Re: L

Inviato da  Descartes il 17/7/2008 0:12:06
Citazione:

Santaruina ha scritto:

Se posso dare un suggerimento, direi che sarebbe utile per chi volesse approfondire il tema in maniera meno superficiale iniziare con la lettura dei testi di Guénon.


Sto leggendo qualcosa di Guénon, ed in effetti è una fonte ricchissima di spunti.

Ciò nonostante non trovo che la sua posizione sia così antitetica a quella astroteologica.

Per quanto da una parte sia vero che in "Le Symbolisme de la Croix", Éditions Véga, Paris, 1931, Guénon scrive:

I simboli o i miti non hanno infatti mai avuto la funzione — come vorrebbe una teoria anche troppo diffusa ai giorni nostri — di rappresentare il movimento degli astri; la verità è che in essi si trovano spesso figure che si ispirano a quest'ultimo e che sono destinate ad esprimere analogicamente qualcosa di totalmente diverso, in quanto le leggi di tale movimento traducono fisicamente i principi metafisici dai quali dipendono. Quel che diciamo dei fenomeni astronomici si può dirlo del pari, e allo stesso titolo, di ogni altro genere di fenomeni naturali: questi fenomeni, in quanto derivano da principi superiori e trascendenti, sono veramente simboli di questi ultimi; ed è evidente che questo non infirma affatto la realtà propria che simili fenomeni posseggono, come tali, nel campo di esistenza al quale appartengono; ben al contrario, è proprio questo che dà fondamento a tale realtà, poiché al di fuori della loro dipendenza nei confronti dei principi, tutte le cose non sarebbero se non puro nulla.


fonte: Il Simbolismo della Croce

..è anche vero che dall'altra lui stesso, quando andava ad analizzare il significato dei simboli delle religioni, non poteva fare a meno di riferirsi a fenomeni astrologici. In "Le symbolisme du Zodiaque chez les Pythagoriciennes", Études Traditionelles, giugno 1938, Guénon scrive:

Trattando la questione delle porte solstiziali ci siamo riferiti direttamente soprattutto alla tradizione indù, perché in essa i dati che vi si riferiscono sono presentati nel modo più chiaro; ma in realtà si tratta di qualcosa che è comune a tutte le tradizioni, e si può trovare anche nell’antichità occidentale. Nel Pitagorismo, in particolare, il simbolismo zodiacale sembra aver avuto un’importanza altrettanto considerevole; le espressioni ‘porta degli uomini’ e ‘porta degli dèi’, da noi usate, appartengono del resto alla tradizione greca; solo che le informazioni giunte sino a noi sono in questo caso talmente frammentarie e incomplete che la loro interpretazione può dar luogo a parecchie confusioni, che non sono mancate da parte di coloro che hanno considerato tali informazioni isolatamente e senza renderle più chiare per mezzo di un raffronto con altre tradizioni.

Anzitutto, per evitare certi equivoci, sulla posizione reciproca delle due porte, occorre ricordarsi di quanto abbiamo detto sull’applicazione del ‘senso inverso’, a seconda che le si consideri in rapporto all’ordine terrestre o all’ordine celeste: la porta solstiziale d’inverno, o il segno del Capricorno, corrisponde al nord nel ciclo annuale, ma al sud in relazione al cammino del sole nel cielo; così, la porta solstiziale d’estate, o il segno del Cancro, corrisponde al sud nel ciclo annuale, e al nord in relazione al cammino del sole. Per questo, mentre il movimento ‘ascendente’ del sole va da sud a nord e il suo movimento ‘discendente’ da nord a sud, il periodo ‘ascendente’ dell’anno dev’essere invece considerato compiersi nella direzione nord-sud, e il suo periodo’ discendente’ in quella sud-nord, come abbiamo già detto in precedenza. Proprio in rapporto a quest’ultimo punto di vista, secondo il simbolismo vedico, la porta del dêva-loka è situata verso nord e quella del pitri-loka verso sud, senza che vi sia in ciò, malgrado le apparenze, alcuna contraddizione con quello che troveremo più avanti.

Citeremo, corredandolo delle spiegazioni e rettificazioni necessarie, il riassunto dei dati pitagorici esposto da Jérôme Carcopino: «I pitagorici» egli dice «avevano costruito tutta una teoria sui rapporti dello Zodiaco con la migrazione delle anime. A quale data risalirebbe? È impossibile saperlo. Fatto sta che nel secolo II della nostra era, essa fioriva negli scritti del pitagorico Numenio, che ci è permesso di conoscere attraverso un riassunto secco e tardivo di Proclo, nel suo commento alla Repubblica di Platone, e un’analisi, al tempo stesso più ampia e più antica, di Porfirio, nei capitoli XXI e XXII del De Antro Nympharum». Ecco, diciamolo subito, un esempio piuttosto significativo di ‘storicismo’: la verità è che non si tratta per nulla di una teoria ‘costruita’ più o meno artificialmente, a questa o quella data, dai pitagorici o da altri, a modo di una semplice opinione filosofica o di una concezione individuale qualunque; si tratta di una conoscenza tradizionale, che concerne una realtà di ordine iniziatico, e, proprio in virtù del suo carattere tradizionale, non ha e non può avere alcuna origine cronologicamente assegnabile. Sono, beninteso, considerazioni che possono sfuggire a un ‘erudito’; ma egli dovrebbe almeno capire questo: se la teoria in questione fosse stata ‘costruita dai pitagorici’, come spiegare il fatto che essa si trova dappertutto, al di fuori di ogni influenza greca, e in particolare nei testi vedici, che sono sicuramente di molto anteriori al pitagorismo? Anche questo, Carcopino, in quanto ‘specialista’ dell’antichità greco-latina, può sfortunatamente ignorarlo; ma, da quel che riferisce egli stesso in seguito, risulta che tale dato si trova già in Omero; dunque, anche presso i Greci essa era conosciuta, non diremo solo prima di Numenio, cosa fin troppo evidente, ma prima dello stesso Pitagora; si tratta di un insegnamento tradizionale che si è trasmesso in modo continuo attraverso i secoli, e poco importa la data forse ‘tardiva’ alla quale certi autori, che non hanno inventato nulla e non ne hanno mai avuto la pretesa, l’hanno formulato per iscritto in modo più o meno preciso.

Detto questo, torniamo a Proclo e a Porfirio: «I nostri due autori concordano nell’attribuire a Numenio la determinazione dei punti estremi del cielo, il tropico d’inverno, sotto il segno del Capricorno, e il tropico d’estate, sotto quello del Cancro, e nel definire, evidentemente sulle sue tracce, e sulle tracce dei ‘teologi’ che egli cita e che gli sono serviti da guide, il Cancro e il Capricorno come le due porte del cielo. Sia per discendere nella generazione, sia per risalire a Dio, le anime dovevano quindi necessariamente varcare una di esse». Per «punti estremi del cielo», espressione un po’ troppo ellittica per essere perfettamente chiara da sola, bisogna naturalmente intendere qui i punti estremi raggiunti dal sole nella sua corsa annuale, dov’esso in certo modo si arresta, da cui il nome di ‘solstizi’; a tali punti solstiziali corrispondono le due ‘porte del cielo’, il che è appunto esattamente la dottrina tradizionale che già conosciamo. Come abbiamo indicato altrove, questi due punti erano talora simboleggiati - per esempio sotto il tripode di Delfi e sotto gli zoccoli dei corsieri del carro solare - dal polipo e dal delfino, che rappresentano rispettivamente il Cancro e il Capricorno. Inutile dire, d’altra parte, che gli autori in questione non hanno potuto attribuire a Numenio la determinazione stessa dei punti solstiziali, che erano noti da sempre; si sono semplicemente riferiti a lui come a uno di coloro che ne avevano parlato prima di loro, e come egli stesso si era già riferito ad altri ‘ teologi’.


fonte: link

In sostanza lui stesso parla dell'interpretazione astrologica come "insegnamento tradizionale trasmesso attraverso i secoli". Il che è perfettamente coerente con la tesi dell'astroteologia, ovvero che tutte le religioni delle civiltà agricole sono solo incarnazioni simboliche di un solo rituale, quello in onore del sole che feconda la terra e dei fenomeni astronomici ad esso collegati.

Il fatto che si trovi anche nei testi Vedici, molto precedenti ai Pitagorici, è spiegabile dal fatto che si tratta degli stessi fenomeni astrologici osservabili da tutte le civiltà indipendentemente. Le metafore e le allegorie che ogni civiltà ha usato per indicarli sono diversi, ma i fenomeni soggiacienti sono sempre gli stessi, ovvero il moto apparente degli astri.

Certo, Guénon arriva a spingersi oltre ed ipotizzare che tali moti abbiano qualcosa di universale e "assoluto". Ma solo visti dalla terra gli astri appaiono compiere quei cicli. E' sufficiente spostarsi dal nostro pianeta, e osservare il cielo come visto ad esempio da una qualsiasi sonda inviata dalla nasa, per vedere tali cicli sparire e divenire altro. Il sole non nasce nella costellazione della vergine se visto da Marte, e le stelle mobili nel cielo notturno visto da Saturno non sono più 7 ma 18. Insomma, simboli, numeri sacri, cicli, divinità planetarie e astrali... tutto questo non ha nulla di universale e profondo, e cade come un castello di carte non appena si osserva il sistema da un punto di vista diverso. Solo i popoli agricoli in epoca pre scientifica non potendo comprendere cosa fosse in realtà il cielo stellato dovevano interpretarne i misteriosi cicli in termini geocentrici, come se quei moti delle stelle avessero significati particolari e profondi.

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