Re: Cosa ci aspetta ….. speriamo di no.

Inviato da  a_mensa il 11/8/2010 14:06:29
La bolla prossima ventura.
Nel mio precedente “Cosa ci aspetta …. Speriamo di no” ho segnalato come potenziale detonatore di una crisi analoga a quella americana degli anni 30 o come quella della repubblica di Weimar, la velocità di circolazione della massa monetaria.
Il valore dei beni comprati/venduti in un certo periodo di tempo è funzione della massa monetaria ma anche della sua velocità di circolazione.
Da tempo grande attenzione è dedicata alla massa monetaria, ma pochissima all’altro fattore.
Questa omissione mi ha spinto a suonare un campanello d’allarme, indicando come il recupero di denaro parcheggiato in borsa o nell’immobiliare, potrebbe scatenare, dietro spinte umorali, una iperinflazione analoga a quella dei periodi summenzionati.
Con grande tempestività e competenza D.T. di Intermarket&more ha subito colto lo spunto, ritenendo né l’immobiliare né l’azionario così fortemente “gonfiati” da considerarli un pericolo immediato, di andare a scoprire l’arcano, dato che ha percepito il mio allarme fondato.
E in effetti l’ha scoperto e pubblicato in un mirabile intervento di ieri 10/8.
Non l’azionario, quindi, e nemmeno l’immobiliare, sono la bolla spropositatamente gonfiata, ma l’obbligazionario. Bond sia sovrani (titoli di stato) ma anche corporate (obbligazioni di aziende) hanno gonfiato il mercato di denaro provvisoriamente parcheggiato a tassi ridicoli. Contemporaneamente la velocità di circolazione è diminuita in proporzione, mascherando del tutto il potenziale inflattivo.
Ed il pericolo sta proprio nel fatto che tali asset sono estremamente “liquidi” quindi convertibili, almeno fino a che tale mercato non dovesse “scoppiare”. Questa gran massa di denaro, in mano a banche ma anche a risparmiatori, potrebbe esser soggetta a scatti umorali, con conseguenze disastrose.
Non occorre infatti esser degli economisti esperti, per capire che, se la “signora Maria” ha comprato con i suoi risparmi dei bond a 3 anni che le rendono lo 0,5%, al primo sintomo di percezione di inflazione crescente , tenderebbe a disfarsene.
Teniamo presente che dovrebbe ragionare su due alternative, una peggiore dell’altra, ovvero tra il tenerli fino alla scadenza e quindi prendersi la perdita di valore tra la differenza tra il tasso di inflazione reale e lo 0,5% incassato, e venderli subito, e subire una perdita immediata data dalla caduta di valore di tali titoli (se per ipotesi i nuovi titoli venissero emessi al 2,5% annuo, la perdita di valore sarebbe di circa un 2% annuo, ovvero circa il 6%), dopo di che dover decidere come mettere tali risparmi al sicuro in un clima di inflazione crescente. Quindi con buona probabilità deciderebbe di disfarsene, per almeno avere la liquidità disponibile.
Cosa ha provocato tutto ciò ?
Il quantitative easing, o suoi analoghi riferiti ad asset comunque non negoziabili, nato per evitare che un picco di offerta di titoli influisse troppo pesantemente sui rendimenti, ma usato ultimamente più per calmierare i tassi di interesse sui titoli sovrani che per il suo scopo originale, ha truccato il mercato.*(1)
Infatti , una banca centrale che acquisti titoli, perché il mercato li giudica non convenienti per il tasso offerto troppo basso, in effetti da una mano al tesoro, appunto permettendo emissioni a tasso basso, ma accumula nelle sue casseforti titoli difficili da piazzare sul mercato.
È quindi una distorsione del mercato che se usata propriamente aiuta il mercato stesso a non subire dei picchi spropositati, ma che se usato impropriamente può creare le premesse per crisi ben più gravi, quando i mercati si accorgano di esser stati “raggirati” nel valutare l’effettivo rischio di insolvenza, o comunque di valutazione di tali asset.
Purtroppo le correzioni, in questo caso non sono ne graduali, ne tantomeno indolori.
Le tante “signora Maria”, che agiscono molto più di istinto che di testa, potrebbero quindi esser la causa scatenante dello scoppio di questa bolla di liquidità (in carenza di liquidità).
Il fatto di tenere artificiosamente i tassi bassi, crea una montagna di titoli i cui possessori tenderebbero a disfarsene al primo sintomo di inflazione, e quindi di aumento dei tassi stessi, soffocando il mercato stesso.
Tale manovra ha quindi “parcheggiato” una quantità elevatissima di denaro , sottraendola al mercato dei beni di largo e comune consumo, e quindi evitando che si diffondesse la percezione di ambiente inflattivo, il tutto con lo scopo di mantenere artificiosamente bassi i tassi di interesse pagati dagli stati, sui titoli che devono emettere per finanziare i disastrosi salvataggi del sistema bancario degli anni passati.
Ma l’emissione del denaro c’è stata, ed esso è nel mercato, anche se temporaneamente non visibile, o almeno poco visibile.
Ma cosa accadrà se e quando spinte inflattive dovessero arrivare dai mercati delle materie prime o dai prodotti agricoli ?
Banche centrali già sature di titoli, obbligate a tenere i tassi bassi per non mandare in default il tesoro, con banche che hanno ridotto i prestiti e quindi impossibilitate a chiedere “rientri”, non avrebbero ulteriori mezzi di drenaggio della liquidità, che associato a tassi vicini allo 0 , verrebbero colte con tutte le loro armi tradizionali , per combattere simili eventi, completamente inutilizzabili.

Mensa Andrea


(1) Il quantitative easing è correttamente usato e quindi non dannoso, solo quando una grossa, e quindi anomala, quantità di titoli vengono a scadenza e devono essere rinnovati.
Dato che tali titoli vengono offerti con aste al ribasso, la cui caratteristica principale è di limitare i tassi di interessi offerti su tali titoli tanto più quanto la richiesta è superiore all’offerta.
Nelle situazioni in cui si abbiano offerte anormalmente alte, interviene la banca centrale acquistandone una parte e riportando l’asta a volumi compatibili con le disponibilità dei mercati, ma con la condizione di disfarsi , vendendoli successivamente, di tali titoli in tempi brevissimi.
Ordine di grandezza giorni o al massimo qualche settimana.

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