In questo senso, forse non è esatta l'accezione di "ignoranza" come non-conoscenza, perchè il messaggio che invia una donna col pancione ha a che vedere con un dato acquisito, assimilato in maniera naturale ed al di là dell'impegno personale a "voler conoscere" qualcosa, no?
Io direi che quella si chiama, piuttosto, strafottenza.
Incapacità o non volontà di capire le condizioni dell'altro/a.
Se ne deduce, che l'istruzione, da sola, non è in grado di intervenire in merito a questa e a ben altre situazioni.Quando poi non ne è uno dei diretti responsabili.
E qui potremmo aprire un forum sulle menzogne raccontate nei testi scolastici e nella trasmissione dell'istruzione.
Ora, fermo restando che invitare al gioco un proprio coetaneo, per un bambino, dovrebbe essere rimasto un evento naturale (ma anche per un adulto, se non ci fossero i fottuti pregiudizi sul gioco e le imposizioni sulla necessità di "serietà") al di là dell'istruzione, mi chiedo, e ti chiedo, per quale ragione diamo alla solitudine una connotazione esclusivamente negativa?
E' possibile che il messaggio che DEVE passare sia quello di darci la sensazione di NON essere soli, mentre invece ANCHE una solitudine "scelta" (e non imposta, come in realtà avviene) potrebbe costituire una condizione di "autoapprendimento" e/o di conoscenza fondamentale?
E' possibile che attraverso l'istruzione si introduca anche uno strumentale insegnamento del "rispetto" della "diversità", che altrimenti sarebbe anch'esso un dato acquisito?
Non hai la sensazione che l'istruzione,talvolta, smonti tutto quello che l'individuo possiede di suo e lo rimonti poi ad uso ed immagine della società più in generale?
Tornando al "razzismo", come tenerlo alla larga, quando la vita "in generale" è sempre più intrappolata nei meccanismi "politici" e "sociali", compresa, paradossalmente, l'istruzione?
Che vorrebbero essere anche delle possibili risposte, a ben guardare.
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