Re: Chi siamo veramente, cosa siamo veramente?

Inviato da  invisibile il 4/4/2015 9:23:35
Riprendo la discussione sull'identificazione dell'Io con la memoria (che stavamo facendo quando eravamo tutti più giovani ) con la propria biografia e con l'immagine che si ha di se stessi, postando una cosa che avevo scritto.

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Possiamo dire che quello con cui cui comunemente ci si identifica, è la somma di tutte le esperienze vissute e di tutto il sapere accumulato negli anni che ha formato la nostra personalità, il modo di vedere le cose, la nostra forma mentis.

In molti percorsi spirituali c'è un aspetto importante, che è quello dell'abbandono consapevole del sapere, fino ad arrivare a non sapere più nulla.
Il motivo della ricerca di tale stato dell'Essere, è che si considera il sapere come un peso inutile ma soprattutto come uno dei principali ostacoli alla vera conoscenza.

Nella storia del filosofo e il Maestro Zen, noi siamo paragonati ad una "tazza", ed in quanto "tazza" siamo limitati nella quantità di sapere che possiamo contenere.
Sapere è riempire la "tazza", che ha come conseguenza l'impossibilità che la "tazza" sia riempita con nuove cose necessarie per progredire nel cammino e per crescere. C'è anche l'aspetto che il sapere è una forma di possesso e siccome il possesso è una illusione, ci si vuole liberare anche delle illusioni che ci tengono in stato di non-consapevolezza.

Dunque si lavora per "dimenticare tutto", per non-sapere.

In questo processo di purificazione interiore, succedono cose che hanno una stretta attinenza con l'identificazione di cui si parlava, proprio perché in questa identificazione è compresa, in parte importante, il sapere che ognuno "possiede" e che fa parte di quello che crede di essere.

Ad un certo punto di questo percorso, quasi tutti vivono una fase di disorientamento che può anche essere molto seria e molto difficile da superare. Ci si sente "persi", non si capisce più chi si è, si perdono molti punti di riferimento, perché quel sapere in cui in parte ci eravamo identificati, che è parte integrante delle "cose" a cui ci si "appoggia" più o meno consapevolmente, inizia veramente a svanire, a non esserci più.
E' come se per molti anni si fosse vissuto appoggiati ad un muro e ad un certo punto quel muro non c'è più.

In questa condizione interiore, è' diventato un FATTO che "non si sa più niente", è uno stato dell'Essere e non solo un concetto o un altra idea che si ha nella mente.

E' una fase molto delicata in cui forse l'unica cosa che può aiutare la persona è la Fede. Non importa in cosa, nel Maestro (se uno ce l'ha), in se stessi anche se non si capisce più molto bene che "cosa è" se stessi proprio perché fino ad allora ci si è identificati con "la propria biografia", fede nella Natura, in Dio, nel fatto che la Vita un senso deve pur averlo... in una filosofia o disciplina...
Ci vuole coraggio, perché molti punti di riferimento "fissi" a cui ci si è appoggiati per molti anni, non ci sono più e questo porta spesso le persone a vivere una crisi esistenziale.

Se la persona mantiene la direzione e l'intenzione di arrivare a questo stato di non-sapienza, questa fase passa e progressivamente (di solito) si capisce che quella identificazione che si sta abbandonando non è affatto necessaria per vivere, anzi, diventa evidente che senza si vive infinitamente meglio!
Si arriva, infine, a comprendere ed a verificare in prima persona, che quell'Io con cui ci si identificava non era affatto se stessi, ma solo l'ego che usa il sapere e le esperienze del passato per i propri scopi.

Tutto questo apre delle nuove "porte" in noi stessi e porta a "sentire", ma anche a "vedere con la mente", che in noi c'è dell'altro, molto altro, e che questo altro è il vero Io, o per usare una definizione spiritualmente più corretta, il Sé, l'Essere spirituale che siamo.
Il rapporto con se stessi però, non è più uguale a prima, perché non si può possedere l'Essere che siamo così come si possedeva il sapere e l'immagine di sé, si può solo essere, e questo cambia radicalmente molti aspetti della Vita, profondamente e per sempre.

Di una cosa sono certo, chi realizza questa trasformazione esistenziale non torna più indietro, perché la Vita che gli si apre davanti è infinitamente più ricca e vasta di quanto avrebbe mai potuto immaginare, così come la scoperta del vero Sé porta a conoscere la vastità ed infinita ricchezza che è l'essere umano.

Si tratta dell'inizio della rinascita di cui tutte le tradizioni spirituali parlano.

Chi non ha compiuto questo percorso interiore si domanda: ma il sapere dove è finito? Ma così diventi un minorato... come fai a fare 2+2?

E qui si rivela la nostra Natura divina e il nostro appartenere al Tutto universale.

Lo Spirito è la risposta.

Lo Spirito è il Nulla (o per meglio dire, "Nulla" è la parola che meglio lo definisce alle nostre menti) e per cui è ovunque e grazie a questo sa tutto.

Lo Spirito è Uno, ma allo stesso "tempo" ogni "cosa" esistente ha anche il proprio Spirito.
Lo Spirito è Uno ma si manifesta in infinite "forme", per cui anche ognuno di noi ha il "proprio" Spirito.

Lo Spirito esiste affinché tutte le cose siano protette e guidate nel loro divenire.
In un certo senso, il "nostro" Spirito è al nostro servizio.

Quindi, nello stato di non-sapienza, basta chiedere allo Spirito e lui ti informa.
Sembra assurdo talmente è semplice e perfetto.

Ma affinché lo Spirito guidi la persona, è necessario che sia presente un reale bisogno e non un semplice desiderio o curiosità, tipiche dell'ego.
La personalità, l'ego, i desideri, per lo Spirito non esistono.
Per lo Spirito esiste solo la realtà, esiste solo l'Essere reale che siamo e solo a lui risponde.
Lo Spirito risponde solo alla realtà e mai a nessuna costruzione creata dalla mente, perché queste costruzioni non sono reali (nel senso di appartenenti all'Armonia universale), e lui risponde solo alla Verità.
Quindi anche il bisogno deve essere vero, reale, ecco perché è raro che i bambini si facciano veramente male cadendo, perché sono puri e perché hanno un reale bisogno di guida nella caduta, e lo Spirito è li per guidarli nella caduta nel modo migliore.

Lo Spirito, essendo totalmente puro, può comunicare solo con un Essere che abbia anch'egli la purezza interiore, che comprende la mente vuota ( tazza vuota disponibile a ricevere il nuovo sapere) e il Cuore puro, libero da desideri ed intenzioni egoiche (il corpo è sempre puro ed in comunicazione continua con lo Spirito).

L'identificazione con la memoria, con il sapere e con l'immagine che si ha di noi stessi, è uno dei più grandi ostacoli che abbiamo autocreato verso la vera conoscenza di noi stessi e del mondo, perché è una illusione.
E' una illusione perché tutto è in perenne divenire e identificarsi con quello che è stato e che non potrà mai più essere, significa identificarsi con qualcosa che non esiste, se non "fotografato" nella nostra mente, "fermato nel tempo" con la nostra mente.
Fotografie del passato.

Noi siamo infinitamente di più di una immagine di noi stessi per quanto complessa e ricca possa essere, del sapere o della memoria ed identificarsi con queste "cose" equivale a non trovarsi mai, anche perché si è convinti di aver già trovato se stessi, mentre la realtà è che tutto esiste solo nel presente, nell'eterno presente.
In pratica ci si sta identificando con qualcosa che non esiste più, spesso anche da molto tempo.

Certo, le nostre esperienze e quello che abbiamo imparato nella Vita sono importanti e preziose, ma in quanto elementi di formazione e di crescita.
Per usare ancora la metafora dell'albero, sono come il sole, il vento, l'acqua, il caldo e il freddo che ha provato, gli uccelli che hanno nidificato su di lui, le formiche che hanno fatto il loro nido nelle sue radici. Sono le sue esperienze passate, non è lui, non è l'albero, fanno parte delle esperienze che ha vissuto, che continua a vivere e che lo aiutano a formarsi nel tempo. Lui è ben altro, basta guardarlo [nel presente] per capirlo.
Attaccarsi ad esse equivale ad attaccarsi alla roccia nel fiume e rifiutarsi di seguire il flusso della Vita. Così facendo la Vita scorre e si allontana sempre di più da noi, caparbiamente attaccati ad una immagine del passato, immagine che ricreiamo costantemente ed inconsapevolmente in noi e che va a sostituire l'esperienza del presente, che è l'unica reale e sempre nuova, tagliandoci fuori dalla Vita.

Siccome la Vita scorre a prescindere dalla nostra volontà, questo stato di "volontà di stare fermi sulla roccia", crea infinite frustrazioni e grande dolore, fino all'impossibilità di accettare il divenire in cui siamo immersi, che è proprio quello che ci fa vivere, perché la Vita è divenire, mutamento costante per usare una parola cara agli antichi mistici cinesi.

Allora avere solo un anno di più ci rattrista e ci spaventa, e si pensa per prima cosa che si sta invecchiando, come se fosse una cosa terribile, e quasi offensiva dal punto di vista personale:

"Ma come si permette la Vita di fare una cosa simile, a me!", e si creano frustrazioni e dolore invece di essere contenti e grati per le esperienze vissute nell'ultimo anno.

Così facendo la Vita diventa una lotta con la Vita stessa, creando una condizione in cui si vive ma non si vuole vivere veramente, non si vuole vivere veramente ma allo stesso tempo non si vuole morire, rimanendo caparbiamente attaccati alla nostra piccola roccia personale, soli in mezzo al fiume che scorre, quando lo scopo della Vita è percorrere tutto il fiume, per arrivare un bel giorno all'immenso mare.

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