Re: Una

Inviato da  sigmatau il 10/3/2008 13:39:15
Ragazzi
lasciandoci alle spalle il week end [che mi auguro ciascuno di voi abbia passato felicemente…], torniamo ad occuparci un poco della nostra ‘tesi alternativa’. Prendiamo spunto da quanto affermato dal nostro amico di recente iscrizione che qui riporto…

… ritornando a noi: per risolvere un problema di carattere termico bisogna risolvere, nei casi classici almeno, l'equazione di Fourier che è un'equazione differenziale alle derivate parziali che nasce dall'accoppiamento tra la conservazione dell'energia e l'equazione di diffusione termica…

Molto bene… torniamo a noi!… L’equazione di Fourier è chiamata così per esser stata risolta per la prima volta dal matematico francese Jean Baptiste Joseph Fourier nel 1805 in una memoria presentata alla Accademia delle Scienze di Parigi. Allora come oggi ad occupare gli scranni delle più prestigiose ‘Accademie’ sono messe delle emerite scimmione e non sorprende il fatto che il lavoro di Fourier, che ancora oggi costituisce il fondamento della Teoria analitica del calore, nell’occasione sia stato bocciato. Lasciando perdere tale genere di polemiche, vediamo come ‘avvicinare’ questa tanto ‘fantomatica’ equazione, che vedete scritta qui…



Al di là del formalismo matematico l’equazione afferma un concetto in sé del tutto elementare, vale a dire che la variazione di temperatura in un certo punto di coordinate x,y,z è dovuta a due cause…

a) la differenza di temperatura tra quel punto e i punti circostanti
b) la generazione di calore in quel punto

Elementare caro Watson!… già… solo che tradurre la (1) in ‘numeri concreti’ non è la cosa più semplice di questo mondo. Per cercare di semplificarci un poco la vita cominciamo a ipotizzare il problema in una dimensione soltanto [la x…] , nel senso di ipotizzare la temperatura costante muovendoci nella direzione della y o della z. L’equazione di Fourier in tal caso diviene…



La costante k che compare nella (2) è chiamata conducibilità termica ed è caratteristica del materiale [che supponiamo per semplicità omogeneo…] entro il quale si propaga il calore. Più alta sarà k meglio il calore si propaga… tutto qui… la variabile S che compare anch’essa nella (2) rappresenta la quantità di calore generata per unità di volume di materiale e in generale è diversa da punto a punto. Siamo riusciti a semplificare un poco il problema ma anche in questa forma la (2) è un poco ‘spinosa’ da affrontare. Dal punto di vista pratico conviene risolvere il problema in due casi ben precisi che sono i seguenti…

a) assenza di sorgenti di calore, ossia S(x)=0

Questa è stata l’ipotesi ipotesi fatta la settimana scorsa. In tal caso interessa vedere come cambia nel tempo la temperatura al variare della x, ipotizzando che all’istante t=0 la distribuzione di temperatura sia nota. La scorsa settimana abbiamo fatto questa ipotesi e costruito il modello di hot spot, supponendo che all’istante 0 la temperatura sia rappresentata dalla curva in nero nella figura seguente…



Il materiale si è supposto essere cemento in polvere [ipotesi del tutto plausibile a ground zero a partire dalle ore 9.30 a.m. del giorno 11 settembre 2001 …] la cui conducibilità termica vale .07 W/m K. In parole povere si suppone che il materiale dello hot spot sia stato reso ‘caldo’ per motivi che non conosciamo e che all’istante 0 la causa che lo ha reso caldo sia cessata, evvero che ‘siano stati spenti i fornelli’. Come anche un bauscia è in grado di capire, in queste condizioni la temperatura si abbassa passando nell’arco di 12 ore dalla curva in nero [850 °C al centro dello hot spot…] , a quella in azzurro [536 °C…], verde [346 °C…], grigio [160 °C…] e infine rosso [90°C…]

Il secondo caso che andiamo ad esaminare presuppone l’ipotesi seguente…

b) fenomeno stazionario, ossia derivata temporale della temperatura nulla ovunque

In questo secondo caso interessa conoscere quale ‘sorgente di calore’ S(x) consente di mantenere costante la temperatura in corrispondenza dello hot spot. Very good boys!… non resta che annullare il primo termine della (2) e si scopre che il profilo di S in regime indipendente dal tempo altro non è che la derivata seconda del profilo di temperatura cambiata di segno!… Dal momento che stiamo facendo [per ora…] uno studio qualitativo del fenomeno, per semplificarmi la vita ho scelto come profilo termico all’istante t=0 una funzione ‘tipo coseno’ , la quale ha la peculiare caratteristica [come ben sanno gli studenti delle superiori…] di avere per derivata seconda la funzione stessa cambiata di segno. Il profilo di S(x) in regime stazionario per un hot spot di raggio pari a 100 m con sovratemperatura di 800 °C è illustrato qui in figura…



Il valore calcolato per S al centro dello hot spot risulta essere di 15 mW per metro cubo. In apparenza sembrerebbe valore ‘modesto’ ma occorre tenere presente alcuni dettagli importanti…

a) nel modello si è tenuto conto del solo fenomeno della conduzione termica, trascurando del tutto gli altri due meccanismi di dispersione del calore, la convezione e l’irraggiamento

b) si è ipotizzato che il materiale di ground zero sia costituito interamente da cemento polverizzato, con coefficiente di conduzione termica quindi particolarmente basso

c) l’eventuale presenza nelle polveri di ground zero di residui di fissione nucleare quali responsabili del ‘mantenimento del calore’ è stata già valutata dell’ordine al più di qualche centinaio di parti per milione, pertanto di tratta di materiali assai ‘diluiti’, certo non paragonabili alle scorie provenienti da un reattore nucleare

d) il calcolo effettuato ha esclusivo valore dimostrativo

E per ora boys è tutto…

saluti!…

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... chè perder tempo a chi più sa più spiace... Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, III, 78

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