Re: Anarchia

Inviato da  franco8 il 10/5/2006 15:44:49
Beh.. dire che la discussione è interessante è dire poco. (anche se il nesso tra anarchia e "morale" e Nietzsche on m pare poi tanto evidente)
Ma volevo provare a dire meglio le riflessioni del post precedente, anche see non posso fare a meno di esser un po' confuso..., poiché non ho "risposte" già pronte... ma solo domande aperte...
La domanda che mi era sorta in mente, prendendo spunto dai "due pensieri radicalmente diversi " di Santauina (collettivismo - liberalismo) era:
Ma sono poi tanto legate alla questione "stato" e la questione "proprietà privata" ? Non potrebbe, in teoria, una comunità scegliere tra l'uno o l'altro dei due estremi o una qualsiasi delle soluzioni intermedie tra i due estremi? Non potrebbe essere anarchica lo stesso, in un caso o in un'altro? non potrebbe scegliere liberamente se utilizzare o meno una moneta, un mezzo di scambio e in che temini usarlo, come e quando? Di comune accordo, senza espropri o imposizioni, potrebbe scegliere, per la gestione e la produzione e lo scambio dei beni necessari, una soluzione, un'altra o un'altra ancora... tra le milioni possibili. || Vedo che Ashoka ha scritto esattamente lo stesso concetto:
Citazione:
una concezione “collettivista” così come una “libertaria” non può essere universale senza essere violenta
||
(Anche se, a me sembrava abbastanza poco discutibile la tesi secondo la quale, in ogni caso, un limite al diritto alla proprietà privata deve pur esistere. Anche se poi... spunta il problema di stabilire quali siano questi limiti... e anche se m'è sembrato di sentire un po' di unghie

sugli specchi...)
(...E anche se bisogna tener in conto anche quanto dice andycap: Citazione:
pur avendo l’anarchia una sua forte connotazione individualista, di sicuro non ha una matrice liberista (economicamente parlando), poiché storicamente l’anarchia è anticapitalista, il liberismo assolutamente No.
e stare attenti alle "distorsioni"... )

Perché mai, allora ( pecorelle di Santaruina e giuste osservazioni di Paxtibi ) dovrebbe esserci necessariamente una imposizione o una violenza o un'autorità o un esproprio nell'abolizione o nella limitazione della proprietà privata? Il nesso non mi pare obbligato : "abolizione della proprietà privata" non è necessariamente, sempre e comunque, "esproprio".
(Anche se il discorso sull'uso della violenza nel caso di "legittima difesa" sarebbe forse più che sufficiente...)

Riguardo all'esempio dei coloni e degli Indiani, ha ragione Pausiania: è abbastanza fuorviante.
Ma mi è venuto in mente non tanto relativamente al conflitto tra i due , ma piuttosto relativamente al discorso sullla legge non-imposta, alla legge naturale ecc ecc al fatto che gli Indiani non concepivano la proprietà della terra. Non la concepivano... nel senso che se un indiano si fosse a recintare un pezzo di prateria... probabilmente gli altri l'avrebbero preso per matto... (E quindi mi pare che, per loro, possedere la terra fosse "contro natura"...)

E' chiaro che il "conflitto" tra coloni e pellerosse non si riduce semplicemente a questo. E sappiamo che anche nei casi in cui alcune tribu pellerosse di agricltori si erano stanziate adottando sostanzialmente una gestione della terra abbastanza simili ai coloni, gli europei non esitarono a cacciarli dalle loro terre pur non avendo nessuna "giustificazione" da quel punto di vista (E' passato un po' d quando ho letto un po' di storia dei Pellerossa. Correggetemi se sbaglio)

Più che "proprietà sì / proprietà no ", mi sembra che il problema maggiormente legato all'anarchia e cioè alla mancanza di uno stato (o di un'autorità superiore) ( mi pare che dovremmo anche stabilire almeno approssimativamente cosa intendiamo per stato. Se per esempio, le corporation ci accennava Pausania siano stato o no...) sia:
- In mancanza di stato di stato come si risolvono le divergenze tra individui e gruppi?

Con ciò intendevo semplicemente porre il problema, che, secondo me, non può essere ignorato.
Non intendevo da ciò dedurre la necessità di un autorità, nè che questa "funzione di composizione di divergenze" sia sempre e comunque positiva (e in questo senso l'accostamento tra stato e mafia, come ha notato Pausania, era malizioso ma neppure tanto da prendere poco seriamente...)
Nè intendevo che le funzioni di risoluzione di controversie e di protezione dei "cittadini" siano le uniche funzioni dello stato. Giustissimo quindi il discorso di Shevek, che ricorda la guerra....

Tra l'altro (per lo stato come per la mafia) c'è da ricordare una certa "ambiguità" nel ruolo di risolutore di conflitti... Perché un conto è la soluzione "ad hoc" un conto è una "struttura specializzata" finalizzata allo scopo... Ad un certo punto, diventa non solo "risolutore di conflitti" ma anche "dipendente dalla conflittualità". E, in quanto "dipendente" o che acquista un senso nella conflittualità, può, per istinto di conservazione, essere anche generatore di conflitto.... Un po' come quando si dice che, molto spesso, la medicina e i medici stessi creano le malattie...

C'è poi da dire che alle giuste considerazioni di Pausania riguardanti la legge dello Stato :
Citazione:
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A mio avviso lo Stato è la codifica legale di rapporti di forza ingiusti: lungi dall'essere la causa prima dell'ingiustizia, è solo il modo con cui si placa il conflitto a vantaggio dei pochi forti contro i molti deboli. Non credo che eliminando solo lo Stato si elimini l'ingiustizia, né solo modificando l'assetto economico.
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Tutto giusto, ma credo che non è così semplice, perché c'è anche da tenere in conto l'interesse oggettivo dei deboli ad essere "protetti" (da "altri")... Esempi che si potrebbero fare: la mafia , gli animali domestici, gli schiavi(?!), l'imperatore appogiato dalla plebe...
Credo che bisogna considerare anche che la situazione è più complessa...Per esempio, a volte si verifica anche il caso un cui tra il forte e il debole... interviene uno ancora più forte del primo. Ci sono anche i conflitti tra forti (o deboli) in egual misura ( pensiamo, per esempio, ad uno "scontro" tra pastori e contadini...)

Citazione:
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Probabilmente la sola mancanza di Stato porta esattamente al duello dei Germani: c'è un conflitto, lo risolviamo secondo i rapporti di forza (non intendo la forza fisica violenta), perché non c'è nemmeno il mezzo di sopire il conflitto. Ma è quello che vogliamo? Pace al prezzo di dover costantemente esercitare il proprio interesse perché altrimenti altri sopravanzeranno? E per quelli che non sono in grado di affrontare il conflitto? Li lasciamo in balia dei rapporti di forza?
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Non mi pare automatica la cosa.. ma non lo so... Vado un po' a ruota libera...
Con riferimento al risolvere le controversie Presupposto è che tutti gli uomini fossero più o meno della stessa forza, o che avessero più o meno le stesse "chance"... e che il ricorso alla forza avvenisse solo dopo che i due litiganti avessero ascoltato i "consigli" di "terzi" "saggi...
Dobbiamo considerare, secondo me, che forse i conflitti e i litigi estremi erano in misura minore di quello che ci sarebbero stati se uno avesse potuto (più o meno comodamente ?) rivolgersi ad una autorità a cui riferire i suoi casi e chiedere (e imporre) "giustizia"....
... Ma il litigante, immagino, si sarà rivolto a "chiedere conto" solo quando effettivamente convinto di aver subito un torto (Situazione che mi pare ben lontana da quel che accade oggi, con tutte le leggi che abbiamo, spesso insensate...)
In più... anche l'altro, l'avversario, a qual punto, doveva esser convinto in egual misura di avere ragione... per continuare la "bega"...

Comunque, a parte questo discorso, interessante forse, ma che ci porta lontano, io penso che i possano essere mezzi per risolvere i conflitti interni più efficacemente che non tramite rapporti di forza. L'esempio dei Germani era per sottolineare il fatto che un metodo per risolverli lo dovevano comunque avere... (ai Germani gli andava bene il duello, forse, data la prestanza fisica e l'esercizio o perché forse funziona meglio da deterrente ... altri avrebbero fatto a testa o croce..) (un duello all'arma bianca o una partita a dadi fa lo stesso, per quel che intendevo io, non so se è chiaro)
Quindi ripeto:
- In mancanza di stato di stato come si risolvono le divergenze tra individui e gruppi?

Da una parte occorre diminuire le occasioni di "divergenza"...
E in questo senso, checchè ne dica Santurina, io credo che la proprietà privata è generalmente fonte di litigi, più della proprietà comune
( L'esempio del condominio, poi, mi pare abbastanza fuorviante...)
Se tutti hanno tutto, non c'è niente da controllare.. Non c'è da controllare che uno prenda più di un altro.. perché nessuno "prende" niente... (Poi non saprei.. qui lo dico e qui lo nego...)

In un certo senso il dissenso tra individui dovrebbe quindi essere l'eccezione e non la regola.

Mentre vediamo che il più delle volte lo Stato mantiene l'ingiustizia pur placando il conflitto (come diceva Pausania) o impone leggi che sembrano avere il principale scopo di rendere necessario lo Stato stesso... Avere un'autorità che "imponga" la pace è, molto spesso, una falsa soluzione e spesso acuisce il problema. Insomma, sembra tendere a far diventare regola la situazione conflittuale, il contrario della soluzione ...

D'altra parte, eccezioni per quanto volete, ma i metodi per affrontare le "divergenze" (non è detto che siano esclusivamente questione di interesse, tra l'altro) quali possono essere? E voglio dire... ce ne saranno... non ncessariamente "rapporti di forza".

Mi rispondo da solo (forse vado a ruota troppo libera )...Ma devono essere per forza risolte le divergenze? Non si può semplicemente dire ai contendenti: "andate a litigare da un'altra parte e non rompete!" ... boh?! dovrei autocensurarmi

Il punto è che, se e quando autorità e forza servono, queste non devono venire (o è preferibile che non vengano) da una istituzione(da una struttura finalizzata) ma potrebbero, in teoria, essere esercitate dall'unione straordinaria di individui /gruppi che si riuniscono per un determinato scopo. Questo, forse, sarebbe in certa misura, un ritorno alle origini....
Sarebbe non una autorità esterna, ma che derivi dall'unione delle sacrosanta autorità di ciascuno su sè stesso e sulla partecipazione e corresponsabilità....

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