Re: ISHMAEL: pensieri, dubbi, domande, critiche.

Inviato da  Floh il 12/10/2011 18:49:09
Io ho smesso di legger il libro a pg. 50 al termine del discorso qui sotto riportato che in pratica vorrebbe criticare la conquista del mondo da parte dell'uomo in quanto frutto di una paventata mitologia.
Quanti viaggi mentali per criticare inutilmente una necessita' di affrancamento da una natura ostille.
Aveva incominciato bene, poi quando ha posto l'accettazione di queste presupposizioni come necessarie per capire il senso del libro m'ha fatto cadere le palle, se si puo' passare sopra ai luoghi comuni sul nazismo non lo si puo certo fare con le fallacie.

— La parte di storia che abbiamo raccontato ieri rivelava il significato del mondo così come lo concepiscono i Prendi: il mondo è il supporto vita-le dell'uomo, un meccanismo destinato a produrre la vita umana e a darle sostentamento.
— Esatto.
— La parte di storia raccontata oggi, invece, sembra riguardare il destino dell'uomo. Ovviamente quel destino non era vivere come i leoni o le gaz-zelle.
— Certo.
— E allora qual è il destino dell'uomo?
— Mmm — feci. — Be'... il destino dell'uomo è realizzare... compiere grandi cose.
— Nel modo d'intendere dei Prendi, l'uomo ha un destino molto più pre-ciso.
— Be', credo che si possa dire che il destino dell'uomo è costruire la ci-viltà.
— Pensa mitologicamente.
— Temo di non sapere come.
— Ti farò un esempio. Ascolta.
Io ascoltai.
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— Come abbiamo osservato ieri, la creazione non ha certo avuto termine quando sono comparse le meduse, né quando sono comparsi gli anfibi o i rettili, e nemmeno quando sono comparsi i mammiferi. Secondo la vostra mitologia, ha avuto fine soltanto quando è comparso l'uomo.
— D'accordo.
— Ma perché il mondo e l'universo erano incompleti, senza l'uomo? Perché il mondo e l'universo avevano bisogno dell'uomo?
— Non saprei.
— Be', pensaci. Pensa al mondo senza l'uomo. Immagina il mondo senza l'uomo.
— Va bene — dissi, e chiusi gli occhi. Dopo un paio di minuti annunciai che avevo immaginato il mondo senza l'uomo.
— Come ti sembra?
— Non so. È il mondo, e basta.
— Tu dove sei?
— In che senso?
— Da dove lo guardi?
— Ah, dall'alto. Dallo spazio.
— Che cosa ci fai lassù?
— Non so.
— Perché non sei sulla superficie?
— Non so. Senza l'uomo... io sono solo un ospite, un alieno.
— Va bene. Adesso vai sulla superficie.
— Agli ordini — dissi, ma dopo un attimo fui costretto a confessare: — Strano, ho l'impressione che preferirei non scendere.
— Perché? Che cosa c'è che non va, laggiù?
Feci una risatina. — C'è la giungla.
— Capisco. Vuoi dire la natura, con le zanne e gli artigli insanguinati... I draghi primordiali che si confrontano nella melma.
— Appunto.
— E che cosa ti succederebbe se andassi laggiù?
— Diventerei uno di quelli che i draghi fanno a pezzi nella melma.
Aprii gli occhi giusto in tempo per vedere che Ishmael annuiva. — Ed è a questo punto che si comincia a capire dove l'uomo trova il suo posto nel-lo schema divino. Gli dèi non volevano che il mondo da essi creato fosse solo una giungla, vero?
— Vuoi dire nella nostra mitologia? Certo che no.
— Dunque, senza l'uomo il mondo era incompleto: non c'era altro che la natura, con zanne e artigli insanguinati. Era nel caos, in uno stato di anar-chia primordiale.
— Appunto, proprio così.
— E quindi di che cosa aveva bisogno?
— Aveva bisogno che venisse qualcuno a... a raddrizzare la situazione. Qualcuno che mettesse ordine.
— E chi mai avrebbe potuto raddrizzare la situazione? Che tipo di per-sona trova l'anarchia e mette ordine?
— Be'... un sovrano, un re.
— Certo. Il mondo aveva bisogno di un sovrano. Aveva bisogno del-l'uomo.
— Già.
— Quindi ci siamo fatti un'idea più chiara del significato della storia: il mondo è stato creato per l'uomo, e l'uomo è stato creato per governarlo.
— Sì, adesso è ovvio. Lo capirebbe chiunque.
— E che cosa sarebbe, questa?
— Come?
— È scienza?
— No.
— Allora che cos'è?
— È mitologia — risposi.
— Della quale non esiste traccia nella vostra cultura.
— Appunto.
Ancora una volta Ishmael mi guardò accigliato da dietro il vetro.
— Senti — gli dissi dopo un po'. — Quello che mi hai dimostrato, quel-lo che mi hai fatto capire... è quasi oltre il credibile. Me ne rendo conto. Solo che io non sono tipo da saltare su battendomi una mano sulla fronte e gridando: «Dio mio, è fantastico!»
Lui aggrottò la fronte con fare pensoso, prima di ribattere: — Perché? Che cosa c'è di sbagliato in te?
La sua preoccupazione sembrava così sincera che dovetti sorridere.
— Dentro è tutto congelato — risposi. — Come un iceberg.
Scosse la testa, dispiaciuto per me.
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— Per tornare al nostro argomento... Come tu stesso hai detto, c'è voluto molto tempo all'uomo per intuire di essere destinato a imprese più grandi di quelle che avrebbe potuto compiere vivendo come i leoni o le gazzelle. Per tre milioni di anni si è limitato a far parte dell'anarchia, è stato una del-le tante creature che si rotolavano nel fango.
— Giusto.
— Solo diecimila anni fa, finalmente, ha compreso che il suo posto non era nel fango. Doveva tirarsene fuori e prendere in mano la situazione per rimettere ordine.
— Giusto.
— Ma il mondo non si sottomise docilmente al dominio umano, vero?
— No.
— Al contrario, lo sfidò. Ciò che l'uomo costruiva veniva demolito dalla pioggia e dal vento. I suoi villaggi e i campi che sgombrava per le coltiva-zioni venivano reclamati dalla giungla. I semi che spargeva venivano man-giati dagli uccelli. I germogli che faceva crescere venivano infestati dagli
insetti. Le granaglie che raccoglieva erano preda dei topi. Gli animali che allevava venivano razziati da lupi e volpi. Montagne, oceani e fiumi resta-vano al loro posto e non si facevano da parte al suo passaggio. Terremoti, inondazioni, uragani, tormente e siccità non scomparivano al suo coman-do.
— È vero.
— E dal momento che il mondo non si sottometteva docilmente al suo dominio, che cosa doveva fare l'uomo?
— In che senso?
— Se un re arriva in una città che non si sottomette al suo dominio, che cosa deve fare?
— Conquistarla.
— Certo. Quindi l'uomo doveva conquistare il mondo, per diventarne il sovrano.
— Buon Dio! — esclamai... e quasi saltai dalla sedia battendomi una mano sulla fronte.
— Sì?
— Te lo ripetono cento volte al giorno. Accendi la radio o la televisione e te lo confermano una volta all'ora. L'uomo conquista i deserti, l'uomo conquista gli oceani, l'uomo conquista l'atomo, l'uomo conquista gli ele-menti, l'uomo conquista lo spazio...
Ishmael sorrise. — Non mi avevi creduto quando ti ho detto che questa storia è ambientale nella vostra cultura. Adesso te ne sei reso conto. La vo-stra mitologia culturale vi sussurra nelle orecchie così costantemente che nessuno vi presta attenzione. È logico che l'uomo conquisti lo spazio, l'a-tomo, i deserti, gli oceani e gli elementi. Secondo la vostra mitologia, era nato proprio per questo.
— Sì. Adesso è chiarissimo.
5
— Ora le due prime parti della storia si sono congiunte: il mondo è stato creato per l'uomo, e l'uomo è stato creato per conquistarlo e governarlo. Ma in che modo la seconda parte contribuisce a spiegare perché le cose sono andate così?
— Fammici pensare un attimo... Di nuovo, si tratta di un modo vigliacco per scaricare la responsabilità sugli dèi. Sono loro ad avere creato il mondo per l'uomo, e ad avere creato l'uomo per conquistarlo e governarlo... come
alla fine l'uomo ha fatto. Ed è per questo che le cose sono andate così.
— Scava. Va' più a fondo.
Per un paio di minuti tenni gli occhi chiusi e ci provai, ma non mi venne in mente niente.
Ishmael annuì rivolto alla finestra. — Tutto quello che è accaduto... i trionfi e le tragedie, le meraviglie e le miserie... sono un risultato diretto di... di che cosa?
Ci pensai per un po', ma non riuscii a capire dove voleva arrivare.
— Prova così — ritentò Ishmael. — Se gli dèi avessero voluto che l'uo-mo vivesse come i leoni o le gazzelle, le cose non sarebbero andate come sono andate, giusto?
— Certo.
— L'uomo era destinato a conquistare e governare il mondo. Quindi le cose sono andate così per diretta conseguenza del...
— Dell'inevitabilità che l'uomo realizzasse il suo destino.
— Naturalmente. Doveva realizzarlo, vero?
— Sì, senza dubbio.
— Quindi che c'è di strano?
— Giusto, hai ragione.
— Da come la vedono i Prendi, tutto ciò che è accaduto è semplicemen-te il prezzo dell'essere diventati umani.
— In che senso?
— Non era possibile diventare pienamente umani vivendo nel fango ac-canto ai draghi, giusto?
— Già.
— Per diventare pienamente umani, gli uomini dovevano tirarsi fuori dal fango. E il resto è una conseguenza di questo atto. Secondo i Prendi, gli dèi hanno concesso all'uomo la stessa scelta che hanno dato ad Achille: una vita breve e gloriosa oppure una vita lunga e anonima nell'oscurità. E i Prendi hanno scelto una vita breve e gloriosa.
— Sì, è un sottinteso comunemente accettato. La gente si limita a scrol-lare le spalle, e dice: «Be', questo è il prezzo da pagare per avere l'acqua corrente, il riscaldamento centrale, l'aria condizionata, l'automobile...». — Gli lanciai uno sguardo inquisitore. — E tu, invece, cosa dici?
— Dico che il prezzo che avete pagato non è quello di essere diventali umani. Non è neanche il prezzo dei vantaggi che hai appena elencato. È il prezzo richiesto per recitare una storia che colloca l'umanità nel ruolo di nemica del mondo.

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