Re: Perchè è nato il concetto di Dio?

Inviato da  Pausania il 25/4/2006 19:02:57
Citazione:
Hai evidentemente saltato un pezzo della spiegazione (o, più probabile, non mi sono fatto capire! ^^): il nodo sta nel concetto di perfezione in sè. Per parlarne, come per negarlo, devi averlo assunto in mente. Ma se l'hai assunto (o l'hai determinato? O creato? Su questo si potrebbe discutere...), in quanto concetto di perfezione, non può che esistere, poichè la perfezione implica l'esistenza in sè (altrimenti, non si parlerebbe di perfezione). Come ragionamento non fa una piega, e non mi pare che qualcuno sia ancora riuscito a smontarlo, proprio in virtù della sua evidenza.


In realtà Kant lo ha smontato. Un riassunto

" [...] nella Dialettica trascendentale Kant critica radicalmente la prova ontologica. Tale critica è molto articolata e di fatto si basa sul fatto che Cartesio include l’esistenza fra le perfezioni attribuibili a Dio. Kant riesce a dimostrare che l’esistenza non è una delle perfezioni possibili di Dio: ogni esistenza, e tra queste l’esistenza di Dio, non costituisce una perfezione, non è un predicato. L’esistenza non è un predicato reale, non è un predicato in generale. Se noi per affermare l’esistenza di Dio formuliamo una proposizione del tipo Dio è esistente, allora attribuiremo a Dio l’esistenza come suo predicato, come sua qualità. Tutte le altre perfezioni di Dio sono attribuibili a Lui come predicati ella soggettività di Dio. Potremmo dire ad esempio Dio è onnipotente, in quanto l’onnipotenza è un predicato incluso nello stesso soggetto della proposizione, il predicato infatti non fa che esplicitare analiticamente a priori una caratteristica del soggetto: la copula nel giudizio in questione ha mero valore logico, in quanto unisce semplicemente in maniera analitica il predicato al soggetto, esplicitando una caratteristica del soggetto già implicita in esso, ma senza voler esprimere l’esistenza di Dio onnipotente. La copula nel giudizio analitico non può valere essa stessa come predicato: dicendo che Dio è onnipotente noi non intendiamo che Esiste un Dio che è onnipotente. Non possiamo dire che Dio sia esistente, in quanto l’esistenza non è una sua predicabile qualità e non è inclusa nella sua soggettività. L’esistenza è qualcosa che solo in una fase successiva, sintetica, possiamo aggiungere a questo soggetto: l’esistenza non è un predicato. Esempio di giudizio analitico a priori: il triangolo ha tre lati. Si tratta di un’affermazione nella quale il fatto di avere tra lati non fa che esplicitare analiticamente ciò che è contenuto nel soggetto. Ma con ciò non avremo affermato l’esistenza del tale triangolo che dobbiamo descrivere. Lo stesso ragionamento vale per Dio: se noi diciamo che Dio è onnipotente, non ne affermiamo l’esistenza. A tal proposito Kant riporta l’esempio della moneta da cento talleri, che certamente nella sua identità è qualcosa di chiaramente pensabile, numericamente ineccepibile, ma nella sua effettiva realtà sarà esperibile solo attraverso la posizione stessa della cosa, la sintesi con l’esperienza e con l’intuizione sensibile. Non accade che l’idea di cento talleri aggiunga o diminuisca di un centesimo la loro quantità, ovvero l’essenza stessa della moneta in questione nella sua effettiva realtà. I cento talleri pensati dalla mia mente o i cento talleri che effettivamente posso possedere, da un punto di vista di definizione della cosa, sono esattamente identici, eppure l’esistenza è qualcosa di diverso. Lo stesso vale per Dio: Dio non fa eccezione rispetto a qualsiasi altro ente relativamente all’esistenza. Anche la sua esistenza non è un predicato, ma un’esistenza che può essere colta attraverso un intuizione sensibile. Ma Dio è un’idea della ragione, che sfugge a qualsiasi sensibilità, dunque la sua esistenza no è sintetizzabile. Eppure Dio è l’idea inevitabile, l’idea per eccellenza della ragione stessa. Se la ragione vuole pensare, allora non potrà fare a meno di ricorrere all’ideale trascendentale, incondizionata condizione di ogni realtà e complessività di ogni possibilità pensabile presupposta necessariamente alla pensabilità di ogni singolarità determinata. Nel tentativo di avvicinarci all’ideale trascendentale siamo ribaltati da un’idea all’altra, senza poter trovare un fondamento su cui basarci. Kant sinteticamente riassume il procedere della prova cosmologica e di quella ontologica, facendo notare come l’una rinvii all’altra senza soluzione di continuità e senza la possibilità di una risoluzione del nodo problematico ad esse sotteso. Infatti incisivamente il filosofo afferma che “l’intero compito dell’ideale trascendentale si riduce a questo: o trova per la necessità assoluta un concetto o per il concetto di una qualche cosa la necessità assoluta di questa”. [...]"

"Le nostre idee non oltrepassano la nostra esperienza; noi non abbiamo esperienza delle operazioni e degli attributi di Dio; non ho bisogno di concludere il mio sillogismo e potete ricavare voi stesso la conclusione. [...] Comincerò con l’osservare che c’è un’evidente assurdità nel pretendere di dimostrare una cosa di fatto, o di provarla con qualche argomento a priori. Niente è dimostrabile all’infuori di ciò il cui contrario implica contraddizione; niente di ciò che si può distintamente concepire implica contraddizione; tutto ciò che concepiamo come esistente, lo possiamo anche concepire come non esistente. Non c’è dunque un Essere la cui non esistenza implichi contraddizione. Per conseguenza non c’è un Essere la cui esistenza sia dimostrabile. [...]"

David Hume, Dialoghi sulla religione naturale, in Opere filosofiche, vol. IV, Laterza, Roma-Bari 1987, pp. 56-58 e 74-75.

Il ragionamento fa molte pieghe a dire il vero: se io penso ad una sfinge ciò non significa affatto che la sfinge esista. Potrei forse dimostrare che gli alieni esistono perché ho un'esatta idea di come sono fatti?

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