Re:

Inviato da  yarebon il 2/12/2005 21:50:01
già che ci sono posto l'articolo:

Ogni anno la terra trema sul nostro pianeta circa 600.000 volte per cui si può capire facilmente che il nostro è un pianeta vivo, con una dinamica geologica in evoluzione.

Il terremoto da sempre nella memoria dell’Uomo è come un mostro che compare all’improvviso per portarsi via non sappiamo quante vite umane innocenti, perché di fronte alla catastrofica manifestazione delle forze della Natura gli uomini sono davvero tutti uguali.
La sensazione che si prova da un po’ di tempo a questa parte è che si stia verificando, per cause sconosciute, un certo incremento dell’attività sismica su scala mondiale che coinvolge tutte le zone più a rischio ma anche zone che generalmente non sono colpite da terremoti da decine e centinaia di anni. Per poter affrontare questo delicato argomento cerchiamo di chiarire alcuni concetti fondamentali che ci permettano di comprendere la natura di un terremoto e la struttura della terra.

La struttura della Terra
Lo sviluppo delle scienze geologiche, da due secoli a questa parte, ha permesso di comprendere quale sia la struttura geofisica del pianeta, anche se occorre ancora fare molti passi in avanti prima di poter avere la certezza di quale sia la struttura effettiva dell’interno della terra.
Infatti i metodi di scavo e trivellazione del suolo terrestre hanno permesso di giungere ad una profondità di circa 20 km, ben poca cosa rispetto ai circa 6.378 km del raggio terrestre.
Sono state comunque elaborate diverse teorie e modelli geofisici della struttura interna del pianeta sviluppati sulla base dei metodi di indagine fondati sullo studio delle onde sismiche. Tra tutti i modelli realizzati quello prevalso prevede la struttura della terra fondata su tre "strati" o settori:
Procedendo dall’interno della terra abbiamo il Nucleo, che è la parte più interna, con un raggio di circa 3.450 km; si suppone che sia costituito da leghe di ferro allo stato liquido o semiliquido con una temperatura compresa fra i 3.000 e i 6.000 °C. Si ritiene che il nucleo possa contenere un più piccolo nucleo solido.
Il secondo strato sarebbe rappresentato dal Mantello, con un raggio di circa 2.900 km probabilmente composto da silicati ricchi di ferro e magnesio. Dopo anni di studi gli scienziati sono giunti alla conclusione che il Mantello sia allo stato solido anche se soggetto a lente deformazioni dovute alle sue proprietà plastiche. Non essendo uniforme è possibile distinguere una zona esterna, più rigida, una intermedia, più plastica ed una interna più fluida.
Il terzo strato sarebbe formato dalla Crosta terrestre che ha uno spessore compreso fra i 35 e i 50 km (da 5 a 8 km per la crosta oceanica). La crosta terrestre poggia dunque sullo strato più esterno del Mantello che fino in profondità appare rigido. L’insieme della crosta terrestre e dello strato più rigido del Mantello viene chiamata Litosfera, mentre il resto del Mantello viene definito Astenosfera. La Litosfera secondo la teoria della tettonica a zolle è suddivisa in 6 zolle più grandi e da circa una decina di zolle più piccole che si muovono ad una velocità media di circa 1-10 cm l’anno (per esempio quella eurasiatica circa 10-13 cm l’anno). Queste sono costituite dalla crosta terrestre e da parte del Mantello, hanno forma sferica ed una profondità di circa 100 km. Tutte le zolle sono in movimento a causa dei moti convettivi esistenti all’interno del Mantello, che hanno permesso anche di spiegare, oltre alla natura dei terremoti, anche il meccanismo di evoluzione della crosta e dei fondali oceanici.

Che cos'è un terremoto
I terremoti sono definiti come movimenti rapidi della crosta terrestre dovuti alla propagazione di onde sismiche che vengono generate dall’improvvisa liberazione dell’energia meccanica accumulata nelle rocce.
Il punto del sottosuolo in cui vengono generate le onde sismiche viene definito ipocentro mentre la sua proiezione sulla superficie terrestre viene definito epicentro.
Gli eventi sismici vengono classificati come superficiali, intermedi o profondi a seconda della profondità dell’ipocentro, variabile, generalmente tra pochi km fino a oltre 700 km.
Le onde sismiche generate dal terremoto sono state distinte in Primarie, Secondarie e Superficiali.
Quelle Primarie (velocità di propagazione tra 5,5 e 13,6 km/s) e Secondarie (tra 3,5 e 7,3 km/s) vengono prodotte dall’ipocentro, mentre quelle Superficiali (3,5 km/s) si generano dall’epicentro.
Gli studiosi hanno scoperto che le onde primarie e secondarie sono generatrici dei movimenti sussultori, mentre quelle superficiali provocano i movimenti orizzontali o ondulatori.
Lo studio dei terremoti ha portato alla loro classificazione in base all’intensità del fenomeno registrato e alla quantità di energia liberata; si sono così definite delle scale di misurazione di cui le più famose sono quella Mercalli, che esprime la violenza apparente del terremoto e quella Richter, che esprime la quantità di energia prodotta nel suo epicentro.

Quanto detto ci permette di comprendere quali siano i meccanismi geofisici che stanno alla base, secondo le più consolidate tesi sulla geologia del pianeta, dell’attività sismica.
Occorre riflettere su una serie di considerazioni importanti che si possono fare e che possibilmente devono essere sempre suffragate da prove sperimentali o quantomeno fondate su dati reali di cui possiamo disporre.
Da alcuni anni si fa sempre più viva la sensazione che l’attività sismica sia in aumento, sia in termini di frequenza degli eventi sismici, sia in termini di energia prodotta, sia in termini di localizzazione in luoghi non classicamente colpiti da questa calamità.
Si può citare il fatto che nel 2002 e nel 2003 si sono verificati forti terremoti (di Magnitudo 4,8 Richter, le più forti da oltre 10 anni) in paesi come la Gran Bretagna, che generalmente non sono colpiti da sismi o che comunque non sono ricordati per una forte attività sismica.
Il senso di smarrimento e di angoscia per le recenti tragedie che hanno colpito molti popoli si somma a mille domande alle quali gli scienziati stentano a fornire una risposta. Perché così tanti terremoti e con questa sequenza spaventosa?
In passato si aveva notizia di terremoti molto forti, devastanti, che provocavano anche migliaia di morti, ma a distanza di molti anni l’uno dall’altro. Adesso abbiamo una sequenza che sembra aver subito un’accelerazione dall’agosto del 1999, quando si verificò il terremoto di Izmit in Turchia che provocò la morte di oltre 17.000 persone.
In sequenza si verificarono, in settembre, quello in Grecia (141 morti) e quello di Taiwan (oltre 2.500 morti), ancora in Messico a settembre (35 morti), ancora in Turchia in novembre (894 morti), poi ancora in Algeria in dicembre (24 morti); nel 2000 l’anno iniziò con un forte terremoto che in gennaio devastò oltre 3600 abitazioni nella regione dello Yunnan in Cina (7 morti). A marzo una forte attività sismica nella zona del vulcano Usu in Giappone obbligò le autorità ad evacuare oltre 15.000 persone per i rischi connessi all’eruzione dello stesso.
Anche in Italia non si scherza perché il 1° aprile un forte terremoto nella zona dei Monti Tiburtini comportò lo sfollamento di 600 persone con danni alle case (chi sa che fine ha fatto quella gente, i media tendono a dimenticare facilmente).
Il 4 maggio, giorno antecedente alla famosa congiunzione di cinque pianeti attesa da 6.000 anni, si verificò un forte terremoto nella provincia del Banggai, in Indonesia, che provocò la morte di 46 persone e la distruzione del 95% dei villaggi costieri della zona. Poi ancora il 4 giugno un forte terremoto al largo delle coste di Sumatra (Indonesia) provocò la morte di 103 persone. Negli stessi giorni di giugno 2000 la terra tremò ancora a Taiwan (2 morti e 36 feriti), a Kankiri in Turchia, in tutto il nord Italia (Magnitudo 4,7 con danni nella zona di Reggio Emilia), mentre in luglio un forte terremoto uccise 7 persone in Nicaragua; nello stesso mese la terra tornò a tremare in Giappone (400 sfollati per danni materiali) dove la terra tremò ancora il 6 ottobre proprio mentre si teneva il Gran Premio di Formula 1. Alla fine di novembre un sisma di magnitudo 6,0 Richter colpì l’Azerbaijan con oltre 30 morti e centinaia di feriti. Così pure in dicembre il Turkmenistan fu colpito da un terremoto di Magnitudo 7,2 che provocò 11 morti.
Il 2001 iniziò subito tragicamente con il terremoto che colpì El Salvador il 13 gennaio provocando 2.800 morti e oltre 5.000 feriti. Il 26 gennaio un terremoto catastrofico si abbatté sulla zona di Bhuj in India provocando la morte di oltre 30.000 persone e la distruzione totale dei villaggi della zona, con oltre 200.000 feriti. La terra tornò a tremare in El Salvador il 13 febbraio provocando la morte di oltre 300 persone, mentre risultarono disperse oltre 3.000 persone. A fine febbraio la terra tremò a Seattle negli Usa provocando un morto e danni alle strutture per 1 miliardo di dollari. Altri terremoti forti fra febbraio e maggio si verificarono in Indonesia, Afghanistan e in Asia centrale, mentre in giugno un terremoto di Magnitudo 8,4 Richter colpì il Perù provocando la morte di oltre 100 persone e il ferimento di 2.700 persone danneggiando oltre 17.000 edifici. Tale sisma, uno dei più forti da un secolo a questa parte, fu registrato perfino dall’Istituto delle Scienze della Terra di Strasburgo, mentre negli stessi giorni venivano evacuate oltre 10.000 persone nelle Filippine a causa dell’eruzione del vulcano Mayon. In luglio riprese l’attività sismica ed eruttiva dell’Etna e proprio in quei giorni la terra tremò nel nord Italia provocando la morte di 4 persone. Da più parti si fece l’ipotesi che vi fosse una relazione tra l’attività eruttiva dell’Etna ed i terremoti che colpirono l’Italia in quel periodo, cosa che fu categoricamente smentita dagli studiosi che si affrettarono a tranquillizzare l’opinione pubblica sulla non esistenza di un rapporto di causa-effetto tra tali eventi calamitosi. All’inizio di agosto un forte terremoto nell’isola di Nias, Indonesia, provocò una frana che uccise 62 persone. Verso la fine del 2001 si verificarono altri terremoti di Magnitudo superiore a 6,5-7 Richter in Giappone, Indonesia, Papua Nuova Guinea senza provocare morti.
Questa sequenza di morte è continuata anche nel 2002 che iniziò con un forte terremoto a gennaio nel Tajikistan provocando la morte di 3 persone e il ferimento di oltre 50 persone. A metà gennaio vi fu un forte terremoto che colpì la zona del lago Tanganica con l’eruzione del vulcano Nyragongo che provocò la morte di 47 persone e la distruzione totale di alcuni villaggi della zona epicentrale. Testimoni, tra cui anche missionari cattolici residenti in Congo, dissero di aver visto colate di fango spazzare via interi villaggi e le persone scappare in mezzo alla melma. All’inizio di febbraio un nuovo terremoto colpì la zona di Isparta in Turchia uccidendo 45 persone e ferendone centinaia. All’inizio di marzo l’Afghanistan fu colpito da un sisma di Magnitudo 7,4 nella zona della catena dell’Hindu Kush, con la morte di 150 persone e un bilancio di alcune decine di feriti. Neanche il tempo di contare i morti di quest’ultima catastrofe che il 25 marzo la terra tremò di nuovo sempre in Afghanistan, provocando oltre 1.000 morti e 3.000 feriti, e un bilancio di 10.000 persone senza tetto. Qualche giorno dopo la terra tremò, Magnitudo 7,1 a Taiwan provocando la morte di circa una ventina di persone e danneggiando gli edifici. Appena il tempo di piangere i morti del terremoto in Afghanistan e in aprile la terra tremò ancora nella zona di Kunduz, catena dell’Hindukush, con 50 morti e 200 feriti. In aprile la terra trema anche nel New England, negli Usa, e nell’isola di Guam, a circa 5000 km dalle Hawaii, danneggiando le infrastrutture. In giugno un forte terremoto colpisce la zona di Qazvin, nell’Iran settentrionale, provocando 261 morti e 1.300 feriti, con danni ingenti; il 31 luglio la terra trema in Costa Rica, provocando decine di feriti e crolli di edifici. Il terremoto colpisce anche la città di Palermo il 6 settembre, con epicentro in mare, provocando 3 morti e danni agli edifici; inizia una sequenza sismica che durerà alcune settimane. A settembre un forte terremoto, di Magnitudo 7,6 Richter, colpisce Papua Nuova Guinea provocando 3 morti e danni ingenti. Il 31 ottobre un violento sisma di Magnitudo 5,9 colpisce la zona di San Giuliano di Puglia in provincia di Campobasso facendo crollare parti di una scuola elementare mentre i bambini erano in classe. In tutto 29 vittime. Le indagini aperte dalla magistratura hanno accertato che una parte dei locali forse non era a norma di legge ma la verità forse non la sapremo mai. In novembre la terra trema in Indonesia, provocando un maremoto che si abbatte sulle coste provocando 35 feriti. Negli stessi giorni la terra trema in Pakistan provocando 8 morti.
Infine il 2003 si è aperto con un forte terremoto nella zona di Shiraz, in Iran, provocando decine di feriti e danni agli edifici. Il 21 e 22 gennaio la terra trema in Guatemala e Messico causando oltre 30 morti e centinaia di feriti. In febbraio la terra trema nella zona dello Xinjang in Cina causando 263 morti e oltre 4.000 feriti. Il 1° maggio altro terremoto nella Turchia orientale, di magnitudo 6,4 causa 200 morti e migliaia di feriti. La sera del 21 maggio la terra trema in Algeria, con epicentro in mare a 7 km da Boumerdes, causando 2.000 morti e migliaia di feriti. Come conseguenza un’onda anomala ha colpito le coste spagnole e le isole Baleari. In giugno un forte terremoto, magnitudo 7,1 colpisce una zona per fortuna disabitata della foresta dell’Amazzonia in Brasile. Il 25 settembre terremoto di magnitudo 8,3 nell’isola di Hokkaido in Giappone con oltre 100 feriti. Due giorni più tardi la terra trema nella Russia orientale provocando danni ingenti e obbligando le autorità a evacuare dei villaggi. Ancora in Cina la terra trema due volte in ottobre provocando una ventina di vittime e danni ingenti. Ancora fortissimi terremoti si verificano in questo periodo e fino a novembre in Giappone, in Asia centrale e in Alaska. Il 2003 si conclude con una sequenza impressionante di eventi sismici in dicembre che colpiscono l’America centrale, 3 morti e centinaia di feriti, a cui fa seguito lo spaventoso terremoto del 26 dicembre di magnitudo 6,7 che ha colpito la città e l’antico sito di Bam, in Iran, provocando la morte accertata di 30.000 persone e oltre 50.000 feriti. Quest’ultimo spaventoso sisma ha distrutto l’antico sito archeologico di Bam che resisteva da duemila anni. Ancora il bilancio ufficiale non è stato fornito ma si parla di oltre 50.000 morti. Nei giorni successivi un’altra incredibile sequenza di terremoti di magnitudo superiore a 6-7° Richter colpisce la zona delle isole Loyalty.
Vedremo quello che accadrà nel 2004; per ora possiamo dire che il bilancio degli ultimi 5 anni (1999-2003) è spaventoso; fra morti e dispersi vi sono oltre 112.000 vittime in tutto il mondo con danni economici per oltre 10 miliardi di dollari. Queste sono le cifre nude e crude su cui occorre riflettere attentamente per capire l’entità del fenomeno che abbiamo davanti. Da parte loro gli scienziati cosa rispondono? Gli studiosi che non si riconoscono in tesi catastrofiste tendono a tranquillizzare l’opinione pubblica affermando che si tratta di fenomeni normali legati all’attività sismica delle zone classiche del pianeta, tra cui la "Cintura di fuoco" del Pacifico e tutti i terremoti avvengono in prossimità delle zone di scorrimento delle zolle e dove sono attive delle faglie.
Alcuni eminenti studiosi italiani, che ricoprono cariche importanti, hanno affermato nel 1999 che ogni anno si verificano circa una dozzina di eventi sismici di magnitudo superiore a 7° Richter; successivamente hanno corretto il tiro affermando che ogni anno vi sono circa una ventina di terremoti di magnitudo superiore a 7, quindi la stima è al rialzo.
Gli scienziati che devono fornire delle risposte ad un’opinione pubblica sempre più preoccupata hanno affermato che l’attività sismica è stata sempre la stessa negli ultimi anni, ma la sensazione è che vi siano più terremoti perché il progresso dei mezzi di comunicazione di massa ha permesso di avere notizie in tempo reale da tutto il mondo. Ci meravigliamo che persone di così grande intelligenza si perdano dietro a ragionamenti di siffatta portata.
Se è vero che lo sviluppo tecnologico ci ha permesso di avere notizie in tempo reale da tutto il mondo, è pur vero che lo stato della tecnologia ci permetteva di avere notizie dal mondo in poco tempo anche nel 1920 o nel 1930. Con l’invenzione delle telescriventi svariate notizie di cronaca dall’Australia come dal Giappone o dall’America latina facevano il giro del mondo in pochi giorni, per cui un disastro naturale era alla portata di tutti i giornalisti di ogni brava redazione che si rispettasse.
Altra argomentazione usata dagli studiosi è che per coincidenza questi eventi sismici hanno colpito zone densamente popolate, causando le vittime di cui abbiamo dato le cifre più sopra. Anche questo è vero solo in parte, poiché alcuni sismi come quello che ha colpito l’Alaska nel novembre del 2002 con magnitudo 7,9 e altri ancora di magnitudo elevata sono avvenuti in zone non abitate, perché altrimenti avremmo contato non centomila vittime ma oltre mezzo milione, e questo semmai accresce l’allarme per il futuro.
Ciò che spaventa, e che gli studiosi non sono in grado di spiegare, è l’incremento della frequenza degli eventi sismici e l’incremento di quelli di magnitudo elevata. Se andiamo a guardare i dati storici in possesso degli archivi degli istituti di geofisica come quello degli USA e registrati nei bollettini sismici, è possibile notare un incremento sicuro dell’attività sismica almeno dal 1994.
Compito degli scienziati sarebbe quello di studiare il fenomeno e fare delle previsioni per il futuro, possibilmente attendibili, ma qui si vogliono chiudere gli occhi di fronte alla realtà di un fenomeno in evoluzione.
Da un lato abbiamo gli scienziati meramente attualisti, per i quali tutti i cambiamenti sono avvenuti nel corso di milioni di anni e quindi non c’è niente di cui preoccuparsi, mentre dall’altro abbiamo i catastrofisti che espongono in modo agguerrito le loro ragioni, legate al verificarsi di eventi improvvisi come terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni, inondazioni che possono alterare la vita sulla terra e portare alla fine della civiltà.
Per il bene comune dell’umanità sarebbe bello che tutte le intelligenze si unissero per risolvere i problemi di diversa natura che attanagliano l’uomo di fronte all’incognita del disastro naturale.
Che cosa ci nasconde il silenzio degli scienziati?
Per capire l’entità del fenomeno che abbiamo davanti occorre fare una serie di brevi considerazioni che saranno utili per poter fornire un giudizio sul modo in cui sia stata affrontata la questione da un punto di vista scientifico.
Quando il 17 agosto 1999 si verificò il terremoto di Izmit in Turchia, la notizia fece il giro del mondo colpendo l’opinione pubblica per il numero dei morti, ma pochi fecero attenzione al fatto che tale evento determinò la frattura della faglia che attraversa l’Anatolia nord-occidentale; l’effetto fu quello di provocare lo "scivolamento" delle coste della Turchia di 2 metri in direzione della Grecia (dico 2 metri non 2 centimetri). Inoltre alcuni villaggi della zona furono invasi dalle acque e i rilievi circostanti alla zona dell’epicentro si alzarono di 50 cm; uno scenario apocalittico.
Analogamente si può dire che il terremoto che colpì il Perù nel giugno del 2001 provocò un innalzamento del livello delle acque di circa 2 metri nella zona di Hilo.
Il terremoto di 7,9° Richter che colpì l’Alaska il 3 novembre 2002 provocò la rottura della faglia Denali, per circa 300 km, una faglia trascorrente destra lunga circa 700 km in tutto. Ciò che impressiona è che tale rottura determinò uno spostamento superficiale dei due lati della faglia di circa 10-15 metri.
Il terremoto di Bhuj in India del 26 gennaio 2001 provocò nella zona desertica a nord dell’epicentro il fenomeno della liquefazione che fece tornare in superficie falde acquifere o corsi d’acqua sommersi da molti anni.
Fenomeni analoghi possono essersi verificati anche negli altri casi. Qual è la forza scatenante di questi fenomeni?
Abbiamo visto che lo spostamento delle zolle in cui è divisa la litosfera determina l’accumulo di energia nelle rocce presenti nella crosta terrestre, energia che quando raggiunge un punto di rottura viene liberata sotto forma di onde sismiche. Ma perché questo fenomeno sembra in aumento? È questo che gli scienziati debbono cercare di chiarire, così come sono da chiarire molti aspetti delle teorie attualiste che sono completamente disattese dai dati che sono a nostra disposizione.
La civiltà umana è sopravvissuta abbastanza a lungo per arrivare a capire che le teorie puramente attualiste non sono soddisfacenti per spiegare l’evoluzione della storia geologica del pianeta. Vi possono essere improvvisi fenomeni disastrosi che modificano letteralmente il paesaggio determinando quella rimodellazione che fino a qualche tempo fa sarebbe stata impensabile agli occhi degli studiosi di queste discipline.
Quanto detto valga per una riflessione attenta sul fenomeno che abbiamo di fronte e sul giudizio che si può fornire sulla validità dei metodi scientifici adottati per capire l’evoluzione futura.
Recenti scoperte relative alla concentrazione di gas e sulla conduttività elettrica delle acque delle zone epicentrali prima del verificarsi dell’evento sismico, hanno riacceso la speranza di poter prevedere i terremoti, anche se attualmente lo studio di previsione si fonda sull’analisi storica dei dati disponibili e sulle previsioni relative all’accumulo medio di energia che possa scatenare l’attività sismica.
Se per esempio si valuta che occorrano circa 30 anni per accumulare l’energia che scatena il sisma nella zona interessata, allora a parità di altre condizioni si prevede che nei prossimi 30 anni si verifichi un terremoto di quella intensità e magnitudo prevista. Ma purtroppo questa previsione non dice quando ciò avverrà. Questo è esattamente ciò che hanno fatto gli scienziati per il famoso Big One che dovrebbe radere al suolo diverse zone della California nei prossimi 20 anni.
Allo stesso modo nell’ottobre del 2001 la Commissione Grandi Rischi del governo giapponese si è riunita per stabilire il piano di emergenza per i terremoti dei prossimi 30 anni. Da questo rapporto si deduce che nei prossimi 20-30 anni i sismologi giapponesi si aspettano di vedere un incremento dell’attività sismica nelle zone costiere sia occidentali che orientali con eventi di magnitudo superiore a 8° Richter con effetti devastanti per eventi sismici con epicentro nell’oceano pacifico. Si dimostra così come gli scienziati giapponesi abbiano fiutato qualcosa. Ma che cosa?
Di quali informazioni dispongono gli scienziati, al punto da essere allarmati dall’attività sismica prossima futura e tali da dover essere tenute riservate e non di dominio pubblico?
Il sospetto fondato che si può esprimere è che il nostro pianeta, in un futuro prossimo, possa andare incontro a grandi cambiamenti che riguardano non solo il clima e gli oceani ma anche la struttura del suo campo magnetico, con effetti che non sono noti e nemmeno facilmente prevedibili.
Per avere un’idea dei grandi cambiamenti che ci attendono basta pensare che l’analisi chimica dei campioni di magma emessi dall’ultima eruzione dell’Etna del 2001 ha dimostrato la presenza di un minerale che non era presente sulla superficie terrestre da oltre 15.000 anni.
Torneremo su queste argomentazioni con un altro articolo; per ora possiamo dire che gli echi di antiche profezie sulla fine del mondo tornano a farsi sentire in questo periodo a cavallo tra i due millenni facendo rivivere nella memoria dell’Uomo antiche paure che sono già state vissute, ma che possono avere anche un fondamento, poiché la memoria storica dell’umanità è fondata su fatti reali che nel corso di migliaia di anni possono diventare mito o leggenda.

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