Re: Il codice Da Vinci

Inviato da  Santaruina il 26/5/2006 21:37:18
Ancora dalle considerazioni di Blondet :

[...]bisogna capire cosa implica la femminilizzazione del divino.
Maschio e femmina sono polarità radicali, sono archetipi.
Ogni cosa manifestata ha un lato virile ed uno femmineo.
Come ogni simbolo, anche questo è infinitamente pregnante.
Per ogni tradizione, «virile» richiama il lato intelleggibile della manifestazione, «femminile» il lato sub-razionale.
Ogni oggetto ha un nome, «nama», e una forma, «rupa», dicono gli indù, ogni cosa è «namarupa».
Esiste la stessa distinzione nella scolastica cattolica: la distizione tra «sostanza» ed «essenza», tra «materia» e «forma», tra «potenza» ed «atto».[..]




La schiavitù a Kali, la dea nera.
La dea che danza sul campo dei cadaveri nuda.
Guardatela bene: la collana che si agita sopra i suoi seni mentre danza, è fatta di teschi umani.
La sua gonnellina oscena, è fatta di mani troncate.
Essa è la «materia» senza «forma», la «libido universalis» che non conosce un padrone che la incardini nel suo destino superiore, che la renda trasparente all'intelligenza.
E' la corrente delle pulsioni primarie che domina gli uomini, che ne fa bestie.
Per questo Kali, come le antiche dee cretesi, è chiamata «signora degli animali», «potnia theròn».
Ed anche «signora degli esseri legati», legati ai ceppi delle loro passioni e perciò condannati alla morte biologica, senza riscatto.
Il contrario esatto della liberazione spirituale.
Il culto della dea femmina è la più pesante catena, quella stessa che lega gli esseri zoologici nel desiderio, nella brama, nella sete
che mai si spegne di godimento e passione (come ben sapeva Buddha).
Passione, si intende, deriva da «patire».


Messaggio orinale: https://old.luogocomune.net/site/newbb/viewtopic.php?forum=36&topic_id=1271&post_id=24689