Re: Instabilità da carico di punta

Inviato da  manalive il 21/9/2006 19:44:13
Eccomi per la digressione.

Forse non tutti sapete che cosa è che stacca la corrente nel vostro contatore ENEL quando tirate troppa potenza (almeno nei modelli vecchi).
Si chiamano “interruttori termici” e si aprono da soli quando passa troppa corrente.
Questa magia la fa un oggetto che si chiama “lamina bimetallica”, che si incurva quando la corrente che lo attraversa (entrando nel vostro impianto di casa) lo scalda per effetto Joule.

La lamina bimetallica è realizzata accoppiando intimamente di faccia a livello molecolare due striscioline di due metalli diversi, caratterizzati da due diversi coefficienti di allungamento termico lineare. Quando l’oggetto viene scaldato il due metalli si allungano in modo diverso e la lamina si inarca. Di solito queste lamine sono lunghe qualche centimetro e ingenuamente uno che non ci ha pensato potrebbe pensare che sia assurdo che da allungamenti dei due metalli dell’ordine del micrometro possano venire fuori inarcamenti visibili ad occhio. Eppure è così, perché l’angolo di inarcamento è dato dal rapporto tra la differenza di allungamento tra i due metalli e la distanza tra le due sezioni mediane (insomma, metà dello spessore della lamina). Se la lamina è spessa un decimo di mm bastano 5 micron di differenza di allungamento per provocare un inarcamento di un decimo di radiante, cioè 6 gradi.

Digressione finita.
Cominciate a capire dove voglio arrivare?

Nelle torri gemelle, secondo questa ipotesi, sarebbe successa esattamente la stessa cosa, e le torri si sarebbero inarcate fino a collassare per carico di punta rompendosi nel punto più debole, che era il punto dell’impatto.

Oh, le colonne erano tutte dello stesso materiale, certamente, però possono aver ricevuto, anzi, hanno sicuramente ricevuto botte di calore molto diverse una dall’altra. Per esempio nella torre nord, dove l’aereo ha impattato sul lato lungo del core, le colonne del lato nord sono state private molto probabilmente del loro strato protettivo e si sono scaldate al fuoco ricevendo la loro bella dose di calore, mentre quelle del lato sud non hanno ricevuto praticamente nulla. E quindi dopo il tempo che c’è voluto perché il calore si propagasse su, che so, 100 metri di colonna, le colonne a nord sono arrivate ad essere, che so, diciamo 2 cm più lunghe di quelle del lato sud.

L’angolo di inarcamento allora si calcola dividendo i 2 cm per la distanza delle colonne, che poniano fosse sui 4 metri tanto per dire. Risultato: 5 milliradianti. Per chi volesse capire cosa significa, tale inarcamento produce su un centinaio di metri un disassamento di mezzo metro.

E un disassamento di mezzo metro del carico di punta rappresenta un momento flettente, per la torre nord che è stata colpita più in alto, di circa 40 kTon x 0.5 m = 20 kTon metro, cioè 0.2 GNm (Giga Newton metro).

Per anticipare l’obiezione che magari a qualcuno è già venuto voglia di fare concederò subito che il momento flettente imposto sulla torre dal vento poteva sicuramente superare di gran lunga quello citato, tant’è che le oscillazioni sulla terrazza panoramica (chi c’è stato lo sa) facevano venire il mal di mare, e che quindi la torre era progettata per sopportare facilmente questa situazione.

La risposta è questa: il momento imposto dal vento era contrastato da quello prodotto dall’elasticità della torre e quindi non pesava nello stesso modo di questo dato dall’inarcamento, che non era contrastato da nulla.

Nella torre nord l’inarcamento non è stato tanto evidente, anche se il NIST ne parla nel suo rapporto, un po’ perchè la cima della torre era tutta avvolta di fumo, e un po’ perché la torre era disegnata con quella geometria coassiale che probabilmente permettava per piccoli angoli al core di inarcarsi di più della camicia.

Nella torre sud invece l’inarcamento è stato evidentissimo negli ultimi minuti prima del collasso.

Si può calcolare se questi 0.2 GNm di momento flettente incontrastato della torre nord (e forse quasi 1 GNm per la torre sud) siano una soglia plausibile per l’innesco dell’instabilità da carico di punta? Sicuramente sì, avendo a disposizione tutti i dati necessari. Non chiedetemi però di farvelo qui ora sotto il naso!

Di sicuro il NIST questo conto lo poteva fare.
La domanda allora è: “perché nel rapporto del NIST non si trova traccia di questo modello?”

Bisognerebbe chiederlo a loro, ma io qualche ipotesi mi sento di formularla.

Ma prima mi faccio un’altra pausa e me ne vado a casa.

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