Re: Le limitazioni del Proprio Io

Inviato da  Al2012 il 27/9/2007 23:29:47
Individualismo: è sentirsi una unità separata e indipendente dal contesto, il proprio benessere è indipendente dal benessere altrui ed il più delle volte giustifica qualsiasi atto se finalizzato ad un aumento dello stesso.

Individualità: è sentirsi un’ unità collegata al contesto, il proprio benessere è collegato al benessere degli altri, perché la nostra unicità è parte non separata del “tutto”.

<< E noi dove siamo?
Se siamo in entrambi i punti come possiamo essere definiti?>>


Noi siamo immersi nell’individualismo, viviamo in un cultura che esalta l’individualismo.
“Morte tua, vita mia” è un pensiero che fa da sfondo in compagnia col la paura.

La stessa scienza paragona la vita ad una lotta, il solo più forte e quello che si ambienta meglio evolve. La natura è cruenta e non ha pietà.

Ma è così ??
Oppure si può interpretare in un altro modo quello che a noi appare una lotta per la sopravvivenza ?

Da come la vedo io noi siamo una individualità cosciente in evoluzione, che passando attraverso l’individualismo, ovvero verso la coscienza del nostro corpo fisico (ego?) che si deve rapportare con l’ambiente e con la cultura dei suoi simili e con la paura della morte.

Cito dal link,

Amy Edelstein: Cos’è l’ego, secondo Jung?

James Hollis: L’ego, così come è stato definito da Jung, è il complesso centrale della consapevolezza.
Quando sentiamo la parola complesso, siamo portati a pensare a qualcosa di patologico, mentre in realtà un complesso non è altro che un grappolo di energia affettivamente carico.
Il complesso dell’ego comincia a formarsi quando ci stacchiamo dall’altro primario, che in genere è nostra madre; cioè, quando ci stacchiamo dal seno.
E se da un lato questa separazione è necessaria per la formazione dell’individuo, dall’altro è molto dolorosa, perché rappresenta la perdita di quella primitiva esperienza di unità e sensazione di appartenenza.
Jung considerava essenziale per la consapevolezza la formazione dell’ego. La consapevolezza implica la divisione tra soggetto e oggetto: per diventare conscio, devo conoscere ciò che non sono.
Ho bisogno di percepire ciò che è là come opposto a ciò che è qui. Inoltre, egli vedeva l’ego come un elemento necessario dell’intenzionalità, della concentrazione e della risolutezza.
In che modo io e te siamo riusciti a combinare un incontro per parlare dello stesso argomento?
Grazie alla “risolutezza dell’ego”, un elemento che ha fatto sì che questa conversazione accadesse.
L’ego, in quanto complesso, è estremamente malleabile e “occupabile”. Quando viene occupato dai contenuti dell’inconscio, quando è sotto il controllo di altri complessi, diventa insicuro, manipolato ecc.
Vedi, ciò che spesso chiamiamo ego è in realtà l’ego posseduto da uno o più complessi, per esempio il complesso dei soldi, del potere, del sesso, dell’aggressività.
Tali complessi non sono la natura essenziale di un individuo, ma hanno il potere di usurpare o possedere l’ego

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James Hollis: Come ho già detto, l’ego è una formazione necessaria per lo sviluppo dell’identità, della consapevolezza, dell’intenzionalità e della risolutezza: elementi tutti positivi.
L’ego in sé non è un problema.
Ma quando è posseduto dalle nostre insicurezze, quando è sotto il controllo del nostro passato, diventa per così dire nevrotico, si trasforma in un ostacolo.
Quindi, il problema non è l’ego; il problema è ciò che accade all’ego.
L’equilibrio perfetto – se mai potessimo raggiungerlo – sarebbe uno stato di ego aperto, in dialogo con le altre parti del mondo esteriore e interiore, in cui possiamo assorbire messaggi dalla cultura (senza necessariamente farci incorporare da quest’ultima) e anche dialogare con l’inconscio.>>


L’individualismo porta l’ego a chiudersi su se stesso, sul suo corpo fisico, o per meglio dire su una visione limitata, parziale del proprio essere.

I piaceri del corpo diventano predominanti, e come una droga chiedono d’essere esauditi, (se non sbaglio il piacere fisico corrisponde a determinate sostanze chimiche prodotte dall’organismo, per così dire “droga fatta in casa”).
Ma oltre ai piaceri ci sono i dolori, l’invecchiamento e la paura della morte è la ciliegina sulla torta.

Io mi definirei individualista dalla nascita, perché sono stato indottrinato da una cultura individualista, che non unisce ma divide, classifica, giudica e condanna. La spiritualità è anch’essa governata in modo gerarchico, e dobbiamo aver fede nella parola di qualcuno, tutto è separato.

La nostra mente razionale non può concepire ed immaginare un “non tempo” e un “non spazio” perché il nostro ego è fortemente “incarnato”.
E’ come una forza di gravità che attrae e vincola la coscienza alla materia.

Questo (secondo me) è un processo evolutivo o più figurativamente una “danza”, oppure sono esami che la nostra coscienza deve superare per raggiungere un grado di consapevolezza maggiore.

Per tornare in tema le “limitazioni del Proprio Io” sono una serie di esami che dobbiamo ancora sostenere.

Un saluto a tutti gli studenti.

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