Re: Se Dio è buono perché c'è il male?

Inviato da  jataka il 27/4/2009 20:43:11
Citazione:

Vyoletta ha scritto:
Ciao Ross, la tua domanda è mlto interessante e credo che ogni essere umano se la sia posta nell'arco della sua vita qualche volta.
Premetto che ho solo leggiucchiato e un po' di fretta le ultime risposte, quindi non so se il mio pensiero sia utile o sia la ripetizione di qualcuno simile, ma comunque, credo che su queste tematiche sia sempre bello esprimere il proprio punto di vista.
Io credo che per rispondere alla domanda bisognerebbe intanto sapere a che Dio si rivolge l'autore del libro, ma immagino che sia un po' il Dio che la maggior parte degli uomini della nostra cultura si immagina e definisce in base a se stesso, un Dio antropomorfo, dotato di qualità meravigliose però, quali immensa bontà, somma comprensione, infita miserciordia e via dicendo....ma anche di qualità negative e spesso proprie degli uomini, quali la facoltà di redimere o condannare, punire o premiare, al di là di ogni possibilità, l'operato umano.
In questo senso, una persona onesta e a suo dire buona, per quanto possa sentire una spinta verso Dio, finirà ben presto, nel porsi le prime domande esistenziali, per perdere la fede e trovare pressochè ridicola l'esistenza di un Dio. Basterà trovarsi davanti ad un torto subito, ad una perdita, ad una malattia, per rivoltarsi contro il Dio dal quale ci sentivamo protetti.Ma che fede è quella di una persona che impreca dio quando perde un caro? Fintanto che morivano i parenti degli altri Dio esisteva e poi, quando tocca a noi, cessa di esistere? Ebbene, io a mio modesto parere penso proprio che questa sia la chiave di volta di una questione che non avrà mai fine. Fintanto che l'uomo tenderà a definire Dio in base a parametri aggettivabili e misurabili, vedendolo e pregandolo come un'entità estranea a lui, distante e vaga, non potrà veramente sentirlo, o meglio, sperimentarlo. Perchè, sempre a mio modesto parere, in queste cose non c'è "credenza" ma solo sperimentazione e presa di consapevolezza. Non si può credere se non si sente una risonanaza dentro se stessi del divino.
Per me l'atto di fede è stato proprio abdicare agli schemi precostituiti che avevo su questo vago concetto e misteriosa entità e lasciare semplicemente spazio alla mia percezione. Tutto questo non è accaduto dall'oggi al domani, nè leggendo un paio di libri, per quanto questi aiutino a riflettere e aprano nuovi possibili punti di vista, ma è avvenuto in modo molto graduale, a tratti violento, traumatico, faticoso, a tratti sereno e quasi inconsapevole.
Per questo il mio modo di credere in Dio non è così facilmente descrivibile, perchè penso che sia molto ampio di quel Dio del libro che citi. Anzi non semplicemente più ampio, ma proprio la Totalità, nulla resta fuori da essa. E con questo non sto negando che soggettivamente, per ogni essere umano non esista il "bene" o il "male", ci mancherebbe, l'uomo ha troppo bisogno di definire e classificare ogni situazione, ogni emozione. Sto dicendo che esiste un livello in cui bene e male non sono nulla, se non riflessi vuoti di concetti che noi stessi abbiamo attribuito alle cose.
La morte per molti è il più grandi dei mali, ma solo quando inziamo a vedere il dolore negli altri. Prima, quando da piccoli abbiamo la mente sgombra da preconcetti, non la temiamo affatto. E' proprio in questo stato di abbandono che siamo più vicini alla parte divina che è presente in ciascuno di noi.
La meditazione mi ha aiutato molto a ritrovarla.
Un abbraccio.


vyoletta, quoto la tua posizione.
anche a me è servita molto la meditazione, proprio per recuperare la mia parte divina, quella smarrita, dimenticata o volutamente depennata per tanto tempo, quella che è in realtà la scintilla della vita.
e riscoprirla è stato stupendo.
un abbraccio a te

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