Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico

Inviato da  sick-boy il 28/6/2008 10:44:48
APPENDICE

Nel 1960 esce The Constitution of Liberty # il cui capitolo ventunesimo è intitolato ‘Il contesto monetario’ e permette di seguire il percorso nel pensiero di Hayek dagli anni di Prices and Production (1931). Ricordando l’instabilità monetaria degli ultimi cinquant’anni, e non sottraendo responsabilità alcuna alle interferenze governative - chiedendosi perché non bisognerebbe fare affidamento alle forze di mercato per designare un soddisfacente mezzo di scambio - è però costretto a chiarire “ sin da principio che queste idee oggi non solo non sono politicamente attuabili” ma nemmeno auspicabili e che “ forse, se i governi non avessero mai interferito, si sarebbe creato una sorta di accorgimento monetario che non avrebbe richiesto deliberati controlli ”; ma “ oggi non abbiamo più possibilità di scelta. Non conosciamo sostanziali alternative alle istituzioni creditizie a cui ora è affidata l’organizzazione degli affari. Gli sviluppi storici hanno creato condizioni in cui l’esistenza di tali istituzioni rende necessario un deliberato controllo degli interdipendenti sistemi monetario e creditizio. Altre circostanze, che non possiamo certo sperare di mutare alterando semplicemente i nostri assetti monetari, rendono poi inevitabile, almeno per ora, che questo controllo sia in gran parte esercitato dallo Stato”.#
Le cause sono da attribuirsi al fatto che le variazioni delle offerte monetarie, di ogni moneta in ogni tempo, creino più danni di qualsiasi altro fattore; alla circostanza, più peculiare, di un sistema monetario in cui l’offerta di denaro è strettamente connessa al credito; e infine alla caratteristica del moderno Occidente, nel quale i volumi della spesa pubblica sono tali da non permettere riforme radicali.
Sulla prima di queste cause si è trattato in questo lavoro. Sulla questione creditizia Hayek scrive che, a causa delle fluttuazioni dell’offerta moneta nel sistema creditizio moderno #, causanti ricorrenti crisi di panico, hanno portato all’istituzione di un’autorità che potesse invertire d’arbitrio l’offerta del mezzo di scambio generalmente accettato: la Banca Centrale: “ un sistema che fa largo uso del credito bancario” scrive Hayek, “deve necessariamente poggiare su di un organismo centrale sempre in grado di offrire moneta e di influenzare l’offerta complessiva di credito attraverso tale controllo” #. Ma sebbene vi siano “ forti e probabilmente valide ” ragioni per auspicare la massima indipendenza di queste istituzioni dallo Stato e dalla sua politica finanziaria, questo è esattamente il contrario di ciò che è avvenuto. Questo perché una politica monetaria indipendente dalle politiche finanziarie pubbliche è possibile finché la spesa è contenuta entro certi limiti e soprattutto finché il debito pubblico costituisce solo una piccola parte degli strumenti creditizi. Una situazione palesemente diversa da quella odierna. E infatti:

In questo caso, il coordinamento significa necessariamente che le autorità monetarie, nominalmente ancora indipendenti, di fatto dovranno adattare la loro politica a quella del governo. Ci piaccia o no, questo è pertanto inevitabilmente il fattore determinante.

Il pericolo maggiore di un controllo governativo della politica monetaria è l’inflazione, ancor peggio quando essa è mascherata attraverso “metodi più subdoli” che sfuggono l grande pubblico. Storicamente i ricorsi dei governi a politiche inflazionistiche è un tema sufficientemente conosciuto e ampio da potermi permettere di non trattarlo qui. Ricordo solo che le forme di inflazionismo sono molteplici e vanno dallo svilimento dei conii - di una moneta legale - alla sopravvalutazione artificiale di nuova moneta, dall’emissione monetaria selvaggia (di cui Weimer rappresenta un caso quasi mitico, una lezione che incredibilmente “uomini di stato” come Robert Mugabe non sembrano conoscere) fino alla svalutazione. Hayek aggiunge che gli stessi sistemi assistenziali e di tassazione progressiva incentivano il ricorso a tale strumento. Paradossalmente gli effetti dell’inflazione hanno avuto un peso determinante nella richiesta del pubblico di misure assistenziali. Per gli effetti negativi dell’inflazione rimando all’ampia letteratura in materia, e lo spazio di un’appendice non può essere certo sufficiente per trattare tale argomento. Quello che preme sottolineare è che non è vero, come generalmente si crede, che l’inflazione sia una costante dei sistemi economici. Come ricorda Hayek, nei duecento anni che precedettero il 1914, il periodo del gold standard, i prezzi in Gran Bretagna fluttuarono intorno ad una costante e finirono quasi al livello iniziale. Lo stesso vale per gli Stati Uniti tra il 1749-1939 #.
Dopo una discussione sui problemi dell’inflazione, e di come troppo spesso essa sia stata evocata per combattere la deflazione, Hayek conclude che una norma meccanica, rigida, che abbia di mira gli obiettivi nel lungo periodo e tolga discrezionalità alle autorità governative legandone le mani nelle decisioni a breve termine (ovvero un’inversione del rapporto) darebbe risultati migliori di una situazione in cui le pressioni politiche indirizzano la politica monetaria. Gli argomenti contrari alla discrezionalità della politica monetaria si fondano sull’idea che essa dovrebbe essere prevedibile l massimo. Le situazioni in cui le autorità di politica monetaria sono chiamate a decidere sono proprio le più sfavorevoli per le previsioni a lungo termine e perciò si può concludere che probabilmente delle norme rigide funzionerebbero meglio. Il problema è che non si conosce nessun meccanismo automatico che muti l’offerta di moneta per ricollocarla al livello desiderato in maniera sicura e non pervasiva qualora ce ne fosse bisogno. Il gold standard, che forniva in un certo qual modo quelle norme rigide ricercate, non sembra essere un’alternativa praticabile. Anche se fosse vero che tale sistema funzionò meglio di altri e che i suoi difetti furono esagerati, è necessario ricordare come esso funzionasse in quanto accettato internazionalmente: se gli Stati Uniti fossero tornassero unilateralmente ad un sistema del genere, la loro politica determinerebbe il valore dell’oro, e non l’oro il valore del dollaro. E non è da trascurare nemmeno il fatto, ricordato da Hayek, che esso basava su “certi punti di vista e certe credenze che probabilmente oggi non esistono più” #. La proposta che avanza, non in maniera analitica, per perseguire gli scopi di una base fortemente automatica suscettibile di essere accettata internazionalmente, è quella di una moneta di riserva che abbia come riferimento determinati beni, dei quali sono stati preventivamente studiati i particolari. Ma non ha fiducia né che tale proposta possa essere implementata, né che, qualora lo fosse, essa venisse gestita correttamente. # Questo perché, anche fornendo alle autorità un potere discrezionale molto limitato, il risultato dipenderà per lo più dalle decisioni che, entro quei limiti l’autorità adotta. Decisioni che possono ritardare - e quindi rendere vana - l’applicazione della norma rigida o andare dalla parte opposta, rendendone impossibile l’applicazione. Ciò nonostante l’unica strada praticabile sembra proprio quella di vincolare la politica monetaria a precisi obiettivi, piuttosto che imporle azioni specifiche.

La conclusione del capitolo è un monito, e andrebbe inserita nel più ampio contesto filosofico dell’opera. Ci viene ricordato, e su questi due punti “non si insisterà mai abbastanza” #, che la spinta al sempre maggiore controllo da parte dello Stato non può essere arrestata senza arrestare le sue politiche inflazionistiche e che la strada dell’inflazione, una volta imboccata, ci pone davanti a due scelte: o affrontare un rialzo continuo dei prezzi, o pagare l’errore in termini di depressione e recessione. Anche un tasso moderato di inflazione è pericoloso, essendo la strada più facile, e più battuta storicamente parlando, per rimediarvi quella di aumentare tale tasso ancora un ‘pochino’. Tertium non datur.

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