Re: Che cos'è il razzismo?

Inviato da  DIVA il 12/8/2006 17:08:23
ETNOCENTRISMO
Termine introdotto nellíantropologia da W. G. SUMMER per indicare l'abitudine o la tendenza a giudicare o interpretare le culture altrui in base ai criteri della propria. È una tendenza universale, anche se in differenti contesti etnografici e storici possiamo osservare gradualità maggiori o minori di tolleranza oppure atteggiamenti relativistici nei confronti di altri gruppi etnici.

Questo termine esprime sul piano culturale in rapporto a un "io" collettivo quanto il termine egocentrismo esprime sul piano psicologico in rapporto all'io-individuale, fenomeno che PIAGET definiva come "la confusione incosciente del proprio punto di vista con quello degli altri".

Sia l'egocentrismo che l'etnocentrismo significano la tendenza dell'io (individuale e collettivo) a non "decentrarsi". In una prospettiva etnocentrica, l'osservatore o il soggetto in questione sono all'incrocio di due se non più forme di centrismi: centrismo "dell'io" individuale (egocentrismo), centrismo "dell'io" collettivo che può prendere forme multiple di centrismo di classe (sociocentrismo di classe), di nazione (nazionalismo - senza includere qui la connotazione politica attribuita al termine -), di cultura (etnocentrismo).

L'etnocentrismo, come l'egocentrismo, sono inerenti ai gruppi e agli individui: essi diventano elementi "patologici" soltanto se l'individuo o il gruppo è incapace di "distanziarsi" o di "smarcarsi" in rapporto a se stesso. Il riconoscimento della propria centrazione ha per corollario il riconoscimento di altre forme di centrazione. La denuncia dell'etnocentrismo non è un meccanismo semplice: essa suppone che il pensiero ritenuto etnocentrico sia sottoposto a una serie di analisi allo scopo di smontarne i meccanismi cognitivi sottesi.

L'obiettività non esiste in se stessa: la soggettività può, al contrario, essere in parte ridotta con la presa di coscienza della sua propria soggettività e del suo proprio radicamento culturale. Questa presa di coscienza non può effettuarsi che con una serie di decentrazioni rispetto al tempo, allo spazio, a me, al gruppo, alla cultura...

È dunque una educazione alla decentralizzazione che si tratta di promuovere e non un rifiuto del suo proprio ambiente culturale.

Occorre ricordare che l'etnocentrismo ha anche delle funzioni indirette positive, una delle quali è quella di assicurare la coerenza del gruppo, la coesione interna dei suoi membri.

Nello studio delle culture umane una delle principali preoccupazioni dell'antropologia è quella di esaminare e mettere da parte gli etnocentrismi consci e inconsci; e l'antropologia ha un notevole potenziale di influenza sull'opinione pubblica, nel senso che può relativizzare gli assunti e i valori impliciti nella nostra cultura contrapponendoli a valori differenti delle altre culture.

Per combattere "l'educazione etnocentrica", negli ultimi anni si sono sviluppati in Italia e all'estero delle pedagogie e delle didattiche che mirano a fare prendere coscienza ai sistemi scolastici e educativi nazionali del loro etnocentrismo sia nei confronti dei programmi, sia nei testi, sia nei modelli e metodi di insegnamento. È stato quindi proposto di rivisitare e di ridefinire "a partire dall'altro" sia la metodologia didattica sia le singole discipline scolastiche. Ad esempio, studiare la scoperta/conquista dell'America a partire dall'altro (gli amerindi); studiare le crociate a partire dai musulmani (i cronisti arabi); studiare la musica a partire dal suo radicamento etnico...

Riprogettare i percorsi educativo-didattici (ma più in generale le discipline scolastiche, i "saperi") a partire dall'altro non è un fatto puramente metodologico ma comporta un cambiamento di prospettiva che si estende alla globalità del fatto educativo fino a caratterizzarsi come vera e propria "svolta antropologica".

SUMMER, W. G
NANNI, Antonio.

Antonio Perotti

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