Re: Dell'amore.

Inviato da  nessuno il 20/3/2006 20:37:13
Citazione:
Continuo a dire che voto/non voto è più facile.


Eh, altroché se è più facile... Lì si fa in fretta, sappiamo bene, dentro di noi, da che parte sta il giusto (che equivale a come la pensiamo noi) e lo sbagliato (che equivale a come la pensano gli "altri"). Quando si tratta dell'amore, saltano le regole, ed è per questo che avevamo aperto con quella canzone. Dell'amore diamo definizioni "in negativo", per così dire.

Ci viene d'acchito riconoscere cosa non lo è. Ma definire cosa esso sia è cosa un tantino più complicata. Non ci provo. Ma butto lì una mia idea: che l'amore sia un processo, non uno stato. Voglio dire che il fatto stesso che non riusciamo ad ingabbiare questo sentimento in una definizione, non riusciamo a rinchiuderlo in una serie di gesti e di comportamenti, non possiamo sbarrargli nessuna strada, mi porta a pensare che non abbia confini precisi, che non sia determinato da qualcosa fuori di sé, che sia un evento in continua costruzione. Nasce, vive, a volte muore, sempre cambia. Come un essere umano, come un essere vivente.

Non possiamo definire la "vita" se non per contrapposizioni e negazioni. E lo stesso vale per l'amore. Che posso solo vivere giorno per giorno, accettandone gli scambi, le giravolte, le azioni e le passioni. Cambiandolo, perché non sono oggi lo stesso di ieri. Lasciandomene cambiare, per far fronte al domani che verrà.

Citazione:
non si può essere Santi in ogni aspetto della nostra vita, ed anzi, credo che anche agli altri, alla fine, sia di fastidio l’eccesso di santità


Non sono di certo un santo, Krya. Non voglio nemmeno tentare di esserlo. Sono un uomo, orgoglioso di essere un uomo. Coi miei momenti d'ira, di gelosia, di passione, di slancio, di disperazione. Non mi interessa la santità. Credo ci sia abbastanza da scoprire nella vita quotidiana dei "non santi". E certo che a volte la gelosia mi sfiora. Altre mi prende e mi afferra. Poi passa e si lascia dietro la consapevolezza dell'importanza dell'altro e della poca fiducia in me. E anche il sogno di poter un giorno riuscire a non confondere tra loro amore e proprietà.

Peraltro, aveva ragione, penso, Wilhelm Reich, quando si chiedeva quanto i costumi sessuali ed affettivi fossero influenzati dall'ordinamento socioeconomico e quanto fossero i primi a costruire il secondo. Cosa ne sarebbe della gelosia in una società senza proprietà? Non lo so. Ma mi piacerebbe provare a vedere cosa succederebbe. In grande, in piccolo, con chi ci sta e ci crede.

Provare a costruire una famiglia "a geometria variabile", dove - senza confusioni di ruoli e di generi - si possano sperimentare attaccamenti multipli, non singolari.

Sogno troppo? O incubo troppo?

Buona vita

Guglielmo

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