Re: Disastro o cospirazione? Discussione sulla crisi economica in corso

Inviato da  cloud il 26/1/2009 22:49:08
Il seme della rivolta anticrisi




islanda a ferro e fuoco (relativamente) e ondata di protesta contro la recssione. Baltici sull'orlo di una crisi di nervi, Grecia agitata e Bulgaria a pezzi. Arriva una nuova rivoluzione per la perdita del benessere?


Non c’è il Quarto stato in piazza, si contano sulle dita di una mano gli operai fra i tanti che da giorni tirano pietre, carta igienica, e - moda che s’afferma - scarpe, contro i palazzi del potere di Reykjavik. L’anima della rivolta sono coloro che hanno perso la ricchezza, non quelli che non l’hanno mai avuta. L’Islanda era sino a due anni fa regina in ogni classifica di sviluppo e benessere, un Bengodi che cresceva senza sosta. Poi c’è stata la crisi finanziaria, la bancarotta generalizzata, il pil previsto in flessione di 10 punti. Il popolo della piccola tigre dell’Atlantico del Nord, terra di geisser, di banche e di Suv, teme di perdere tutto e protesta sull’orlo di una crisi di nervi.

Da martedì i cortei sfilano davanti all’Althing, il parlamento islandese. Giovedì, per la prima volta dal 1949, anno dell’adesione alla Nato, sono intervenuti i reparti antisommossa coi gas lacrimogeni per disperdere la folla. Erano due-tremila anime, ma sull’isola fredda fanno l’1% della popolazione. Hanno bersagliato con uova e lattine persino l’auto del premier Geir Haarde, che ieri ha annunciato elezioni anticipate per il 9 maggio. Vogliono che la politica si rimbocchi le maniche, risolva la crisi, allontani i corrotti. La gente comune non si sente colpevole della crisi e non intende pagarne il prezzo. Tocca a deputati e banchieri. Per questo è pronta a tutto.

Capita però che non siano i soli. E che all’insofferenza islandese se ne accompagni una diffusa nei paesi del Baltico, nell’Europa dell’Est e, madre di tutte le recenti proteste, in Grecia. Gli osservatori cominciano a segnalare un’ondata circolare di disordini latenti in numerosi stati. La diagnosi diffusa è che la crisi economica provocherà presto altri sommovimenti. «Può succedere quasi dappertutto - ha detto alla Bcc il direttore del Fmi, Dominique Strauss Kahn -, può capitare da noi come negli emergenti. Sinora abbiamo avuto scioperi che sembrano normali, ma credo che la situazione possa peggiorare in fretta».

E’ un quadro «molto, molto serio», stigmatizza il francese di Washington. Ha motivo di essere preoccupato. Una settimana se le sono date di santa ragione a Sofia. Duemila persone si sono raccolte davanti al parlamento bulgaro spinte dal desiderio, dicevano gli organizzatori, «di non essere più il paese più povero e corrotto dell’Unione europea». Fianco a fianco hanno sfilato gli agricoltori, preoccupati per il basso valore dei loro prodotti, e gli studenti, infuriati per la troppa criminalità e insicurezza. Le forze dell’ordine ci sono andate pesanti. Botte e arresti.

Gli analisti fanno notare che il male bulgaro è una questione di malcostume politico, non di crisi economica, perchè il paese non è in recessione (pil 2009 previsto a +1,8%). L’insofferenza è però abile a colpire nel debole ogni volta che varca un confine. Ed è contagiosa. Ne sa qualcosa il governo lettone. A Riga si sono avuti i disordini più violenti dalla caduta della Cortina di ferro. Un corteo di 10 mila persone ha sfidato apertamente la polizia per chiedere un’azione di rilancio economico al governo. Quest’anno la crescita nello stato baltico sarà negativa di 7 punti e l’occupazione raddoppierà al 10%. «E’ crollata la fiducia nelle istituzioni», concede il presidente Valdis Zatlers, ormai rassegnato a spingere per le elezioni anticipate.

«Sono segnali seri e non ancora gravi - spiega una fonte diplomatica di Bruxelles -. Il problema è se la scintilla dovesse reinnescarsi nei grandi paesi, anzitutto in Grecia». E l’Italia? «E’ tranquilla, per il momento». Ad Atene, in effetti, i sindacati minacciano nuovi scioperi «probabili» dopo l’ondata di violenza di dicembre. Gli economisti stimano che il barometro della tensione si muoverà in parallelo con l’andamento della disoccupazione. Vuol dire che Francia, Spagna e Irlanda sono sul livello di guardia. «C’è una crescente convinzione le autorità pubbliche hanno perso il controllo della situazione» puntualizza Robert Wade, un economista della London School of Economics. Occorre una sana iniezione di fiducia nel momento in cui la crisi picchia più duro. «In caso contrario - si sottolinea a Bruxelles - sarà la piazza a parlare. Con conseguenza realmente difficili da prevedere».



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VUOI VEDERE CHE I MILITARI IN ITALIA ......

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