Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico

Inviato da  sick-boy il 28/6/2008 10:43:30
IL CICLO DEL CREDITO

Il primo effetto di un aumento dell’attività produttiva cui la politica delle banche dà l’avvio quando vengono concessi prestiti al di sotto del saggio di interesse naturale, è[..] l’aumento dei prezzi dei beni di produzione, mentre i prezzi dei beni di consumo crescono solo moderatamente[…]Ma presto si instaura un movimento inverso: i prezzi dei beni di consumo crescono ed i prezzi dei beni di produzione cadono, cioè il saggio sui prestiti cresce e si avvicina di nuovo al saggio naturale. #

Mises.

Hayek introduce a questo punto un’ulteriore distinzione: quella tra beni # che possono essere utilizzati vantaggiosamente in tutti gli stadi della produzione e beni utilizzabili in uno o pochi stadi al massimo. Chiama dunque beni specifici i secondi (che possono essere complessi macchinari o interi comparti industriali) e non specifici gli altri (martelli, tenaglie, cacciaviti, tute, occhiali ecc.). Chiarito che le differenze temporanee tra i prezzi offerti nei diversi stadi di produzione sono l’unico stimolo per il trasferimento dei beni di produzione da uno stadio all’altro, se si trascura il fatto che la conoscenza tecnica possa far variare l’utilità di alcuni beni, risulta chiaro che la causa della variazione dei rendimenti non può altro che essere una variazione del prezzo del prodotto dello stadio di produzione considerato.
Parlando dei margini di prezzo che si creano in seguito alle fluttuazioni, Hayek introduce l’interesse, fin qui trattato come il pagamento di un determinato fattore di produzione, al pari dei salari. Tali margini di prezzo sono completamente assorbiti dall’interesse in equilibrio, ma se non esistessero non ci sarebbe neppure l’incentivo ad investire moneta in produzione piuttosto che lasciarle inutilizzata. In ogni caso si limita a ricordare che, ceteris paribus, tali margini si restringono quando i processi indiretti di produzione si allungano e viceversa. In altre parole il fatto che in equilibrio i margini in media non esistano non significa che sia così anche durante la transizione.

Il punto di partenza per l’indagine è il cambiamento della domanda relativa di beni di consumo rispetto ai beni di produzione ed i suoi effetti sui prezzi e sul tasso di interesse. Ritorniamo dunque al caso in cui vi sia un cambiamento della domanda in favore dei beni di produzione, i cui prezzi crescono mentre i prezzi dei beni di consumo diminuiscono. Tuttavia i prezzi dei beni di produzione non crescono uniformemente. I prezzi dello stadio che immediatamente precede l’ultimo, a causa della caduta dei prezzi dei beni di consumo, si restringeranno maggiormente dell’aumento di fondi disponibili per i beni di produzione, anche se in misura minore del prezzo all’ultimo stadio. Questo equivale ad un restringimento del margine di prezzo tra i due stadi, che renderà meno vantaggioso l’utilizzo dei fondi nell’ultimo stadio e più vantaggioso nei primi, ed una parte dei fondi impiegati tenderà a spostarsi verso questi. Lo spostamento di fondi verso i primi stadi della produzione tenderà a ridurre i margini di prezzo negli stadi precedenti, e la tendenza alla crescita cumulativa dei prezzi supererà la caduta. La crescita del prezzo in uno stadio di produzione creerà un extra-profitto nello stadio precedente, dove già i profitti crescevano per effetto dell’aumento della domanda. Infine, dopo la caduta dei prezzi negli ultimi stadi di produzione e la crescita nei primi, i margini di prezzo si ridurranno ovunque. #
Come conseguenza molti beni non-specifici si sposteranno verso i primi stadi della produzione, fino ad un pareggiamento dei rendimenti nei diversi stadi, e la generale contrazione dei margini di prezzo consentirà di iniziare a produrre in stadi nuovi e più lontani, prima non profittevoli. Aumenterà pertanto non solo il tempo che mediamente intercorre tra l’immissione dei mezzi originari nella produzione e la maturazione del bene di consumo, ma anche il numero dei suoi stadi.
La reazione alla transizione dei beni specifici è diversa e non uniforme. A seconda della diversa profittabilità negli stadi più alti piuttosto che quelli più bassi della produzione, il loro prezzo e rendimento rispettivamente tenderà a crescere o diminuire. In ogni caso un allungamento della catena produttiva e la creazione di nuovi stadi richiede spesso nuovi beni specifici. #
Con alcune eccezioni, nel caso di un aumento della domanda dei beni di consumo, gli effetti saranno esattamente opposti.

Il tasso di interesse sul mercato dei prestiti dovrebbe però rivelare, in tempi più brevi di quelli impiegati dalla transizione, l’effetto finale sui prezzi relativi.

Soltanto in casi relativamente rari le persone che hanno risparmiato moneta saranno le stesse che vogliono usarla per la produzione. Nella maggior parte dei casi, perciò, la moneta diretta nuovi usi dovrà prima passare per altre mani. Alla domanda: chi userà i fondi aggiuntivi disponibili per l’investimento in beni di produzione, verrà data risposta sul mercato dei prestiti. Solo ad un saggio di interesse più basso di quello che prevaleva precedentemente sarà possibile prestare quei fondi, e l’entità della caduta del saggio di interesse dipenderà dall’ammontare di fondi aggiuntivi e dalle aspettative di profitto degli imprenditori desiderosi di espandere la loro produzione. Se questi imprenditori si formano opinioni corrette sulle variazioni dei prezzi attesi in seguito ai cambiamenti del metodo di produzione, il nuovo saggio di interesse dovrebbe adattarsi al sistema dei margini di prezzo che alla fine si stabilirà. In questo modo, fin dall’inizio, i fondi aggiuntivi resi disponibili verranno impiegati unicamente da quegli imprenditori che sperano di ottenere profitti più alti dal loro impiego, e verranno escluse tutte quelle espansioni della produzione per le quali i fondi non sono sufficienti. #

Al contrario un tasso di interesse che non sia quello contrattato sul mercato dei prestiti, può orientare male la produzione facendo sembrare profittevoli anche ad agenti razionali, investimenti che, per via di tali influenze monetarie, non risultano esserlo o addirittura non possono essere complicati. Precisamente l’abbandono del processo produttivo e la perdita del capitale costituiscono, come abbiamo visto, la crisi.

Cosa accade dunque immettendo moneta nella circolazione , o sottraendola? Anche in questo caso Hayek tratta separatamente il caso di una variazione della moneta destinata alla produzione e al consumo.

Nel caso di un espansione dei crediti concessi ai produttori, attraverso il mantenimento del tasso di interesse al di sotto del suo livello di equilibrio, si è visto come operi la transizione verso metodi di produzione più capitalistici. Contrariamente al caso del risparmio, ciò avverrà senza alcuna riduzione delle preferenze di consumo. Quando giungeranno sul mercato in quantità limitata quei beni di consumo degli stadi di produzione dai quali i beni di produzione sono stati sottratti per essere impiegati in stadi più alti, la scarsità dei beni di consumo ne farà aumentare il prezzo. Non sono disponibili quelle scorte che sarebbero presenti in forma di beni di consumo se l’aumento della produzione fosse stata causata da un aumento del risparmio. Nel momento in cui gli imprenditori crederanno di poter disporre di maggiori risorse e i profitti attesi saranno più alti, i salariati disporranno di redditi monetari più alti e in generale la gente reagirà alla scarsità di beni di consumo - volendolo mantenere inalterato - spendendo più moneta per il consumo, e causando un rialzo ulteriore dei prezzi, si verifica “ un nuovo cambiamento, in senso inverso, della proporzione tra la domanda di beni di consumo e la domanda di beni di produzione in favore dei primi ”#.
Tale inversione deve necessariamente riaccorciare la catena produttiva ed effettuare la transizione verso metodi meno capitalistici, a meno che non vengano concessi proporzionalmente altri crediti ai produttori, ai quali la crescita dei prezzi dà temporanee aspettative di extra-profitto. Ciò solitamente accade per qualche tempo, ma le banche non possono espandere illimitatamente il credito, e anche se potessero la spirale inflazionistica imporrebbe dopo qualche tempo di prendere provvedimenti.

Hayek fa a questo punto la supposizione che ciò accada per un paio d’anni, dopodichè le banche si vedono costrette a bloccare l’espansione. Innanzitutto, l’effetto immediato del blocco dell’espansione del credito è che l’ammontare di moneta maggiore speso in beni di consumo (per reagire alla scarsità di beni e conseguentemente alla contrazione del consumo) non è più compensato da un aumento proporzionale della domanda in beni di produzione. Quindi, all’inverso di ciò che accadeva quando ad aumentare era la domanda per i beni di produzione, i beni dell’ultimo stadio aumentano di prezzo e si creano, in generale, extra-profitti negli stadi più bassi della catena, causando il trasferimento verso di essi di molti beni non-specifici, che ora possono essere utilizzati con rendimento maggiore in questo punto della produzione. La nuova domanda di questi beni provocherà un aumento relativo dei loro prezzi, aumento considerevole tenuto conto che ad esso si aggiunge un livello dei prezzi dei beni di consumo maggiore di quello che si avrà dopo l’adeguamento dell’offerta alla domanda. Inoltre la catena di produzione tenderà ad accorciarsi, ovvero ad arrivare più velocemente il bene finito sul mercato. Infatti l’aumento del prezzo relativo dei fattori originari e dei prodotti intermedi facilmente trasferibili renderà svantaggiosi i processi più lunghi, la cui prima conseguenza è la caduta dei prezzi dei beni di produzione più specifici, la cui produzione verrà interrotta (a causa del trasferimento di beni complementari di carattere non specifico, i beni specifici sono divenuti relativamente abbondanti; può convenire, ora, terminare i processi produttivi tramite i fattori originari piuttosto che affidarsi a beni specifici, solitamente presenti negli ultimi stadi della produzione). La caduta del prezzo dei prodotti intermedi, cumulativa, porterà infine ad un arresto del lavoro in tutti i primi stadi dei processi più lunghi. Quindi molti processi non possono essere continuati in maniera profittevole, ed i lavoratori impiegati nei primi stadi lo sono adesso ad un prezzo svantaggioso per l’imprenditore. Inoltre, poiché l’avvio di nuovi processi di produzione più brevi deve necessariamente ripartire da zero, i nuovi beni di consumo potranno assorbire i prodotti intermedi solo gradualmente, man mano che i nuovi beni avanzano verso il consumo ed i prodotti intermedi necessari avanzano.

Così che, mentre nei processi più lunghi le attività produttive cessano quasi nello stesso istante in cui diventano svantaggiose per effetto della variazione dei prezzi relativi dei beni specifici e non-specifici in favore degli ultimi e dell’aumento del saggio di interesse, i beni lasciati liberi troveranno nuovo impiego solo quando i nuovi processi più brevi saranno prossimi al completamento. #

La situazione, spiega l’economista austriaco, è simile a quella degli abitanti di un’isola che abbiano lavorato per costruire una macchina destinata a rifornirli di tutte le cose necessarie, salvo poi scoprire di aver esaurito i risparmi e tutto il capitale libero #. Non avrebbero altra scelta che abbandonare il processo per dedicarsi al sostentamento quotidiano. Solo qualora accumulassero nuovamente le scorte necessarie a compiere il processo produttivo senza esaurire il cibo potrebbero rimettere in funzione la macchina. Nel mondo reale, semplicemente, il lavoratore rimosso dal processo produttivo, diviene disoccupato, non potendo senza l’ausilio di capitale produrre a sufficienza per vivere. Le conclusioni qui riportate valgono per tutti i beni e servizi la cui messa al consumo richiede beni e servizi ausiliari che, in seguito ad un mutamento della struttura produttiva, potrebbero non essere disponibili nelle quantità desiderate. In altre parole la macchina capitalistica può funzionare in maniera continua solo fintanto che si consumi quella parte di reddito destinata al consumo secondo l’organizzazione corrente della produzione. Ogni aumento del consumo richiede, preventivamente, risparmio nuovo. E’ ingannevole pensare che la struttura del capitale esistente, come sostengono in molti per via dell’esistenza di impianti produttivi sovradimensionati, possa permettere di accrescere la produzione quasi illimitatamente: gli strumenti durevoli di produzione non rappresentano tutto il capitale necessario ad espanderla, e sarebbe invece necessario investire una gran quantità di altri mezzi in investimenti lunghi che darebbero risultati solo in futuro.
“ L’esistenza di capacità produttiva inutilizzata, perciò, non dimostra affatto l’esistenza di un eccesso di capitale e di un consumo insufficiente: al contrario, è un sintomo della nostra incapacità di utilizzare appieno gli impianti fissi perché la domanda corrente di beni di consumo è troppo pressante per permetterci di investire i servizi produttivi correnti in processi produttivi lunghi per i quali (a causa del fatto che ‘ il capitale è stato male indirizzato ’) è disponibile la necessaria attrezzatura durevole ”.#

A seguito di tali conclusioni rimane in parte aperta la questione delle risorse inutilizzate, anche perché esse sono spesso state considerate ‘la’ condizione che giustifica il credito bancario. Hayek concede che la concessione di crediti durante la fase acuta della crisi possa avere temporaneamente qualche effetto benefico #, ma perché sia tale essa deve essere regolata così precisamente da bilanciare l’aumento iniziale dei prezzi dei beni di consumo e cosicché i crediti siano ritirati non appena i prezzi cadono e l’offerta di questi beni e dei beni di produzione si è adeguata alle nuove proporzioni delle rispettive domande. Tuttavia questi crediti potrebbero contribuire a mantenere vantaggiosi processi indiretti di produzione che non posso essere sostenuti senza ulteriori incrementi di credito. E, conclude Hayek, non si vede come le banche possano mantenere la circolazione entro questi limiti.

Quello che è necessario non è la cura della crisi, ma che i cambiamenti in atto nella struttura capitalistica siano completati al più presto, in modo da soddisfare le mutate condizioni della domanda. Se la struttura della domanda, determinata dagli individui (agenti) con le loro scelte (preferenze) viene distorta con la creazione di una domanda fittizia, la produzione è male indirizzata e l’adattamento alle condizioni reale di mercato è rinviato. Non esistono cure, se non il tempo. Hayek:

..giungiamo a risultati che non fanno altro che confermare l’antica verità secondo la quale possiamo forse impedire l crisi frenando a tempo l’espansione del sistema economico ma, una volta che essa è sopraggiunta, non possiamo fare nulla per uscirne prima che essa sia naturalmente conclusa.

LA MONETA

Alla luce dell’analisi fin qui sviluppata Hayek trae ora le conclusioni sulla moneta. Il primo risultato a cui si è giunti è che una caduta dei prezzi proporzionale all’aumento della produttività non solo è innocua, ma è l’unico mezzo che il sistema economico conosce per allineare la struttura produttiva alle preferenze. Una transizione verso metodi di produzione più capitalistici ha sì l’effetto di ridurre il reddito monetario - salvo in caso di completa integrazione verticale della produzione - e, tenendo conto della rigidità nominale dei salari, creerebbe dei disturbi evitabili sono immettendo nel sistema una quantità di moneta aggiuntiva esattamente pari alla variata proporzione tra domanda di beni di consumo e di produzione, al fine di mantenerla inalterata, obiettivo non perseguibile nella pratica; come abbiamo visto però quest’effetto sarebbe compensato dall’aumento del reddito reale, al minor prezzo cioè al quale è possibile acquistare i beni di consumo.
Si ricorda che quando parliamo di cambiamento nella quantità di moneta in questo contesto ci si riferisce alla totalità dei mezzi di scambio disponibili in un sistema economico chiuso o nel mondo intero (il che è equivalente); quando invece si tratta di problemi pratici, ci si riferisce alla quantità di moneta circolante come un particolare genere di mezzo di scambio usato da una o più nazioni parte di un sistema economico più ampio. Questa distinzione è importante perché la moneta circolante, come è definita nel secondo caso, è continuamente soggetta a fluttuazioni - quando aumenta o diminuisce il volume della produzione locale, anche qualora la quantità totale di moneta resti costante.
Affinché i prezzi non subiscano influenze monetarie - ovvero al fine di avere una moneta neutrale - l’offerta di moneta deve rimanere costante. E’ possibile? Non sono forse gli economisti giunti alla conclusione che l’ammontare di moneta necessario allo svolgersi dell’attività economica deve fluttuare regolarmente con le stagioni e che le banche centrali non solo, nel rispondere alle accresciute o diminuite domande di moneta, possono soddisfare tali esigenze senza provocare danni ma devono necessariamente farlo per evitare inceppi nel sistema? Come si concilia, si chiede Hayek, tutto ciò con i risultati a cui ci ha portato l’analisi? Le ragioni per cui le fluttuazioni sono necessarie nei singoli paesi valgono anche qualora si consideri il sistema monetario nel suo complesso e la quantità totale di moneta? Riportiamo per intero la lucida argomentazione di Hayek:

L’aumento o la diminuzione della quantità di moneta che circola in un area geografica assolve ad una funzione altrettanto determinata da quella svolta dall’aumento o diminuzione dei redditi monetari dei singoli individui, cioè la funzione di rendere gli abitanti capaci di appropriarsi di una quota maggiore o minore del prodotto del mondo. La grandezza relativa dei redditi totali di tutti li individui di una comunità ‘aperta’ sarà sempre in un ben preciso rapporto con la quota che essi ottengono del prodotto totale del mondo. E se la circolazione monetaria entro quella nazione cresce regolarmente come conseguenza di un aumento della sua produzione, questa è solo una delle tappe, nel processo di aggiustamento, necessarie affinché quella nazione diventi capace d ottenere per sé una porzione maggiore del prodotto del mondo. Quello che, se considerato dal punto di vista della singola nazione, sembra un aumento assoluto della quantità di moneta in circolazione conseguente ad un aumento della produzione, di fatto non è altro che un cambiamento nella distribuzione relativa locale della moneta utilizzata da tutte le nazioni, che a sua volta è la condizione necessaria per un cambiamento nella distribuzione del prodotto del mondo intero.[..] [Questo] non è una prova che lo stesso sarebbe necessario per una comunità isolata; dimostra piuttosto, per contrasto, quanto sarebbe inutile un aumento della circolazione monetaria sia per questa comunità che per il mondo intero. #


In fondo qui si sta esprimendo, con parole diverse, un giudizio sull’irrilevanza della moneta in quanto tale. O meglio, si argomenta che se essa altro non è che “specchio dei beni”, una maggior quantità di essa si diffonde in un paese in seguito ad un aumento dei beni; la moneta cioè non aumenta a partire da se stessa. Allo stesso modo un aumento nella quantità totale di moneta, uniformemente e proporzionalmente distribuito, non avrebbe alcun effetto sulla ricchezza, lasciando gli individui nelle stesse condizioni di prima per quanto riguarda la loro capacità di appropriazioni del prodotto. Se perciò la quantità totale di moneta è aumentata d’arbitrio, si opera un trasferimento di ricchezza a favore dei primi prenditori che si manifesta successivamente in una perdita di potere di acquisto di un’unità della moneta stessa: a parità di prodotto del mondo è necessario riallineare le proporzioni tra esso e la quantità di moneta ora presente; il tempo necessario affinché l’aggiustamento si compia è esattamente quello in cui i nuovi prenditori possono avvantaggiarsi della moneta ricevuta.

Un altro distinguo, causa di molte confusioni, che è necessario fare, è quello tra la domanda di moneta in generale e quella di particolari tipi di moneta. Il fenomeno di cui si parla è quello per il quale in alcuni periodi dell’anno una porzione maggiore della moneta circolante sarà in forma liquida. Questo accade ad esempio nei giorni di pagamento, piuttosto che in quelle stagioni dove i consumi sono più alti. Secondo Hayek, ciò non implica necessariamente una variazione del medio circolante, a patto di rendere questo concetto tanto da ampio da includervi qualsiasi cosa possa fungere, anche solo temporaneamente, come moneta. Questo perché ogni variazione della quantità di moneta, sia essa moneta legale - monete coniate, banconote, depositi bancari - o altri mezzi di scambio - si pensi alla cambiale - dovrebbe essere considerato nell’analisi teorica qui sviluppato equivalente. Queste ultime forme di credito che fungono da moneta e non possono essere controllate dall’autorità centrale, sorgono con una certa facilità anche perché, ed è bene non dimenticarlo, ci si aspetta che esse possano essere facilmente convertite in moneta. Ovvero non sono indipendenti dallo stato del ‘credito legale ’ .
A questo punto bisogna chiedersi se sia utile cercare di far variare il medio circolante in maniera tale da rendere la moneta interamente neutrale rispetto ai prezzi e se questo fine sia perseguibile da un’autorità monetaria.
Il credito di un paese è costituito, immaginandolo quantitativamente come una piramide rovesciata, al vertice dalla base monetaria, sopra al quale sta la banca centrale, quindi i crediti delle banche commerciali ed infine la totalità dei crediti commerciali esterni alle banche. Un’autorità monetaria può controllare direttamente i primi due, ed indirettamente il terzo gradino. Le proporzioni ( “l’angolo al vertice”) possono variare e durante un boom cresce l’ammontare di crediti concesso dalla banca centrale sulla stessa base monetaria, crescono i crediti delle banche commerciali e così via. “ Così, anche se le banche centrali riuscissero a mantenere la base della struttura del credito immutata durante la fase ascendente del ciclo, non vi può essere dubbio che la quantità totale del medio circolante nondimeno crescerebbe. Per impedire l’espansione, perciò, non è sufficiente che le banche centrali, contrariamente alla propria pratica, si astengano dall’espandere i loro propri crediti […] [ma] sarebbe necessario che esse contraessero proporzionalmente il credito ”.# Cosa che, si aggiunge, è ragionevolmente utopistico aspettarsi che accada.

Nonostante le possibilità di praticare simili politiche siano state - allora e oggi - nulle, e il continuo errato indirizzo della produzione ha prodotto un sistema i cui risultati nuovi sono stati principalmente nell’aumento della frequenza con cui il ciclo si manifesta, non si vede per quale motivo rifiutare, sulla base di una scarsa aderenza allo zeitgeist moderno #, l’analisi teorica e spingerla fino alle sue conseguenze pratiche.

In ultima analisi vengono analizzati i casi in cui un’impresa integra due o più stadi che prima erano svolti separatamente, ed il caso opposto in cui due o più stadi che esistevano in una impresa integrata siano ora svolti da imprese differenti. Nel primo caso si libera una quantità di moneta, ora non più necessaria per le transazioni, mentre nel secondo una quantità di moneta prima disponibile per la circolazione viene ora impiegata per effettuare i pagamenti necessari al passaggio dei beni attraverso gli stadi separati. I due casi influiscono sulla struttura produttiva e sono equiparabili, rispettivamente, al caso di un cambiamento nelle preferenze a favore della produzione e il caso opposto di un aumento in favore del consumo, anche se quantitativamente minori. Non v’è dubbio che in entrambe queste occasioni il ritiro della quantità di moneta aggiuntiva - o la sua immissione nella circolazione, a seconda - ristabiliscano immediatamente lo stato iniziale senza che i prezzi siano influenzati. Ma, come nei casi considerati in precedenza, se le motivazioni che spingono questi processi sono reali, al termini della transizione la struttura produttiva sarà nuovamente stabile e adatta alle proporzioni delle preferenza. Se viceversa la domanda del nuovo imprenditore di scorte liquide - nel caso della separazione di un’impresa prima integrata - venisse soddisfatta con la creazione di moneta nuova, il cambiamento della quantità di circolante non agirebbe sull’orientamento della domanda e servirebbe solo preservare l’equilibrio esistente. Si aggiunge inoltre che, se si vuole che la moneta sia neutrale rispetto al sistema dei prezzi e alla produzione, ogni cambiamento nelle proporzioni tra il flusso totale di beni e la quantità di essi che sono scambiato contro moneta dovrebbe essere compensato da un aumento del volume di moneta.

La situazione cambia quando si rimuove l’ipotesi, fin qui assunta, che la velocità di circolazione della moneta sia costante, ovvero fino a che si consideri solo l’ammontare dei pagamenti effettuati durante un dato periodo di tempo. L’eccezione - simmetrica - del paragrafo precedente, una volta rimossa quest’ipotesi, non è più la sola nel quale non possiamo considerare neutrale la moneta. I cambiamenti nella velocità di circolazione sono assimilabili a quelli nella quantità di moneta, e se si vuole che la moneta sia neutrale rispetto ai prezzi ogni cambiamento dovrebbe essere compensato da una proporzionale immissione o sottrazione della moneta nel sistema economico. Non solo: sarebbe necessario anche controllare che la moneta venga effettivamente data - o sottratta - a coloro che effettivamente la richiedano, ovvero sia immessa in quelle parti del sistema economico dove si verificano cambi nella velocità di circolazione. Nel caso della sottrazione il problema - che da un punto di vista esclusivamente teorico può non apparire insormontabile - sarebbe ancora più complicato. Tuttavia, tutto ciò può tradursi in pratica di politica economica? E’ impossibile accertare il saggio di interesse naturale che eliminerebbe ogni eccesso di domanda di capitale rispetto all’offerta di capitale reale, e anche se lo fosse, non sarebbe possibile impedire alle banche di espandere il credito durante la fase ascendente del ciclo. #

Hayek conclude che l’unica prassi di politica che può suggerire a partire dai propri risultati è in negativo: un aumento della produzione e del commercio non giustificano un’espansione del credito, e le banche “ non devono temere di creare danni alla produzione se eccedono in prudenza […] E’ probabilmente un’illusione pensare che saremo in grado di eliminare le fluttuazioni industriali attraverso una politica monetaria. Il massimo che possiamo sperare è che la crescente informazione presso il pubblico consenta alle banche centrali di seguire una politica cauta durante la fase ascendente del ciclo, così da mitigare la depressione successiva, come pure di opporsi alle proposte, avanzate in buona fede ma pericolose, di combattere la depressione attraverso ‘un po’ di inflazione’.# ”

Il futuro premio Nobel si dichiara modestamente soddisfatto # per ciò che ha messo in luce: la dubbia veridicità delle dottrine contemporanee sulla moneta, ed in particolare l’opinione che basti stabilizzare il valore di questa per eliminare tutte le sue influenze sul sistema dei prezzi - e che perciò, se la moneta è stabile, è lecito escluderla dall‘analisi teorica; la necessità di abbandonare la massima di Mill e di ripensare i compiti della teoria monetaria, più vasti “di quanto comunemente non si presuma” #. Essa deve ripercorrere “una seconda volta l’intero percorso” svolto dalla teoria pura nell’ambito del baratto, e analizzare quali cambiamenti si rendono necessari quando si introduce lo scambio indiretto. Fino a che questo lavoro non viene svolto, e non vi è accordo sulle questioni teoriche essenziali, non è possibile e nemmeno immaginabile una riforma di un sistema monetario ormai totalmente sottratto alle influenze dei singoli individui #.

Infine Hayek si riserva una stoccata, che chiude le sue lezioni:

Sebbene io creda che i ricorrenti stati di depressione economica possono essere spiegati soltanto a partire dall’operare delle nostre istituzioni monetarie, non credo sia possibile spiegare in questo modo ogni stato di stagnazione economica. Mi riferisco in particolare al tipo di depressione prolungata che alcune nazione europee stanno attualmente attraversando. Sarebbe facile dimostrare con lo stesso tipo di analisi che ho utilizzato nelle ultime due lezioni [‘Il ciclo economico’ e ‘la moneta’ in questo lavoro] che certi tipi di iniziative dello Stato, provocando una sostituzione tra la domanda dei beni di produzione e la domanda dei beni di consumo, possono provocare un continuo accorciamento della struttura capitalistica della produzione, e perciò una prolungata stagnazione. Questo può accadere nel caso di una crescita della spesa pubblica in generale, o di particolari forme di tassazione o di spesa pubblica. In questi casi, naturalmente, nessuna manipolazione del sistema monetario può esserci d’aiuto. Solo una radicale revisione della politica fiscale può fornire la cura. #


Milano, ieri

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