Re: La morte

Inviato da  fiammifero il 4/8/2006 16:03:18
Florizel continuo a non vederle queste differenze,perchè tutti ci relazioniamo con gli altri,sul lavoro,in un pab,in pizzeria,negli eventi,con i rapporti di vicinato,insomma cambiano i numeri ma la sostanza è la stessa.
ei piccoli centri ognuno sà i fatti dell'altro,nelle città si sà quelli dei condomini.
Mai visto un funerale senza seguito,un'omelia ad esaltare le virtù del deceduto (tutti bravi chissà dove sono quelli cattivi? ).
Forse ti riferisci a qualche barbone morto per strada,tra l'indifferenza dei passanti,od ai profughi che annegano in mare.Ma questo succedeva anche nel passato,escluso forse il periodo in cui l'uomo era nomade e la morte di un singolo comprometteva l'esistenza del piccolo gruppo.
Comunque un conto sono le celebrazioni post-mortem che coinvolgono la comunità,ma la morte è sempre vissuta e sentita singolarmente ,gli altri guardano.
E' come quando ti tagli un braccio,tu solo senti il dolore,gli altri ti possono compatire,cercare di immedesimarsi ma non lo provano!


Citazione:
mi chiedo se anche questa visione dell'esistenza strettamente "familiaristica" non sia un altro dei tanti modi per tenerci "isolati" dal resto degli individui,ed allo stesso tempo un "indottrinamento" della cultura "moderna",in cui la famiglia stessa diventa un riflesso della gerarchia sociale,

Scusa ma più persone,più famiglie non fanno da sempre una comunità? secondo il loro numero diventano clan,tribù,comunità,paesi,regioni,stati,nazioni!
E le gerarchie sociali non sono mica un'invenzione moderna,le abbiamo ereditate nel corso dei millenni.
Stranamente però quando si verificano eventi catastrofici,guerre scatta il sentimento di solidarietà,di appartenenza,di contrasto etc..

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