Re: I doveri di un "giornalista"

Inviato da  bifidus il 22/5/2007 2:23:32
Di questo articolo trovato in rete che tocca diversi temi cari a Luogocomune, sottolineo un passo che ritengo pertinente al tema, nonostante ad una prima occhiata potrebbe sembrare il contrario:
Citazione:
“È del resto noto che nell’arena dell’informazione esistono media forti e deboli e fonti forti e deboli. Una fonte debole troverà spazio facilmente su un media altrettanto debole (ammettiamo: un homeless su “Terre di mezzo”) ma se lo trova su una fonte forte rischia di esserne strumentalizzato ai fini della spettacolarizzazione e triturato.”

La considerazione che vorrei fare è la seguente: posto che la “fonte debole” sia cosciente del pericolo della “spettacolarizzazione”, qual’ è il linguaggio che molto probabilmente questa si ritroverà ad adottare nella fortunata circostanza in cui venisse interpellata dal “media forte” ?
Molto dipenderà probabilmente dagli obiettivi che si sarà posto nel momento in cui si è inserito nella giungla della “Informazione”. Per cui, se avrà deciso di “puntare in alto”, cercando di guadagnarsi una credibilità e, in seguito, una visibilità ad ampio raggio con l’intento di ottenere un riscontro effettivo conseguente alla espressione delle proprie idee, molto probabilmente opterà per un linguaggio che sia il più “simil-professionale” possibile. Cercherà di presentare i “fatti” nella loro completezza oggettiva, lasciando che la parte soggettiva dell’ informazione arrivi a chi ne fruisce in modo "indiretto". E più la platea alla quale si rivolgerà sarà vasta, più il linguaggio dovrà tendere almeno a una convincente parvenza di oggettività, pena perdita in breve tempo dell’ interesse di gran parte del pubblico stesso, penalizzato anche dall’ essere partito con l’ handicap di essere la parte debole.

A mio modesto parere, malgrado la possibile abilità dimostrata nell' adottare tutti gli accorgimenti del linguaggio del media scelto per veicolare il proprio messaggio, la “fonte debole” è comunque destinata a soccombere . Finisce per essere sepolta dalla valanga delle “fonti forti” che sono più avvezzi e smaliziati nello sfruttare le piene potenzialità del “media forte”, nonché favoriti da un accesso più agevole a questo. Ragion per cui, l’ homeless dell’ articolo citato dovrà presentarsi all’ appuntamento con il grande pubblico non solo estremamente preparato ed inattaccabile su tutti i fronti, ma avendo avuto premura di non scontrarsi in precedenza con l’ homeless della panchina affianco e anzi, nella migliore delle ipotesi, avendo preventivamente costituito una solidissima “associazione degli homeless”, sul cui sostegno potrà sempre contare in nome della causa comune.

Purtroppo però sappiamo che la “guerra tra poveri” è evento piuttosto frequente, per cui nonostante l’ alleanza temporanea, il nostro homeless si ritroverebbe a tornare a cercare il suo spazio sulle “Terre di mezzo”, dove non avrà alcuna difficoltà a sfondare le porte già aperte, magari fortificato e rincuorato dal quarto d’ ora di celebrità goduta.

La fonte debole non ha quindi “speranze”? Certo che sì: se virtuosamente si ispirerà alle linee guida della “Carta dei doveri”, persone di buona fede e volontà vi attingeranno sempre, ma non riuscirà comunque mai ad estendere le proprie idee al grande pubblico. A meno che non riesca ad inserire il proprio discorso in “giochi di potere”, a cui prenderà parte almeno fino al raggiungimento del proprio obbiettivo, con buona pace di sostanziosa fetta della “Carta dei doveri del giornalista”.

Rispondo dunque, dopo il lungo preambolo, a una delle domande di Nerone:
Citazione:
“Quindi imporre il codice deontologico anche a chi scrive per diletto quando fa, attraverso la Comunicazione, Informazione, rischiando di limitare la libertà , oppure lasciare senza controllo qualsiasi tipo di informazione che, se usata scriteriamente, su siti che superino le 2000 visite, possono influire sulle opinioni e giudizi del pubblico, ancorche' limitato al web?.”

La giungla dell’ Informazione ha, tra i tanti fattori che vi incidono, anche una sua “selezione naturale”. E l’ homeless di cui sopra, soprattutto se privo di appoggi esterni, ha una capacità di influenzare l’ opinione pubblica che è direttamente proporzionale al suo aderire alla “Carta dei doveri del giornalista” e, di conseguenza, inversamente proporzionale all’ attaccamento dimostrato alla propria panchina. Non penso dunque che sia di alcuna utilità l’ imposizione di un codice deontologico. I media dichiaratamente schierati danno quotidiana prova di non sapere nemmeno cosa sia questa “Carta”: motivo per cui hanno un seguito di pubblico circoscritto il più delle volte al partito cui fanno capo. (E sopravvivono infatti, almeno in Italia, solo grazie ai finanziamenti pubblici…a proposito di “giochi di potere”!)

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