Re: Perchè è nato il concetto di Dio?

Inviato da  Farvatus il 21/4/2006 11:20:37
quote]Non ti seguo troppo nel virtuale, ma se vuoi "arrivare" a dire che e' il cervello l'artefice di tutto, cioe' che determina intellettualmente tutto cio' ci circonda, mi "inviti a nozze" e siamo d'accordo. Ma che il cervello crei cio' che osserva e', a mio parere, una pesante forzatura.


In primis MC dovremmo ben chiarire cosa noi intendiamo con il concetto di creazione, che secondo me è spesso lasciato un pò per scontato. Cosa intendiamo per tale concetto? Il portare in essere qualcosa dal nulla? Il plasmare una "materia" secondo un modello? Assemblare tra loro cose in modo da crearne di nuove? Non so sono dubbioso.
Nel nostro particolare caso, vorrei citare un esempio, che faccio spesso, parliamo dell'Infinito di Leopardi. In questa poesia presente nel background di noi tutti, Il poeta è di fronte ad una siepe che gli impedisce lo sguardo sul paesaggio, quest'ostacolo visivo, gli evoca per negazione sensoriale, nella mente l'infinito, che potrebbe stare al di là di quella siepe. Dico "potrebbe" perchè se il poeta si alzasse e guardasse oltre vedrebbe un solo ed unico paesaggio ben definito. Nello Zibaldone, Leopardi, infatti afferma che l'infinito è un illusione ed in effetti di primo acchito non ci sentiremmo di contraddirlo. Ma il poeta era un pessimista cosmico... Siamo veramente sicuri che abbia ragione? Un bicchiere pieno per metà d'acqua è solo mezzo vuoto o solo mezzo pieno? Dipende da come decido di considerarlo. L'osservatore Conta... la grande rivoluzione paradigmatica della meccanica quantistica.
Noi potremmo si dire che l'infinto è un illusione, ma potremmo dire viceversa? Che il finito, la forma fissa e certa del paesaggio al di là della siepe, sia un'illusione mentre l'infinità possibilità celata ed evocata dalla siepe sia altrettanto reale? Io credo di si, perchè dipende da come decidiamo di considerarlo. L'osservatore conta...
Se io prendo un bicchiere e lo pongo nel mio campo visivo esso esiste, è certo e tangibile. Ma se io lo sposto al di fuori del mio sguardo esso collassa nella pura probabilità, diviene labile, non più certo. Finito e infinito sono faccie della stessa medaglia, un pura e semplice dualità.
In questo senso creare, portare in essere, è anche fare collassare l'infinita probabilità in una determinata certezza. Uno stato d'ordine per infiniti stati di disordine, tutti per uno ed uno per tutti.
Non è tanto che il "cervello crei" ciò che osserva, è molto più sottile la questione, esso lo determina in una sola precisa definizione, tra infinite possibilità, in cui il cervello stesso è ricordiamo un collasso, un codifica. Ma l'infinito ci avvolge tutti come pesci nel mare.

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