Re: l'angolo dei Libri

Inviato da  Floh il 15/9/2011 23:02:18
Giuseppe De Lutiis
I servizi segreti in Italia - Dal fascismo all'intelligenece del XXI secolo

La ricostruzione dell'attivita' antidemocratica svolta dai Servizi segreti Italiani basata su atti processuali , deposizioni, verbali d'interrogatori e relazioni di commissioni parlamentari.

Trovo che il libro permetta di avere una buona panoramica fattuale degli avvenimenti piu' cruenti ed eversivi della storia italiana e delle indagini giudiziare svolte su di essi.
Il testo permette in oltre di notare il continuum esistente tra le milizie fasciste e la maggioranza degli uomini del "nostro" servizio sergeto.

Un piccola intervista a Giuseppe De Lutiis

http://www.youtube.com/watch?v=dpITPbefu2E

La tematica e' la stessa del testo consigliato da Florizel che intendo presto leggere.

Voglio riportare un paragrafo come antipasto a testimonianza della validita' del testo

Cap. 7 L'azione dei servizi a tutela dell'illegalita'

Par. 1 Il sabotaggio delle istruttorie

Con il capitolo precedente siamo giunti alle soglie della riforma del 1977. Ci sembra pero' utile, a questo punto tornare su alcuni episodi che avevano caratterizzato l'attivita' di settori dei servizi segreti nel decennio precedente, per cercare di individuare le linee portanti dei loro comportamenti nei confronti della magistratura.
Crediamo si possa traquillamente affermare che esse si identificavano, salvo eccezioni, in una costante tutela dell'illegalita', intesa sia come protezione dei responsabili di gravi fatti eversivi, sia come abituale depistaggio delle indagini su quei fatti, sia infine al continuo ricorso al comodo paravento del "segreto politico-militare", anche quando era evidente che esso veniva invocato per coprire verita' scottanti.
Da questa continua opera d'intralcio erano inevitabilmente derivate le sentenze assolutorie, da quella per le bombe di Trento a quelle per le stragi di piazza Fontana, di Brescia e dell'Italicus.
Il sabotaggio delle istruttorie aveva origini lontane: nel secondo capitolo abbiamo visto che nel 1944 il colonnello dei carabinieri Romano Dalla Chiesa - padre dei generali Carlo Alberto e Romolo - aveva esercitato indebite pressioni sul giudice che indagava sull'attivita' delittuosa di Roatta, per impedirne l'incriminazione. Nelle settimane successive, andato a vuoto il tentativo di intimidazione e dopo l'arresto del generale (Roatta), un'imponente mole di verbali e di "rivelazioni" fu fatta pervenire anomnimamente al magistrato.
Amche questa e' una tecnica a cui ricorevano settori dei servizi segreti, quando vedevano fallire altri metodi di intralcio delle indagini scomode. Di fronte a una cosi' imponente massa di dati, il giudice era inevitabilmente costretto ad abbandonare - sperava solo temporeamente - le piste seguite fino a quel momento, per controllare i nuovi elementi emersi. La manovra di settori dei servizi era spesso affiancata da un'accorta campagna di stampa, che valorizzava i nuovi elementi e tendeva a svalutare quelli acquisiti dal giudice, basati su indizi faticosamente raccolti in mesi di duro lavoro. Frastornato dalla mole di documenti piovuti improvvisamente il magistrato difficilmente aveva il tempo di tornare a battere le sue piste, anche perche' nel frattempo non mancano paterne esortazioni a chiudere un'istruttoria nella quale erano state raggiunte ormai prove testimoniali cosi' gravi.
Poi, in sede provessuale i supertestimoni spesso ritrattavano o ridimensionavano la portata delle loro affermazioni, in modo da permettere assoluzioni per insufficenza di prove.
Questa tecnica, con qualche variante, fu applicata anche nei confronti del magistrato che indagava sulla Rosa dei venti. Dopo aver tentato per molti mesi di impedire al giuadice Tamburino di condurre in porto la sua istruttoria, i servizi segreti cambiarono improvvisamente tattica: il generale Alemanno si presento al magistrato padovano dicendosi pronto a collaborare, e contemporaneamente comparvero vari "supertestimoni" desiderosi di fare fiumi di rivelazioni. ma il giudice non si lascio' depistare e dopo qualche settimana intervenne la Corte di Cassazione che gli sottrasse definitivamente l'istruttoria.
Anche gli interventi della magistratura superiore, attraverso l'uso esagerato della dell'istituto di avocazione o del trasferimento di istruttorie scottanti, costituirono uno dei mezzi piu' efficaci di tutela dell'illegalita'. In molti casi le procure generali agirono su direttive politiche o di settori dei servizi segreti. Il primo episodio clamoroso avvenne nell'estate del 1968, in occasione delle indagini sul suicidio del colonnello Renzo Rocca, l'ex capo dell'ufficio REI e del SIFAR e del SID. L'intervento del servizio segreto in quell'occasione, fu di estrema pesantezza e configuro' autentici reati.
Appena aprreso della morte del colonnello, ben tre ufficiali del SID vennero inviati sul posto. Essi sostennero poi di essersi limitati a constatare la veridicita' della notizia del decesso, senza neppure entrare nell'appartamento. Era un'affermazione incredibile, contraddetta da indiscrezioni di stampa che parlavano del prelievo di molti documenti.
Ma le illegalita' piu' pesanti dovevano ancora venire. Il SID suggeri' alla procura della Repubblica di Roma di affiancare al giudice un rappresentante del servizio, che avrebbe avuto il compito di tutelare gli "eventuali" documenti segreti che fossero stati scoperti tra le carte di Rocca. Il magistrato Ottrino Pesce respinse il "suggerimento", sia perche' il SID non aveva poteri in sede processuale, sia perche' la tutela di "segreti eventuali" era ed e' un'assurdita' giuridica. Le risposte del giudice non piacquero pero al procuratore generale Guarnera, che convoco' il magistrato e gli annuncio' di aver ricevuto la visita del capo del SID, Henke, che gli aveva rinnovato la richiesta di affinacare al giudice un ufficiale del servizio. dopo il nuovo rifuto di Pesce, le pressioni di guarnera si fecero sempre piu' pesanti e quando il magistrato si reaco' nell'ufficio di Rocca e sequestro' un ingente quantitativo di documenti, Guarnera gli intimo' di non esaminarli se non con "l'assitenza" di un uomo del SID. Dopo una serie ulteriore di scontri e vista la determinazione di Pesce, il procuratore generale avoco' l'istruttoria, dichiarando, in una conferenza stampa di aver agito "nell'interesse del paese" e "per meglio approfondire le indagini". Ovviamente nessun ulteriore atto istruttorio fu espletato sui molti aspetti oscuri di quello strano "suicidio".
Veniva cosi' impedito per sempre che si indagasse sulle illegali attivita' di Rocca come intemediario di traffici d'armi e come reclutatore di milizie parallele da utilizzare con compiti di provocazione.

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