Re: Il Signoraggio e la truffa delle banche

Inviato da  Ashoka il 26/2/2006 21:47:44
Scusate di nuovo il lungo post (se rovina il thread lo metto su un doc e lo linko lasciando solo il riferimento)

Citazione:
Per ashoka: premettendo che non ho cambiato idea riguardo il discorso dell'altro giorno in chat, che cioè il ripristino della valuta aurea non metterebbe fine ai problemi relativi al denaro con i suoi annessi e connessi, e che citando esempi illustri quali waimar e la Spagna di CarloV e FilippoII sicuramente dimostri che la convertbilita in oro non risolverebbe il problema del signoraggio,


Esempi in cui la moneta la coniava lo Stato e la svalutò, o che spesero l'enorme afflusso di metallo prezioso per condurre guerre piuttosto che per investimenti produttivi.

ti pongo una domanda: "Perchè il Piemonte invase e conquistò (perché questo avvenne) il regno delle due Sicilie per rubargli l'oro che avevano"?

Il nuovo stato (l'Italia) inizia , pertanto, la propria vita finanziaria con uno stock di debito pari a circa il 40 per cento del prodotto interno lordo stimato dal gruppo Fuà per l'anno 1861. Il carico non è, tuttavia, equamente distribuito tra i cittadini degli stati pre-unitari. Al netto dei debiti dovuti alla guerra d'indipendenza, l'indebitamento per abitante dei cittadini dell'ex Regno di Sardegna è di 188 lire contro le 84 di quelli dell'ex Regno delle due Sicilie, e le 55 dei toscani.

G.Toniolo “Storia economica dell'Italia liberale” pag.90

Citazione:
Ammetterai che dopo quella mossa e dopo l'annessione del Regno delle due sicilie al Piemonte, Cavour, che aveva interessi nella banca d'italia, riusci grazie all'oro rubato a finanziare lo sviluppo del nord a scapito del sud e questo è innegabile.


La spedizione di Garibaldi non comportò i costi di mantenimento di un esercito in pianta stabile e di grosse dimensioni, quale quello necessario per combattere l'Austria. L'invasione del Regno delle due Sicilie comportò più problemi di tipo diplomatico, nel convincere le altre potenze ad accettare la nascita di un'Italia diversa da quella concordata (essenzialmente il centro-nord escluso lo Stato della Chiesa).

Senza l'oro dei Borbone, Cavour avrebbe lasciato il Piemonte in uno stato di arretratezza enorme a causa delle varie guerre e della convertibilita che era di 3 lire di carta per una d'oro.

Talmente prezioso quell'oro che: Nel 1866, quando lo stock di debito pubblico in circolazione ha già raggiunto il 72 per cento del prodotto interno lordo, la guerra a fianco della Prussia pone ulteriori urgenti esigenze di spesa. Il ricorso a nuove emissioni di titoli appare impossibile. Il governo decide, pertanto, di rivolgersi alla Banca Nazionale del Regno per un prestito da 250 milioni di lire. La Banca chiede, quale contropartita, l'autorizzazione a sospendere la conversione metallica dei propri biglietti e l'instaurazione del cosiddetto regime di corso forzoso

ibidem, pag 101/102

tu citi questo passo.in cui si afferma che:
Avvenuta la conquista di tutta la penisola, piemontesi misero le mani nelle banche degli Stati appena conquistati. Naturalmente la Banca Nazionale degli Stati Sardi divenne, dopo qualche tempo, la Banca d'Italia. Avvenuta l'occupazione piemontese fu immediatamente impedito al Banco delle Due Sicilie (diviso poi in Banco di Napoli e Banco di Sicilia) di rastrellare dal mercato le proprie monete d'oro per trasformarle in carta moneta secondo le leggi piemontesi, poiché in tal modo i Banchi avrebbero potuto emettere carta moneta per un valore di 1200 milioni e sarebbero potuti diventare padroni di tutto il mercato finanziario italiano. Quell'oro piano piano passò nelle casse piemontesi. Tuttavia, nonostante tutto quell'oro rastrellato al Sud, la nuova Banca d'Italia risultò non avere parte di quell'oro nella sua riserva.

Peccato che ciò non sia del tutto vero. Infatti benché Cavour fosse ancora nel 1860-1861 favorevole almeno in linea di principio, alla concessione del monopolio dell'emissione a una sola grande banca... tuttavia.... La linea seguita è assai diversa. La Banca nazionale Sarda, diventa Banca nel Regno, riesce ad assorbire solamente la piccola Banca degli Stati Parmensi, la Banca Pontificia per le Quattro Legazioni di Bologna e, nel 1866, il modesto stabilimento Mercantile di Venezia. Per il resto, ancora vivo Cavour nel 1860, il governo provvisorio fiorentino autorizza la creazione di una seconda banca di emissione (la Banca Toscana di Credito). Sono, così, cinque le banche con diritto di emissione operanti nel territorio del nuovo Regno dal momento dell'unificazione politica.

ibidem pag. 92/93

Quali sono queste banche? Banca Nazionale nel Regno, Banca Nazionale Toscana, Banca Toscana di Credito, Banca Romana (dal 1870), Banco di Napoli, Banco di Sicilia.

E la banca d'Italia?

La nuova legge prevede la nascita, il 1 gennaio 1894, della Banca d'Italia – frutto della fusione della Banca Nazionale nel Regno, della Banca Nazionale Toscana, della Banca Toscana di Credito – con il capitale, assai cospicuo, di 300 milioni. Il 73 per cento dei 1097 milioni stabiliti quale limite massimo per la circolazione viene assegnato al nuovo istituto, il 22 per cento al Banco di Napoli e il restante 5 per cento al Banco di Sicilia.

ibidem pag 152

Come vedi gli eredi di Karl Rothschild han saputo mantenere la presa salda.

Citazione:
Ricordo a tutti infatti, che diversamente da quello che dicono i libri di storia il Regno delle due Sicilie ( di cui sono fiero di avere origini ) era un regno ricco e proghedito (non a caso uno dei Rothschild, Carl, era venuto proprio a Napoli per aprire una filiale del padre).


Erano ricchi in pochi, i soliti. So che la tesi di Nitti di un drenaggio di risorse nette da Sud a Nord è seducente, ed in parte è anche vera, ma in parte. Le uniche protoindustrie che erano nate nel regno di Napoli vivevano di commesse pubbliche e di protezionismo e, come dice Fortunato”tutti credevano che la terra promessa, colma di tutti i doni celesti, a' quali male aveva corrisposto la fiacchezza degli abitanti, fosse appunto il Mezzogiorno” [..] “che dalla geografia e dalla storia fu per secoli condannato alla miseria”

G.Fortunato Il Mezzogiorno e lo Stato Italiano p. 318

Ashoka

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