Re: Anarchia

Inviato da  prealbe il 2/3/2008 15:11:30
Florizel
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sai benissimo che l’elemento di associazione era la mancanza di concretezza e nient’altro.

e io di quello parlavo, scusa: "non ha un suono affatto diverso dalle tante vuote formule ". Avevo capito che stavi paragonando i miei ragionamenti alle "vuote formule" dei parassiti. E visto che ribadisci, io RI-ringrazio.

Allora: “Prego.”. Dovere mio.


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"nonostante tu giudichi il “potere” e le gerarchie come espressioni “naturali” degli individui (e di conseguenza “naturale” pure la loro applicazione in ambito sociale) i parassiti statalisti devono ricorrere alle suddette “formule vuote” per mantenere quelle gerarchie e quel potere…"

Qui ed ora, si.

Questa tua sintetica risposta, però, non tiene conto che è esattamente l'esercizio del potere a determinare le cause per cui i parassiti debbano poi ricorrere alle formule vuote (leggi "propaganda").

Stai per caso dando per inevitabile che chi esercita il potere sia un parassita? Se si, perché?


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sono disponibile a riconsiderare le mie posizioni, non appena apparirà nel dibattito qualche argomentazione a favore dell’anarchia (...) che abbia i requisiti della concretezza.

Vedi, si parte da punti di vista opposti: tu consideri "concreto" ciò che è stato già ampiamente esperito, potere, gerarchie, stato, sorvolando sugli effetti che ha prodotto, o ritenendoli "naturalmente conseguenti" ad una situazione "naturale".

Io considero concreto ciò che dimostra di avere un qualche punto di contatto con la realtà nota, e teorico ciò che alberga soltanto nella testa di qualcuno.
Per quanto riguarda gli effetti dell’esercizio del potere, sei tu che dai per assodato che essi siano, dall’alba dei tempi ad oggi, terribili nonché orripilanti e mai positivi. Io questa la ritengo una pura e semplice allucinazione, e aspetto ancora qualche dato a favore della tesi (che, essendo assoluta e investendo tutta la storia del globo terracqueo, ne richiede parecchiucci per essere confermata).


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Noi, questi anarchici maledetti, si parte esattamente dagli effetti prodotti da questo stato di cose per dimostrarne la non "naturalezza" (o naturalità?) e per ipotizzare il modo di impiantare una vita diversa su aspetti altrettanto costitutivi degli individui. Chi è quello più "fuori dalla realtà"?

Fino a prova contraria è "fuori dalla realtà" chi, teorizzando in contrasto con i dati noti, non ha mai dimostrato la bontà pratica dell’applicazione delle proprie illazioni, direi. È pur vero che “chi non fa, non falla”, e può continuare tranquillamente ad illudersi ad libitum.


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ben prima del mio avvento - precisazioni sulla tua “via” all’anarchia già ti erano state richieste diverse volte da altri utenti.

Ho fatto del mio meglio per spiegarmi, spero che questo me lo si riconosca. Se invece di una spiegazione si va cercando un trattato antropo-socio-psico-storico-etnologico da sottovagliare, esaminare, sezionare, e svalutare a seconda l'argomento piaccia o meno (e non a seconda che l'argomento sia coerente nelle sue parti), temo che dovrai farne senza: gli esami li ho passati da un pezzo, non ho nessuna intenzione di ricominciare ora.

Ehm, davvero li hai passati? Non si finisce mai di sorprendersi, nella vita!
A parte gli scherzi, se si fanno affermazioni assolute che riguardano tutta la storia umana non è che poi si può pretendere di cavarsela a buon mercato semplicemente ripetendo all’infinito gli assunti di base senza mai dimostrarne nessuno. E la coerenza interna c’entra poco; c’entra l’aderenza con la realtà.


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Se il “limitato periodo di tempo” cui ti riferisci è quello dell’esistenza degli stati moderni, ti chiarisco che le mie affermazioni non hanno un valore limitato a questo ambito specifico, e il potere (nelle sue infinite coniugazioni, assolutamente non tutte aberranti) accompagna da sempre la socialità umana.

Potresti argomentare con degli esempi "storici" ed antropologici i casi in cui il potere non sia stato aberrante?

Prima tu il contrario, se non ti dispiace.


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Quanto alla “carenza” della mia analisi relativamente alle “conseguenze sulle società civili”, sarebbe il caso, oltre di affermarla, anche di argomentarla.

Il fatto stesso che tu giudichi solo la presunta "naturalezza" del potere e non quella dell'impulso a sottrarsi ad esso, è una delle carenze di cui parlo. Un'altra è relativa all'assoluta cecità di fronte a ciò che il Potere ha prodotto, ai danni di GRAN PARTE dell'umanità.

Si possono avere degli esempi o sono disponibili solo a pagamento? Continui a dare per perfettamente assodate le tue premesse che invece per me sono tutte da dimostrare. Non dubito che tu abbia tonnellate di dati che le sostengono, ma ti dispiace tanto condividerli con chi invece non li coglie con la stessa immediatezza? Sarebbe anche questo il senso del confronto.


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mentre la burocrazia e la normatività asfissianti sono senza dubbio peculiarità delle forme statuali moderne e più che mai di quelle contemporanee (anche per disponibilità dei mezzi tecnici che le consentono)

Quindi, fammi capire: la maggiore disponibilità di "mezzi tecnici", rispetto a "ieri", invece di snellire le cose, le avrebbe rese ancora più complicate?

No, Flo. I mezzi consentono, non determinano. Ma non importa, era solo un inciso.


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Gli individui per sentirsi parte di un insieme hanno bisogno di percepirne gli altri membri come propri simili (...) A quanto pare l’essere umano per effettuare questo specchiamento di sé stesso negli altri ha bisogno di agganciarsi anche ad elementi se vogliamo esteriori e superficiali, di cui fanno parte sicuramente perlomeno l’aspetto e il comportamento conforme a certe regole.

Non mi pare che "omologazione" e "specchiamento" siano la stessa cosa; mentre il primo presuppone un livellamento delle caratteristiche e delle scelte dei diversi individui ad un dato modello, lo specchiamento è la capacità di interazione che consente di percepirne le affinità, se esistono.

No, non sono la stessa cosa. Te lo confermo. Ma lo specchiamento “ha bisogno di agganciarsi anche ad elementi se vogliamo esteriori e superficiali, di cui fanno parte sicuramente perlomeno l’aspetto e il comportamento conforme a certe regole” e dunque perchè lo specchiamento possa sussistere all’interno di un gruppo sociale i suoi membri devono in una certa misura omologarsi fra loro. Altrimenti lo specchiamento non sussiste e il gruppo si sfascia. Non mi sembra un concetto così inafferrabile. Dunque, ribadisco (visto che hai simpaticamente omesso l’implicazione più importante della cosa ): “È per questo che pretendere invece di affermare una totale libertà dell’individuo ad esprimersi come meglio crede purché non leda la medesima libertà degli altri a fare lo stesso, e contemporaneamente aspettarsi poi che gli individui che adottano questa strategia si sentano e compongano un gruppo affiatato ed efficiente è una ambizione destinata all’eterna frustrazione. Non funziona (non funzioniamo) così.”


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La vita sociale NON È (e non può essere) inquadrata semplicemente come un “laboratorio di creatività e libera espressione” (...) anche in condizioni più umane il vivere in gruppo impone intrinsecamente un gran numero di concrete problematiche e limitazioni reciproche che tu mi pari decisamente ignorare quando lo dipingi.

prealbe, non svicolare. Non parlavo dell'ora di ricreazione, e lo sai benissimo. Parlavo della possibilità di ORGANIZZARE l'esistenza di un gruppo o di una comunità non sottoposti a sistemi di gestione che implicano forme di gerarchia imposta , e questo significa che "problematiche e limitazioni reciproche" andrebbero risolte adattando le regole alle esigenze degli individui, e non viceversa.

Si, Flo. Ma il gruppo e le sue regole sono plastiche non liquide, hanno una certa inerzia e tendono a conservarsi (non foss’altro, per il banale motivo che sono il fondamento della vita dei suoi membri). È proprio quest’idea che il gruppo (ovvero tutti gli individui che lo compongono) sia sempre pronto a recepire ogni istanza di ogni suo membro e ad adattarsi ad essa che è irrealistico. Dopo un certo tempo (non lunghissimo) dalla sua formazione qualunque gruppo sociale imporrà inevitabilmente ai suoi membri (presi singolarmente) un loro adattamento alle sue regole, che quindi volendo si potranno percepire come “imposte”, ma è così che funziona.


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la “negatività” nelle dinamiche sociali assolutamente non può essere imputata solo alla presenza di strutture di potere, e anzi queste, a seconda delle qualità dei suoi componenti, possono costituirne un fattore di contenimento sostanziale.

E chi ha detto che avremmo realizzato il paradiso?
Io dico solo che se la "negatività" delle dinamiche sociali non solo non è stata risolta, ma addirittura resa più cruenta dall'istituzionalizzazione del potere, anche questo vorrà dire qualcosa, o no?

Flo, questa tua è un’interpretazione, non è un fatto. Che sia “l’istituzionalizzazione del potere” (cosa vuol dire esattamente, tra l’altro?) a rendere “più cruenta la "negatività" delle dinamiche sociali” lo dovresti dimostrare (perlomeno argomentare).


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mi sembra da parte tua un riconoscimento (involontario?) di come comunità al di sopra di certe dimensioni non si prestino alla formula anarchica

Infatti, ho omesso di comunicarti che ritengo i grandi centri urbani, le metropoli, ed i grandi agglomerati, un riuscitissimo "esperimento sociale". A tutto vantaggio del potere, naturalmente.
Sul fatto che siano più "naturali" le piccole comunità, mi sembra ci sia poco da aggiungere.

Benone. Però si da il caso che la popolazione delle comunità possa anche crescere. In quel caso, che si fa?


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Perché finché mi parli di forma statuale moderna posso abbastanza agevolmente farti ampie concessioni sul tema “disastri”; se invece zitta zitta lella lella () pensi di estendere la cosa a qualunque “gestione gerarchica delle società umane” (cioè praticamente a tutta la storia - e geografia - nota), non posso proprio esimermi (con immenso rammarico per l’imperdonabile indelicatezza ) dal chiederti di spendere qualche parola in più per il sostegno della tua tesi

Possiamo fare domani o un altro giorno? Giusto per studiarmi il modo di non provocarti fastidiosi stati ansiosi dicendoti le stesse cose con le stesse parole...

Non sai cosa rispondere, direi.


Prealbe

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