Re: ISHMAEL: pensieri, dubbi, domande, critiche.

Inviato da  Dr-Jackal il 25/10/2011 0:34:36
@Spiderman:

Ah, tu dici di unire il controllo della produzione alimentare alla dieta vegetariana, non di fare solo quest'ultima. Ok, allora sì.
Resta da vedere se produrre cibo esclusivamente vegetale per 7 miliardi di persone sarebbe sostenibile. Sicuramente sarebbe molto meno distruttivo di ora, ma lo sarebbe al punto da essere ecosostenibile? Boh.


@Red_Knight:

Citazione:
A mio modesto parere, è un errore considerare il pianeta Terra come un unico ecosistema. A parte l'atmosfera, il cui inquinamento si può ridurre (ovviamente stiamo parlando di pura teoria) anche a parità di produzione agricola e industriale, non ci sono variabili ambientali globalmente condivise. Facendo un esempio estremo, se in Asia diventassero 200 miliardi arrivando a mangiarsi fra di loro con un impatto ambientale da apocalisse, questo rimarrebbe comunque confinato al massimo all'Eurafrasia. Anche andando più nel piccolo, fra l'altro, l'impatto ambientale dell'agricoltura è prevalentemente locale ovunque (e anche quello dell'industria, tolta l'anidride carbonica).

La faccenda purtroppo è molto più complicata, tanto che arrivare a delle certezze a riguardo è impossibile. I legami indiretti tra le varie specie e tra le funzioni svolte dai vari ecosistemi del pianeta sono troppi e troppo sottili per essere individuati con precisione. Nelle parole di Jared Diamond: "In natura esiste un numero di specie così grande, connesse l'una all'altra in modi così complessi, che è virtualmente impossibile prevedere dove possano condurre gli effetti che si propagano come onde a partire dall'estinzione di una qualsiasi specie particolare" (fonte: Il terzo scimpanzé, p. 433)

Senza contare che non tutte le specie hanno lo stesso "peso ecosistemico". La scomparsa della maggior parte delle specie avrebbe effetti negativi solo locali, è vero (e comunque non significa che un danno globale non ci sarebbe, visto che se sommi migliaia o milioni di danni locali, il danno si può considerare globale), ma l'estinzione di alcune specie avrebbe conseguenze planetarie. L'ape mellifera europea, per esempio, è indispensabile all'esistenza di 130.000 specie vegetali, che senza la sua azione impollinante si estinguerebbero. (fonte) E questo scatenerebbe un enorme effetto domino, visto che non c'è modo di sapere quante specie erbivore si estinguerebbero senza più avere quelle 130.000 piante di cui nutrirsi, né quante specie carnivore si estinguerebbero a causa di questa estinzione di erbivori, e così via. Il danno farebbe molto in fretta a diventare globale.

Quindi nella tua ipotesi, non è affatto detto che un impatto ambientale apocalittico come quello rimarrebbe confinato all'Eurafrasia. Potrebbe tranquillamente avere effetti indiretti sul resto del mondo.

Citazione:
Si potrebbero sfamare 20 miliardi di persone con un impatto ambientale complessivo minore di quello subito attualmente per sfamarne 7. Il disboscamento è praticato per questioni economiche più o meno bieche, ma nulla vieterebbe di coltivare immense pianure erbose senza sfrattare una sola specie né disidratare un territorio.

Ho capito la tua idea ma ci vedo alcuni problemi:

1) Non è detto che le pianure attualmente inutilizzate o utilizzate per l'allevamento sarebbero sufficienti per sfamare 7 miliardi di persone se messe a coltura, ma se anche lo fossero ora come ora, dovremmo comunque trovare il modo di smettere di aumentare di numero (di questo ne parlo più giù), altrimenti prima o poi sarebbero insufficienti e dovremmo ricominciare a disboscare.

2) Anche le pianure sono ecosistemi, quindi si tratterebbe comunque di sterminare delle specie viventi, sia vegetali che animali, con quali conseguenze a lungo termine e indirette è impossibile saperlo.

3) Il terreno viene eroso e desertificato dalla nostra forma di agricoltura intensiva, quindi anche le pianure dopo qualche anno di coltivazione comincerebbero a erodersi e desertificarsi. La causa non è nemmeno esclusivamente l'uso di erbicidi e fertilizzanti chimici, quelli peggiorano solo la situazione, il suolo si impoverisce e si erode per via delle semplici coltivazioni. Le sostanze nutritive del terreno sono limitate: una foresta o una prateria le usa a un ritmo abbastanza lento da permetterne il continuo rinnovo (anche perché ci sono centinaia di specie diverse che sfruttano nutrienti diversi, e non tutte gli stessi), ma nei nostri campi ci sono solo una o due specie, numerosissime, che sfruttano a ritmi assurdi sempre le stesse sostanze. E' logico che in breve si esauriscano. Quindi perfino restando 7 miliardi senza nessun altro impatto ambientale che quello dovuto dall'agricoltura e se coltivassimo solo le praterie, non è affatto detto che saremmo una popolazione sostenibile. Alla lunga probabilmente dovremmo comunque ridurci. (se poi consideriamo anche l'impatto ambientale causato dalle nostre attività industriali, allora dobbiamo sicuramente ridurci.)

Citazione:
Tornando al discorso che stavamo facendo prima, se ipoteticamente si riuscisse ad abbassare il livello di devastazione lasciando inalterata la produzione, si potrebbe crescere di numero finché non si riesce ad alzare lo standard di vita necessario ad iniziare a decrescere spontaneamente prima di far precipitare la situazione, senza rinunciare ad una sola vigna.

Se anche riuscissimo a produrre abbastanza cibo per 7 miliardi di persone usando solo le praterie e perfino in modo sostenibile (ed è un enorme SE), in ogni caso l'arresto spontaneo della crescita demografica di cui parli avviene solo nelle società post-industriali. Solo in quelle condizioni di vita avere figli diventa un costo più che un guadagno, e il tasso di natalità cala o si ferma. Ma, come abbiamo già detto varie volte, se tutte le popolazioni in via di sviluppo (circa 4-5 miliardi di persone) raggiungessero quegli standard di vita, l'impatto ambientale causato dalla loro modernizzazione sarebbe apocalittico e richiederebbe svariati pianeti come la Terra per essere sostenibile. Far arrivare tutti ai nostri standard di vita non farebbe altro che portarci all'estinzione molto più in fretta. Non è una soluzione alla sovrappopolazione che possa venir presa in considerazione.

Non devi considerare solo il danno ambientale prodotto dall'agricoltura, ma anche quello prodotto da tutte le nostre attività industriali.
Anche ammesso che riuscissimo ad azzerare il primo tipo coltivando solo le praterie, in ogni caso fermarci di numero senza controllare la quantità di cibo prodotto mi sembra impossibile, dato che l'unico altro modo (che tutti arrivino a vivere in società post-industriali) distruggerebbe il pianeta.
Quindi rimane la domanda: come facciamo a smettere di aumentare di numero (o addirittura a ridurci) se non cominciando a controllare la nostra produzione di cibo?

Citazione:
Concordo con Spiderman riguardo l'orrore del lasciar morire intere popolazioni di proposito (succede già in molti posti, ma appunto mi fa abbastanza schifo). E adottando per un istante un po' di cinismo, non ci ridurremmo comunque una volta arrivati all'esaurimento delle risorse?

Una volta arrivati all'esaurimento delle risorse avremmo superato da un bel po' una o più "soglie critiche" del nostro ambiente, per cui sperimenteremmo un collasso ecologico che causerebbe la nostra estinzione (insieme a quella di milioni di specie). Quindi più che ridurci a quel punto probabilmente ci estingueremmo del tutto.

Comunque ripeto, riguardo l'orrore di lasciar morire intere popolazioni: se rendessimo equa la distribuzione di cibo e la riducessimo leggermente in modo che tutti avessero il necessario per vivere in buona salute (diciamo 1800-1900 calorie al giorno per ognuno), non avverrebbe nessuna morìa di massa. Le popolazioni in quel caso calerebbero gradualmente perché le morti naturali (per vecchiaia o malattie o incidenti) sarebbero leggermente superiori alle nascite, e non ci sarebbe cibo sufficiente per alimentare una crescita demografica. Non ci sarebbero né carestie né milioni di morti per fame, niente del genere.
Alcune nazioni europee (non mi ricordo quali) stanno già sperimentando un calo graduale di popolazione come questo perché il loro tasso di mortalità naturale è leggermente più alto di quello di natalità, e in quelle nazioni non ci sono affatto intere popolazioni che muoiono di fame, né rivolte, né disordini di alcun tipo. Calano lentamente e pacificamente (gli unici che ci trovano da ridire sono i loro governi, che vorrebbero aumentare la popolazione nazionale il più possibile, da brave teste di cazzo).

Citazione:
Infine, non è pensabile nemmeno a livello teorico "moderare" l'agricoltura senza ricorrere allo stalinismo (che molto probabilmente fallirebbe comunque). Di nuovo, preferirei l'estinzione.

Che intendi esattamente per "stalinismo"? Controllare la produzione alimentare sarebbe davvero così orribile da farti preferire l'estinzione? Perché?

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