Re: Money from nothing

Inviato da  emi il 11/7/2006 14:09:38
Giornale di Brescia del 27-06-06

NUOVI EQUILIBRI Robert Wescott analizza i limiti di un sistema basato soprattutto sui consumi
Il mattone pesa sul futuro degli Usa

Claudio Venturelli – BRESCIA
Strana economia quella Usa, difficile da leggere per noi del vecchio continente, che siamo certamente più virtuosi del cittadino medio a stelle e strisce. Lo siamo perché risparmiamo di più, perché raramente stacchiamo più di un mutuo sulla prima casa e, se lo facciamo, è per comprarci qualcosa di meglio e non per finanziare l’auto nuova. Ed è anche per queste differenze che ancora non ci facciamo ragione del perché sia quello il modello trainante dell’economia. Ma la risposta c’è: la civiltà del consumo per eccellenza, dell’edonismo reganiano, è anche quella che "just in time" sa mettere in campo robuste risorse hi-tech pèr rispondere, colpo su colpo, anche in termini di produttività. Un quadro ideale sul quale però occorre essere cauti, misurando prima le condizioni macroeconomie, poi gli eventuali "mal di pancia" locali, pronti a rimbalzare (negativamente) in Europa.
Questo è stato l’oggetto della relazione di Robert Wescott, capo economista all’epoca della presidenza Clinton che, con un’illustrazione magistrale, ha messo a confronto le attuali politiche monetarie restrittive (“la Fed potrebbe rialzare il costo del denaro ancora di un quarto di punto passando a 5,25 e un ritocco al rialzo è prevedibile anche dalla Bce”) col rallentamento del flussi di liquidità destinati agli investimenti, ma soprattutto con la mannaia petrolifera che incombe sull’Occidente. E quest’ultimo è il problema dei problemi. "E c’è da crederci soprattutto se l’apertura alle energie alternative viene da un presidente come Bush, legato a doppio filo con i petrolieri texani”. Bush junior vuole diminuire la dipendenza dalle forniture orientali. Lo deve fare perché se non riuscirà nell’intento (e in questo dovrebbe essere forse più assecondato dall’Europa) il rimbalzo del barile a 120 dollari sarà inevitabile. Lo scenario si sdoppia: da un lato ci avviciniamo alle quotazioni ‘81-‘82, che innescarono una crisi economica paragonabile solo a quella del ’29, d’altro canto, a differenza degli anni Ottanta, oggi dobbiamo tenere conto del «fattore cinese». Pechino inaugura una centrale a carbone ogni 5 giorni nel quadro di un piano che prevede di aggiungere altri 500 impianti agli attuali 380. Altre 40 centrali nucleari non saranno sufficienti a diluire la domanda di petrolio. Perché? Semplice. La ricchezza cresce e sebbene la Cina sia un Paese dove la distribuzione del reddito non è legata all'esercizio della democrazia, la base dei cittadini con una disponibilità finanziaria compresa fra i 5 ed i 9mila dollari aumenterà in pochi anni (c'è chi assicura in meno di tre) dell'80%. Il risultato sarà un incremento delle vendite di auto pari al 400%, ovvero milioni di modelli in più, ovvero consumi in aumento.
Gli Usa - sostiene Wescott - devono vincere la scommessa energetica e debbono farlo in fretta se non vogliono che la crisi del mattone rimbalzi con troppa forza sugli equilibri interni. I primi mesi del 2006 (gli indicatori sono stati forniti dai costruttori Usa) non danno segnali confortanti. Le 13 categorie del comparto (dagli impresari ai mediatori) dichiarano calo occupazionale dovuto al ribasso delle vendite. Il motivo (anche se Robert Wescott non parla esplicitamente di “bolla” speculativa) è semplice: in 7 anni i prezzi Usa sono aumentati del 75% (un po' come da noi), con picchi del 125% in California. Su questo surplus il risparmiatore Usa, che poi tale in fin dei conti non è, ha rifinanziato il proprio debito, staccando un ulteriore mutuo, ricontrattandone altri in corso. Ma se “bolla" sarà, questa innescherà inevitabilmente una contrazione dei consumi interni Usa, insomma il perno dell'economia americana. E se nello scenario mondiale possiamo guardare con moderato ottimismo all'Europa, ma anche al Giappone, oltre che ai “soliti" Paesi emergenti, dobbiamo anche considerare i mercati finanziari. Wescott non si sottrae alla sfida, ovviamente non legandola al breve, quanto incerto periodo. Nel medio-lungo i comparti sui quali Wescott sente di spendere il proprio giudizio positivo sono quattro: azioni degli operatori impegnati nella ricerca di combustibili alternativi; la ricerca in veicoli a basso impatto ambientale; l'industria farmaceutica impegnata in particolare nella ricerca antipandemica (sui vaccini); la ricerca e l'industria che si occupa dell'antiterrorismo.

Qualche tessera per il Buzzword bingo?

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