Re: Sviluppo sostenibile equo

Inviato da  Al2012 il 17/7/2007 14:54:25
Provo a fare un ragionamento seguendo l’analisi di Ashoka, che ha paragonato:

comune indivisibile: la viabilità, i trasporti pubblici, la cura del territorio, la nettezza, la sicurezza.

bisogni fondamentali: il cibo, il vestiario, l’acqua, l’alloggio, l’energia, la sanità, l’istruzione, la comunicazione.

Paragonando il tutto, o per meglio dire, il concetto di <<produzione pubblica è standardizzata>> al concetto del “comunismo reale” della Unione Sovietica.

Ovviamente mi è difficile dagli torto, soprattutto se questo concetto viene estrapolato da discorso più approfondito che è espresso nel libro.

Ora provo a spiegare il mio pensiero con un esempio, forse banale ma che spero sia coerente, per aiutarmi parto da questo concetto che era presente nella mia trascrizione:

<<Pubblico o privato, mercato o gratuito non sono principi assoluti. Sono formule che fanno parte della nostra cassetta degli arnesi. Ognuna ha la sua funzione e noi dobbiamo utilizzarle volta per volta, in base all’obiettivo da raggiungere.>>

Pubblico e privato in realtà sono dei mezzi, sono strumenti.

Per esempio paragoniamo il pubblico ad un martello, se lo utilizzo per piantare un chiodo nel muro faccio un uso utile dello strumento, ma se lo uso per darlo in testa ad una persona faccio un uso improprio dello strumento.

Lo stesso ragionamento lo posso fare per il mercato paragonandolo ad una sega, che posso utilizzare per tagliare un legno oppure le gambe ad una persona.

Commetto ugualmente un errore se voglio utilizzare una sega per piantare un chiodo al muro, o se uso un martello per tagliare una tavola di legno.

Con questo voglio dire che, nel caso pubblico/privato, non è tanto il mezzo ad essere inefficace, ma l’utilizzo improprio che se ne fa.

Quindi bisognerebbe riuscisse a concepire una industria pubblica finalizzata (standardizzata è termine che da fastidio anche a me, perché da l’idea di burocraticamente rigido) alla produzione di beni essenziali ad una esistenza dignitosa. Ed una industria privata finalizzata alla personificazione di beni che rendono più variegata l’offerta per non correre il rischio di standardizzare la personalità individuale dell’uomo e della donna dando spazio al desiderio d’espressione e di libertà.

In merito al concetto di “libertà” provo a fare un altro esempio:

L’auto privata. E’ un mezzo che da sfogo alla mia libertà di movimento, parto quando voglio, faccio il percorso che desidero, mi fermo dove voglio, e nel rispetto dei vincoli del codice stradale vado alla velocità che voglio. Quindi è un mezzo utile alla mia libertà, che ovviamente devo estendere a tutte le persone.
In una città con per esempio 1 milione di persone (il numero è relativo, sarebbe più giusto parlare di densità abitativa) con altrettante macchine espressione della libertà individuale di muoversi liberamente, che cosa si ottiene in realtà.

Lo si vede quotidianamente nei grandi centri urbani, dove ogni spazio è occupato da macchine in sosta, le strade sono intasate, sono seduto su macchina che può andare anche a velocità bene superiori ai limiti, ma sono costretto a procedere a passo d’uomo, devo girare e per ore per trovare un posto in cui lasciare la macchina.

Quindi un mezzo espressione di libertà in realtà si è trasformato in un mezzo che limita la mia libertà di movimento, trasformando i centri urbani, le piazze, le vie in un immenso parcheggio caotico, rumoroso ed inquinante. Le città sono prigioniere di un muro di macchine espressione delle libertà individuale.

Se una amministrazione pubblica emanasse una legge che vieta l’uso di mezzo privato in città verrebbe subito definita liberticida, statalista, stalinista, nazista ecc. Mentre in realtà farebbe l’unica cosa logica per poter garantire a tutti il diritto e la libertà di muoversi in modo più razionale.

Le città non sarebbero più enormi parcheggi, ci sarebbero piazze libere, vie libere da veicoli, un’aria più respirabile e un rapporto tra le persone meno teso, meno liti per il parcheggio ecc.

Ovviamente il mezzo privato deve essere sostituito con un adeguato mezzo pubblico, che comunque sarebbe agevolato dal minor numero di mezzi in circolazione, si potrebbero utilizzare mezzi elettrici, le soluzioni sono diverse ….

Questo è solo un esempio per dare l’idea che i mezzi che consideriamo espressione della nostra libertà non sempre ci rendono liberi, ma in realtà ci schiavizzano.

In merito al “diritto della casa” mi rendo conto che il discorso è complesso, e non so se l’edilizia popolare sia sostenibile ed accettabile e penso che il problema maggiore stia nel reperire i fondi necessari al finanziamento.

Però se facciamo un confronto con quanti soldi pubblici vengo sprecati per esempio per comprare armi, per costruire mezzi di distruzione e l’elenco potrebbe essere molto lungo ….

Il considerare le tasse una coercizione, secondo me, è dovuto dall’uso improprio del mezzo, (il martello dato in testa) perché in se è un mezzo di solidarietà per partecipare al mantenimento del bene pubblico.

Che la tassazione è iniqua è dimostrato anche dal fatto che c’è gente che può spendere 1.000 euro per comprarsi un paio di stivali e molta altra gente che deve arrivare a fine mese con 500 euro.

In certi casi si potrebbe utilizzare anche un diverso tipo di tassazione, un esempio personale.

Sono disoccupato, ma per mia fortuna proprietario della casa in cui vivo, però devo trovare i soldi per pagare l’ici, se il comune mi chiedesse al posto dei soldi, di rendermi disponibile a svolgere un lavoro comunale limitatamente a controbilanciare il valore che gli devo, anche dare di ramazza per le strade, io accetterei, senza sentirmi ne umiliato, ne schiavizzato.

Considerare la “decrescita o sviluppo sostenibile” come un rinuncia alla comodità della tecnologia, come una perdita in qualità della vita, è sbagliato, anzi, secondo me, è vero il contrario.

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