Re: Film di Oliver Stone WTC

Inviato da  nike il 23/9/2006 14:25:48
(Recensione )

....."May your faith give us faith, may your hope give us hope, may your love, give us love"
-Bruce Springsteen, cfr. "Into the fire" from the album "The Rising"-


....Artisticamente, un fallimento totale, e per vari motivi. Prima di tutto, se l'opera(zione) di Stone è un disastro, lo è anche la morte di un certo tipo di fare cinema, in quanto la realtà (forse da quel giorno) è diventata uno script mediaticamente più appassionante di qualsiasi altro film del genere.

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.L'Oliver Stone che conosciamo non esiste più, e non è che alle ultime opere del regista non si possa rinunciare (salvo a detta di molti il film-inchiesta su Fidel Castro). A ben pensarci, l'unico suo film stilisticamente quasi perfetto è stato proprio quello che oggi è praticamente dimenticato: "Salvador".

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Ha tentato di mettere il dito nella piaga con "Natural Born Killers" che resta un film di una forza iconoclasta davvero unica, ma non pago di arrendersi al qualunquismo spicciolo e reazionario di dirci "che i veri assassini sono gli emuli tra la gente comune" (grazie tante all'obiettività).

Ma Stone è stato, ed è ancora, come dimostrano i primi 10 minuti di WTC, un grande regista di immagini, una macchina spettacolare perfetta per raccontare gli States senza trasformarsi in un paranoico progressista o un tedioso conservatore.

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"WTC" nasce come "omaggio alle vittime dell'attentato delle Twin Towers", ma solo apparentemente. In realtà è un giocattolone egoista e autoindulgente, che parla "solo" agli americani dimenticando che quel giorno ha cambiato un po' le nostre vite, la nostra visione del mondo, la nostra "ignobile" e fatalista illusione di pace.

Un film che dimentica che lo spettatore è lo stesso che ha sentito il cuore bruciarsi davanti alle dichiarazioni di quei sopravvissuti che raccontavano le ultime ore di vita dei colleghi di lavoro, e quel terribile incubo di tanti individui che si buttavano dalle finestre per non essere "divorati dal fuoco", in quella sorta di trappola mortale che è (architettonicamente) un grattacielo in una situazione di estremo pericolo.

Il grande Evento Cinematografico ha tentato invano di superare l'Evento Mediatico, presentandosi come un indigesto incrocio tra un "Titanic" di serie C, un (brutto e retorico) film bellico e un'ordinaria fiction tv da prima serata.

Probabilmente è un film "sincero", ma di una sincerità che non sentiamo nostra.
Non era necessario rievocare la teoria dei complotti, del doppiogiochismo di Bush, la CIA etc... e tutte le verità scomode che da anni gettano una luce oscura sull'avvenimento, ma quantomeno irridere al comportamento di un presidente Usa che continua tranquillamente la sua favola in una scuola mentre era già stato avvisato di quanto stava accadendo.

E a dirla tutta, è l'unico film che preserva una realtà a cui non crede più nessuno, soprattutto riguardante il misterioso (?) velivolo che ha attaccato il Pentagono.

In verità, i tristi ricordi giocano un brutto scherzo a Stone, che decide di soffermarsi su un'insopportabile galleria di luoghi comuni sul mito (americano?) del coraggio e della lealtà, su scampoli di idealismo ("voi siete la nostra missione", "se non muori tu non muoio neanch'io") degni di un John Wayne, compresa la necessità di comprendere che "attraverso la disgrazia si incontrano uomini che si aiutano tra di loro".

Non è affatto una rivelazione, ma guardacaso è uno dei pregi/difetti maggiori che riscontri quando parli della guerra. I dialoghi del film infatti sono tutti incentrati sul concetto di Bush (condivisibile o meno che sia) di un Paese in Guerra ("dove siamo? All'inferno").

La scelta di Stone di soffermarsi sull'odissea di due poliziotti, John McLaughin (un Cage tutto sommato convincente) e Will Jimeno, estrapolati dalle macerie solo dopo molte ore, è altresì ammirevole, per quanto il ritmo del film non riesca mai ad emozionare veramente, anzi costringendo lo spettatore a condividere, oltre ai valori di una Patria che non è la sua (ripeto: era l'Occidente, non l'America, ad aver subito un massacro...), e a positivizzare l'aspetto drammatico di tutta la vicenda, il regista offende la sensibilità dei migliaia di morti di cui per scelta non parla

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L'idealismo di Stone, con la sua indigesta retorica, non è comunque facilmente etichettabile come "sciocca apologia sciovinista", sembra costringere il mondo (o i newyorkesi?) ad attendere col Santino in mano i due coraggiosi eroi sopravvissuti, ed è questa, probabilmente, la cosa più imbarazzante di tutto il film.

Nonostante le viscere del dolore (le macerie delle Twin Towers con i suoi bracieri di fuoco) restituiscano al film una pur vaga efficacia visiva ed emotiva, l'impressione è che la "salvezza" di John e Will non solo prevalga sui tragici lutti di tutti gli altri, ma che sia una credibile, sufficiente fonte di sollievo

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Se si fosse chiamato "Black Hawk Dawn" avrei potuto arruolarmi nei Marines... ma naturalmente è una battuta!
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Recensione a cura di kowalsky - aggiornata al 13/09/2006
da filmscoop.it


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