Re: La prima grande cospirazione finalmente in tribunale!

Inviato da  Trito il 3/2/2006 14:23:32
Bravo Gamala. Aggiungo alcune parti interessanti dallo stesso sito:

Plinio il Vecchio

Plinio il Vecchio, morto nel 79, testimone dei fatti palestinesi che seguirono la presunta crocefissione di Gesù, avendo passato in Palestina un periodo di cinque anni compreso tra il 65 e il 70, non fa la minima menzione di un qualcuno che avesse questo nome.

Famoso per la sua cavillosità nel redigere i fatti in ogni dettaglio, tanto da morire sul cratere del Vesuvio perché gli si era troppo avvicinato per rendersi personalmente conto del fenomeno eruttivo, se tace su Gesù e i cristiani non è certo per trascuratezza o indifferenza.

Del periodo passato in Palestina di tante cose di cui parla, compresa quella riguardante quella comunità essena che si era istallata nel deserto dell'Engaddi della quale fa una descrizione che corrisponde esattamente a quanto abbiamo poi appresa su di essa dai rotoli di Qumran, nulla dice ne di Gesù ne di quella nuova religione formata dai cristiani che secondo gli Atti degli Apostoli andava sempre più imponendosi per il continuo afflusso di decine e decine di migliaia di convertiti.





Seneca

Filosofo e scrittore contemporaneo ai fatti evangelici, ignora nella maniera più totale Gesù, i cristiani e le persecuzioni che secondo la Chiesa furono eseguite contro di essi da Nerone.

Nella ricerca di prove che colmassero questo vuoto estremamente significativo che veniva dal silenzio di Seneca che, quale precettore di Nerone, non poteva ignorare i cristiani se veramente fossero esistiti negli anni 50-60, San Girolamo (347-420), prendendo come spunto lo stoicismo che questo filosofo aveva praticato, nel colmo dell'arroganza arrivò ad affermare che era stato così vicino ai cristiani per la conformità che sentiva di avere con la loro teologia, da dichiararlo padre della Chiesa. E come se questo non bastasse, per dimostrare l'esistenza di questa pretesa relazione con i cristiani la Chiesa non esitò a fabbricare una corrispondenza fraterna tra lui e Paolo di Tarso, corrispondenza che si è dimostrata così assurda e banale che nessuno, compresa la Chiesa, osa più difendere come vera.





Svetonio

Segretario dell'imperatore Domiziano negli anni 90-95, cioè nel pieno delle presunte persecuzioni, anche lui, come Plinio il Vecchio e Seneca, nulla dice di Gesù e dei cristiani.

Nella "Vita dei Dodici Cesari", parlando di Claudio, Svetonio dice che 51 egli scacciò da Roma gli ebrei perché causavano continui disordini dietro l'incitamento di un certo Chrestos* che se la Chiesa non ha più insistito a far passare per Christo, pur avendoci provato, non è stato per un ritegno dovuto al buon senso, ma per ben altri motivi, quali quello storico derivante dal fatto che Gesù morto nel 33 non poteva essere il Crestos del 51, e quello concettuale che le impediva di trasferire il fondatore del cristianesimo nella persona di un rivoluzionario agitatore.

<>. (Vita dei 12 Cesari - Biografia di Claudio).

Questa affermazione di Svetonio riguardo l'espulsione degli ebrei agitatori non è che un'ulteriore conferma della presenza a Roma di una comunità esseno-zelota (non cristiana come sostiene la Chiesa), alla quale appartenevano i coniugi Priscilla e Aquila che ospitarono Paolo manifestamente anche lui un Nazir. (At. 17-18). (Vedi La Favola di Cristo).

*Crestos, che significa "il migliore", fu il maggiore organizzatore di quei disordini che si manifestarono a Roma con particolare frequenza negli anni 39-40 sotto Caligola, disordini che Claudio si adoperò subito a stroncare con un editto che ordinava l'espulsione degli ebrei agitatori allorché nel 41 divenne Imperatore. Il fatto che Priscilla e Aquila fossero tra costoro e che essi avessero ospitato Paolo quale nazir, è un'ulteriore prova confermante che coloro che la Chiesa vuol far passare per primi cristiani non erano in realtà che degli esseno-zeloti.









Plinio il Giovane

Durante il periodo nel quale era governatore in Bitinia (112-113), Plinio il Giovane scrisse una lettera all'Imperatore Traiano per chiedergli istruzioni su come doveva comportarsi verso i componenti di una comunità che praticavano dei particolari riti propiziatori al levarsi del sole in onore di un certo Khristo che essi considerano quasi una divinità (Khristo quasi deo)* e che si riunivano per consumare dei pasti innocenti.

Basta leggere il seguente passo di Giuseppe Flavio riguardante gli esseni, per renderci subito conto che costoro a cui si riferisce Plinio il Giovane non erano affatto dei cristiani come la Chiesa vorrebbe sostenere:

<
Non entrano in refettorio se non dopo essersi purificati lavandosi con acqua fredda. Dopo essersi seduti in silenzio, il sacerdote premette al pasto una preghiera, e nessuno può gustare alcunché prima della preghiera; dopo che hanno mangiato egli aggiunge una nuova preghiera; cosicché sia al principio che alla fine venerano Dio come dispensatore di vita>>.(La Guerra Giudaica VII).

* Il "Cristo quasi deo" del quale parla Plinio il Giovane è il Messia religioso che le comunità spirituali essene, separatesi dalla corrente rivoluzionaria guerriera, avevano cominciato ad aspettare dopo la disfatta del 70 dell'esercito giudaico.

I pasti comunitari riportati sulle Lettere di Paolo di Tarso (Agapi), del tutto simili ai riti descritti da Giuseppe Flavio e confermati dai documenti rinvenuti a Qumran ("Rotolo delle Regole") non sono che un'ulteriore prova che coloro che la Chiesa vuol far passare per primi cristiani non erano altri che i componenti delle comunità essene.








Tacito

Il passo riportato sugli “Annali” che la Chiesa cita come una delle maggiori prove dimostranti l’esistenza storica di Gesù è il seguente: <>. (Ann. capitolo XV- XLIV).

Sin da una prima lettura dei capitoli riguardanti l’incendio si rimarcano subito delle incoerenze che ci portano a sospettare l’intromissione di una seconda mano nella stesura originale di Tacito, prima fra queste quella riguardante la descrizione di un Nerone la cui figura ci viene presentata sotto due aspetti completamente contrastanti, quella di un pazzo criminale che cinicamente canta sullo sterminio di Roma e quella di un imperatore che, dopo aver sostenuto il popolo nella maniera più premurosa e paterna, si dedica alla ricostruzione della città con il massimo della solerzia e assennatezza: <> (cap.XLIII).
Due figure così opposte quelle che risultano di Nerone nei capitoli riguardanti l’incendio da portarci istintivamente a chiederci se non siano il prodotto di due penne differenti, quella realista e obbiettiva di uno storico come Tacito che coerentemente riconferma un imperatore che ama il suo popolo e la sua città come nei capitoli precedenti lo aveva già presentato, e quella di un qualcuno che si è prefisso lo scopo di farlo passare per un cinico criminale per poter rendere credibile una persecuzione che soltanto un atto di pazzia avrebbe potuto giustificare.
Che i capitoli riguardanti l’incendio abbiano subito una manomissione ci viene inoltre confermato, oltre che dalle incoerenze che si trovano nei fatti riportati, anche dalla forma letteraria usata per esporli, una forma tortuosa e cincischiante così differente da quella schematica e concisa caratteristica di Tacito da far dire a Las Vergnas, uno dei maggiori esegeti del secolo scorso: <>.

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