Piegare il ferro:un esempio pratico.

Inviato da  capitanpod il 18/9/2006 22:48:09
Vorrei portare un piccolo esempio pratico circa le tecniche necessarie per piegare il ferro:questo potrebbe essere utile alle persone curiose per capire le dimensioni del problema,non certo alle persone in malafede.
Si è molto discusso sulla possibilità che gli incendi del carburante nelle torri abbiano potuto "indebolire" il ferro dei pilastri di sostegno.Si è discusso molto e,temo,con pochissima cognizione di causa...oppure con molta malafede.
Quando parlo di "ferro" intendo acciaio al carbonio debolmente legato con percentuale di carbonio inferiore allo 0,2%(questa precisazione è rivolta ai pignoli e agli scettici che potrebbero pensare che io non conosca la materia di cui sto parlando).
Il "ferro" è dunque l'acciaio con le caratteristiche meccaniche più scarse.
Per motivi di lavoro mi capita spesso di osservare dei carpentieri che devono piegare dei longheroni di ferro.
Questi longheroni hanno una sezione a forma di "C" (o di "U",se preferite) delle dimensioni approssimative di 100 x 300 x 100 mm;hanno uno spessore di circa 10 mm,una lunghezza di circa 7 metri e serviranno,una volta piegati,ad assemblare il telaio di un particolare autocarro.
Per poter piegare i longheroni è necessario riscaldare notevolmente la zona di piegatura:una piccola striscia di circa 50 mm.
Il riscaldamento avviene mediante due cannelli ossi-acetilenici (li conoscerete tutti,suppongo).Interessante notare due cose:la fiamma ossiacetilenica supera,di poco,i 3000 °C e deve trovarsi ad una distanza molto precisa dalla superficie da riscaldare:una distanza errata,anche di due soli centimetri,impedisce che il riscaldamento avvenga.Per portare il ferro ad una temperatura che ne consenta la piegatura è necessario operare con i cannelli per almeno 15 minuti.
A questo punto,applicando,perpendicolarmente rispetto all'asse longitudinale, una forza adeguata all'estremità libera del longherone,è possibile piegarlo (di circa 15° nel caso in esame).
Se confrontiamo questi "dati",peraltro verificabili da chiunque in qualsiasi momento,con quelli ipotizzabili degli incendi delle torri,vediamo che ci sono differenze clamorose.
a) differenti temperature:3000°C dell'esempio contro i (forse) 800°C delle torri.E basterebbe anche solo questo;conoscenze elementari di termodinamica consentono di affermare che un corpo "A" (fiamme) che si trova a 800°C non potrà mai portare un corpo "B" (pilastri),adiacente,ad una temperatura superiore agli 800°C,neppure avendo a disposizione un tempo infinito.
b) differenti superfici della sezione:se ipotizziamo che la sezione dei pilastri sia almeno 20 volte superiore a quella dell'esempio,avremo che il calore apportato si disperde longitudinalmente nel pilastro a una velocità 20 volte superiore a quella dell'esempio.
c)distanza dalla superficie di scambio:nell'esempio la distanza della fiamma viene artificialmente mantenuta nel punto di maggior efficienza dello scambio termico,nell'incendio è assolutamente impossibile che ciò avvenga.
d)concentrazione:nell'esempio la fiamma viene mantenuta in una zona molto precisa rispetto all'asse longitudinale,quella che sarà interessata dalla piegatura;nell'incendio la fiamma distribuisce il calore in zone molto variabili con probabilità virtualmente nulle che una specifica zona possa raggiungere temperature di un qualche rilievo.
e)materiale:quello dell'esempio è l'acciaio con le più basse caratteristiche di resistenza meccanica;non conosco il materiale utilizzato nelle torri (sarei portato a pensare ad un materiale con caratteristiche meccaniche migliori)in ogni caso la sua resistenza non può essere inferiore a quella dell'esempio.

Non so se questo intervento sarà utile a qualcuno (ovviamente me lo auguro);spero solo di non far perdere troppo tempo a chi lo leggerà.

Ciao a tutti

capitan_podd

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