse, in fin dei conti, assegno alle relazioni d'amore un compito impossibile? Perché ancora non ho compreso cosa sia? Perché uomini e donne lo vivono in maniera differente?

Non lo so. Sto alla ricerca e cerco di stare, ogni giorno, a contatto con quel che provo e che sento. Ma, purtroppo, non riesco spesso né a dirlo né a farlo comprendere.

Buona vita

Guglielmo

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