Re: Le linee guida Usa: salutare la dieta vegetariana

Inviato da  Red_Knight il 18/9/2010 16:06:23
Santaruina mi ha fregato la domanda. Me l'ero sempre chiesta questa cosa.

Vorrei fare un'altra domanda.

Il motivo etico principale per cui non si mangia carne è che questa per ovvi motivi richiede l'uccisione di un animale vissuto per tutta la vita in condizioni terribil di sicura sofferenza.
Ora, questo vale senz'altro per manzi, agnelli, polli, conigli, maiali e quant'altro, animali cui saremmo perfettamente capaci di affezionarci perdutamente, ed è - che poi li si mangi comunque o no - facilmente percepibile come una cosa triste.

Quello che non capisco però è come si possa gettare nel minestrone la misera condizione di animali diversissimi tra loro.
Mi spiego meglio: gli animali in natura muoiono lo stesso, e in maniera sempre atroce, anche se non li ammazziamo noi. La Natura è più crudele di noi.
Ma giustamente si osserva che noi non siamo bestie, siamo evoluti, e abbiamo per tanto il dovere di trattare meglio gli animali. Concordo pienamente.

Ma mi sembra davvero difficile credere che la macellazione previa stordimento di animali anziani vissuti decentemente (dubito che capiti spesso, ma poniamo il caso) possa essere paragonabile all'allevamento intensivo. Indipendentemente da quanto si ritenga "sacra" la vita di un animale, non è sicuramente la stessa cosa. Magari vanno disapprovate entrambe, non lo so, ma non allo stesso modo.

Altro dubbio: la caccia è fortemente disapprovata. Non credo che avrei mai il coraggio di uccidere un animale, visto che provo pietà perfino per le zanzare, ma - a livello teorico, non conosco cacciatori di questo tipo - se andassi a caccia di animali deboli, già spacciati o quasi, e avessi cura di ucciderli nella maniera più rapida e indolore possibile, non sarebbe meritorio? Una fucilata ben mirata è sicuramente un atto pietoso rispetto allo sbranamento da parte di un predatore, alla morte per inedia, per una zampa rotta o per una malattia (la "morte naturale" è atroce, in natura).

Ancora un altro dubbio: gli animali marini sono ancora più sfigati di quelli terrestri. Se fra i mammiferi sembra vigere quasi una specie di "misericordia predatoria", dove lo sbranamento segue un morso alla giugulare, lo spezzamento del collo o la rottura del cranio (la povera preda soffre comunque, ma perde i sensi quasi subito), così non è in acqua, dove si viene praticamente tritati o digeriti vivi. In che modo la pesca costituisce un torto per la creatura pescata, vista l'alternativa?
Ma soprattutto, gli animali che non sentono dolore che problema etico pongono? In che modo mangiare una cozza è diverso dal mangiare una carota? L'unica differenza è tassonomicamente formale.

Infine: perché e, se la domanda ha senso, quando la vita di un animale dovrebbe aver valore? Ed ha valore quantitativamente o qualitativamente? Non sto dicendo che non ce l'abbia, anzi io ne sono convinto, ma secondo voi perché?

Ce ne sarebbero anche altre di domande simili, ma avete capito il tenore del mio discorso. Spero che non le consideriate domande provocatorie perché, ovviamente, non lo sono. Chiedo scusa qualora qualcuno le avesse già poste da qualche altra parte.

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