Lo stragista di Tolosa era una pedina degli 007

Inviato da  Maksi il 19/6/2012 10:51:20
Ecco come si organizzano le stragi e con chi.
Video-choc: lo stragista di Tolosa era una pedina degli 007 di Giorgio Cattaneo – 18/06/2012 Fonte: libreidee

«Va’ all’inferno, traditore. Mi hai mandato in Iraq, Pakistan e Siria per aiutare i musulmani. E ora ti riveli essere un criminale e un capitano dei servizi francesi. Non lo avrei mai creduto». A parlare è Mohammed Merah, lo stragista franco-algerino di Al Qaeda poi ucciso a Tolosa dalla polizia, nell’alloggio in cui si era asserragliato dopo aver commesso l’ennesimo attentato. Merah parla in un video e accusa il suo migliore amico, Zouheir: «Mi ucciderete senza un motivo», dice, ma «siete voi che mi avete messo in questa situazione». Merah si congeda drammaticamente da Zouheir: «Non ti perdonerò mai». Il giovane attentatore, scrisse il “Foglio” già il 22 marzo «grazie a fonti dei servizi», era nientemeno che «un’operazione dell’intelligence francese finita male». Un infiltrato “inconsapevole”, incaricato di organizzare stragi da attribuire poi a paesi come la Siria, accusati di ospitare terroristi.

Bernard Squarcini, capo della Dcri – la centrale dei servizi segreti interni di Parigi – smentì categoricamente all’agenzia “France Press” l’esistenza di una relazione tra il giovane di origine algerina e l’intelligence: «Merah non era un informatore per la Dcri o per altre agenzie d’intelligence nazionali o straniere». Ma ora, scrive Daniele Raineri sul “Foglio”, ecco apparire una prova imbarazzante: il video al quale lo stesso Merah affidò il proprio solitario “testamento”, poco prima di essere liquidato dalle forze speciali il 22 marzo a Tolosa, dopo aver ucciso a sangue freddo, in tre diversi assalti, tre soldati, il maestro di una scuola elementare ebraica e tre scolaretti della stessa scuola. «Merah scoprì di essere manipolato dai servizi segreti francesi», scrive ora “Le Monde”: prima di morire, il giovane terrorista si accorse che uno dei suoi amici, che pensava essere jihadista, era invece «un ufficiale dei servizi segreti francesi. “Le Monde” cita il giornale algerino “Echourouk”, che ha visionato il filmato pubblicandone la trascrizione in arabo, poi tradotta in francese dalla stessa “France Press”.

«Sono innocente», dichiara Merah poco prima di essere ucciso. «Ho scoperto che il mio miglior amico Zouheir lavora per i servizi segreti francesi». Il capitano Zouheir, scrive il quotidiano parigino, fece anche parte della squadra di negoziatori che cercò di indurre Merah alla resa durante l’assedio all’appartamento. Daniele Raineri, sul “Foglio”, rivela che l’esistenza del video è confermata da Isabelle Coutant-Peyre, legale francese che assiste l’avvocato algerino della famiglia Merah. Quanto al contenuto, «c’è la possibilità che Merah si autorappresenti come una pedina inconsapevole e in buona fede e non come un informatore già arruolato, per non infangarsi davanti agli altri». Mesi fa, sempre il giornale diretto da Giuliano Ferrara scrisse che Merah fu facilitato dai servizi francesi nei suoi viaggi all’estero. «Quel “Tu mi hai inviato in Siria, Iraq e Pakistan per aiutare Bernard Squarcini, dell'intelligence francesei musulmani” rivolto all’amico-capitano dell’intelligence – scrive ora Raineri – conferma quanto scritto: c’era un’operazione per infiltrare i gruppi del jihad all’estero».

Si sa che nei campi d’addestramento delle fazioni “filo Al Qaeda” nelle aree tribali del Pakistan – dove Merah visse due mesi – sono passati almeno 85 “volontari” con passaporto francese negli ultimi tre anni, continua Raineri. Proprio quei “volontari” «sono l’incubo della Francia, perché grazie alla cittadinanza possono muoversi con facilità». A dispetto delle smentite ufficiali, aggiunge il giornalista, il tentativo d’infiltrarli da parte dell’intelligence «sembra per questo plausibile – anzi, doveroso: di che altro si occupa un’agenzia di sicurezza?». Ma allora, c’era chi “sapeva” in anticipo che Merah avrebbe sterminato cittadini francesi, compresi i bambini? Secondo due giornalisti investigativi francesi, Eric Pelletier e Jean-Marie Pontaut, che hanno scritto un libro di prossima uscita proprio sul caso-Merah, un servizio d’intelligence occidentale scoprì nel 2011 il collegamento tra il giovane francese e un’organizzazione vicina ad Al Qaeda. Il libro sostiene che quest’agenzia di spionaggio occidentale non meglio definita notò l’attivazione di due indirizzi Internet collegati a Merah a Miranshah, la capitale del Waziristan del nord, che è un’area in mano ai Talebani pachistani coordinati da Al Qaeda.

Inoltre, il francese usava un numero di telefono in contatto con un gruppo estremista. I giornalisti scrivono che la Dcri riconosce di avere ricevuto l’informazione, ma soltanto “giorni dopo” l’uccisione di Merah nel sud della Francia, e cioè quando ormai l’informazione era inutile e ridondante: il collegamento con i campi d’addestramento dei jihadisti in Pakistan era già sui giornali. Il Waziristan, ricorda Raineri, è un’area impenetrabile per i servizi occidentali – che infatti, come nel caso di Merah, sono costretti a montare complesse operazioni d’infiltrazione. Stretta, invece, la sorveglianza elettronica: telefoni e Internet sono sotto controllo, grazie ad un sofisticato sistema degli Usa. «C’è la possibilità che questa “intelligence occidentale” abbia avvertito molto prima i francesi (Merah era interdetto Daniele Raineridai voli verso l’America), ma loro abbiano deliberatamente ignorato l’avvertimento per non bruciare il proprio infiltrato», conclude Raineri sul “Foglio”.

«Gran parte delle vicende terroristiche di questo secolo vedono una profonda commistione fra operazioni terroristiche e operazioni speciali di certi settori dei servizi segreti», scrive “Megachip” in una nota all’articolo di Raineri. Il newsmagazine diretto da Giulietto Chiesa segnala l’esistenza del P2OG, “Proactive, Preemptive Operations Group”, ossia Gruppo azioni attive e preventive: un team speciale del Pentagono creato nel 2002 «con il compito di eseguire missioni segrete miranti a “stimolare reazioni” nei gruppi terroristici, spingendoli a commettere azioni violente che poi li metterebbero nelle condizioni di subire il “contrattacco” delle forze statunitensi». Il paradosso di una simile operazione, aggiunge “Megachip”, è spinto fino a limiti estremi: pare che il piano debba in qualche modo scatenare sottobanco il terrorismo, per poi potervisi opporre vistosamente, sotto gli occhi dei media.

Il documento della Difesa statunitense prescrive varie strategie, comprese azioni di depistaggio attraverso comunicazioni false: «Viene subito alla mente il caso del falso comunicato n. 7 delle Brigate Rosse durante il sequestro di Aldo Moro, nel lontano 1978», quando – con l’aiuto della Banda della Magliana e la supervisione dello stratega americano Steve Pieckzenik – fu annunciato che il cadavere di Moro si sarebbe trovato nel Lago della Duchessa, sulle montagne di Rieti. «Uno dei tanti depistaggi degli “anni di piombo”, quando erano in incubazione su scala limitata i metodi poi Tolosa: forze speciali per il blitz di Sarkozy contro Merahestesi alla globalizzazione della paura», scrive “Megachip”.Ora sappiamo che Merah era “uno di loro”, o meglio: uno strano 007, più o meno “consapevole”, addestrato a scatenare il terrore per poi consentire alle forze di sicurezza di avviare la repressione.

Per non bruciare fonti e contatti, restano ovviamente nell’ombra – per ora – i dettagli sulle istruzioni in base alle quali “stimolare reazioni” nei gruppi terroristici, ma «un’organizzazione come questa – conclude “Megachip” – è perfetta per creare confusione e depistaggi, quel genere di caos che si determina nel passaggio dall’“infiltrazione” alla “provocazione”». Il cerchio si chiude rileggendo il documento del Pentagono: l’uso di questa tattica, spiega “Megachip” citando le carte della Difesa statunitense, «consentirebbe di considerare responsabili degli atti terroristici provocati quei paesi che ospitassero i terroristi, a quel punto considerati dei paesi a rischio sovranità».

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