Re: Instabilità carico di punta

Inviato da  manalive il 27/10/2006 18:25:38
Dunque, visto che continuano a spuntare qua e là dei tardi epigoni di quel tal Gordon Ross che scrisse quello sciagurato lavoro in cui pretendeva di imporre la conservazione della quantità di moto laddove la quantità di moto non si conserva, lasciatemi provare un’ultima volta a chiarire alcuni punti di base con la speranza che la diatriba si plachi una volta per tutte.

1) Esiste un teorema detto “della conservazione della quantità di moto” che si può formulare così:
In un sistema isolato (al quale cioè non è applicata alcuna forza esterna) la quantità di moto totale si conserva
Questo teorema è facilmente dimostrabile a partire dalla considerazione che la derivata temporale di una quantità di moto è una forza.
Se un sistema non è isolato (come il nostro della torre che collassa) questo teorema non si può applicare. PUNTO

2) L’isolamento è una condizione sufficiente per la conservazione della quantità di moto, ma non è strettamente necessaria. Infatti, in casi molto speciali, si può avere conservazione anche se ci sono forze esterne al sistema. Si pensi per esempio al curling, diventato famoso con le ultime Olimpiadi invernali. Ma quello delle torri non è uno di questi casi. PUNTO

3) Se in un sistema la quantità di moto non si conserva, questo non significa che non ci siano scambi di quantità di moto in occasione di urti o incontri ravvicinati di vario tipo, o che non si verifichino all’interno del sistema anche degli urti che mantengono la quantità di moto. Significa solo che la quantità di moto totale del sistema non si conserva. Se uno studioso è interessato a descrivere un urto che conserva la quantità di moto e si verifica all’interno di un sistema non conservativo per la quantità di moto (chiamiamolo un urto “quasi” isolato), a quell’urto lì lo può applicare il teorema (ammesso che riesca ad isolare l’evento), ma questo non significa che ne possa estendere l’applicazione all’intero sistema. PUNTO

Un altro modo di esporre quest’ultimo punto risulta particolarmente calzante per il caso delle torri che vogliamo studiare, ed è questo:
Se vogliamo studiare un sistema nel suo complesso ed il sistema non è isolato, come nel nostro caso, non è permesso imporre la conservazione della quantità di moto, anche se possiamo supporre che all’interno del sistema si verifichino degli episodi di urti in cui la quantità di moto si mantiene. Se proprio ci si tiene si può applicare la conservazione a quei singoli episodi, ma non al sistema. Bisogna poi vedere se è utile.

Peraltro, con la pressione che si stabilisce nella zona del fronte di distruzione, mi riesce mooooolto difficile pensare che l’affollamento di detriti permetta il verificarsi di urti “quasi” isolati!!!

Faccio poi ancora notare che non mi sembra roba da “rocket scientist” osservare i filmati dei crolli e concludere che la quantità di moto non si conserva. Infatti si nota che una gran quantità di materiale detritico (s’è azzardato un 80%) viene espulso lateralmente, portandosi quindi via grandi quantità di moto dirette perpendicolarmente a quella che viene ceduta dal tronco sommitale in caduta. Poiché detta quantità di moto è una grandezza vettoriale, e la sua conservazione va imposta vettorialmente, questi non contribuiscono a mantenere la quantità di moto, e quindi una onesta applicazione del teorema dovrebbe prevedere che l’altro 20% dei detriti, quelli che si mettono in viaggio verso il basso, si facciano carico di assumersi la quantità di moto ceduta dal troncone sommitale. Mi sembra chiaro!
Bene, peccato che in quel caso si sia costretti a concludere che essi devono assumere velocità supersoniche dirette verso il basso, cosa che evidentemente non succede!

Tutta questa vicenda dell’incaponimento di gruppo sull’applicabilità del teorema di conservazione della quantità di moto per me ha del surreale! Lo confesso!

Mi suona pressapoco così:
a) qualcuno ha deciso a priori che il crollo DEVE essere studiato applicando la conservazione della quantità di moto, anche se è ovvio che non si può
b) i risultati che si ottengono sviluppando un modello siffatto NON corrispondono a quello che si osserva nei filmati
c) si conclude che quello che si osserva è il prodotto di una alterazione della realtà perché non corrisponde alle aspettative.

Ma possibile che a nessuno di questi signori sia venuto in mente che sono sbagliate le previsioni dei loro modelli? Non dovrebbe sembrare così strano visto che sono errate le ipotesi.

Si noti bene: io non sto cercando di dimostrare che la VU è corretta!
Se volete si può dire che sto cercando di evitare che quelli che chiedono una revisione si rendano ridicoli, vanificando così l’impegno profuso da tanti nel chiedere una revisione.

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