Sardi, un popolo disunito

Inviato da  frankad il 28/11/2005 20:30:44
C’è un principale motivo, a mio avviso purtroppo inconfutabile, che ha permesso il degrado sociale, politico, culturale inteso come attaccamento alle proprie origini, economico e soprattutto giovanile che, tra altre problematiche, affoga la Sardegna. “Locos, pocos y desunidos” dissero gli spagnoli di noi. Pochi, pazzi e disuniti. Ed è quello che siamo. Siamo un popolo totalmente disunito. I cagliaritani non ne vogliono sapere dei sassaresi, quelli di Sorso con quelli di Sennori hanno diatribe di antica data, gli oristanesi e quelli di cabras non si sopportano e l’elenco potrebbe andare avanti per molto.

Certamente siamo stati vittime di soprusi storici di ogni genere ed in questo caso ritengo che, se dovessimo cercare un evento significativo, indicherei questo:

L'Editto delle Chiudende

Il Piemonte emanò l'Editto sopra le Chiudende, che autorizzava la chiusura, con siepi o muri, dei terreni sui quali i privati avevano qualche diritto. Si cercò così di stimolare la formazione di una classe di piccoli e medi proprietari terrieri in grado di migliorare i sistemi produttivi.
Tuttavia le operazioni di chiusura avvennero in modo affrettato e spesso illegale, a danno dei piccoli contadini che non avevano i mezzi per costruire siepi o muri di divisione e dovettero subire quindi gli abusi dei proprietari più grossi. Anche i pastori furono danneggiati da questo sistema di chiusure poiché videro notevolmente limitati gli spazi aperti e destinati al pascolo. Si tenga conto del fatto che solo una ristretta cerchia di alto livello sociale era capace di leggere, pertanto la stragrande maggioranza del popolo non era a conoscenza dei contenuti dell 'Editto

Credo che questo articolo riassuma la situazione che ne scaturì:

Articolo a cura di Rita Bomboi

L'EDITTO SOPRA LE CHIUDENDE

Il paesaggio agrario della Sardegna, come le altre regioni d'Europa, presenta i segni della storia dell'uomo passata e recente. Sas tancas e sos crujos, cioè i campi recintati con muri a secco o con siepi, che caratterizzano ancora la campagna sarda, sono il risultato di alcuni provvedimenti legislativi che determinarono fra il 1820 e il 1839 la fine del sistema comunitario delle terre, l'uso cioè gratuito delle terre indivise.

Con "L'Editto sopra le chiudende" (1820 1823) e l'abolizione del feudalesimo (1836 1839) nello spirito del legislatore si doveva favorire il progresso sociale della campagna, ma di fatto questi provvedimenti determinarono il passaggio della proprietà agraria ai ricchi possidenti con l'esclusione delle masse rurali.

L'Editto sopra le chiudende stabiliva che i singoli proprietari avrebbero potuto liberamente recintare con muri, siepi o fossi i terreni di loro proprietà(1). Anche i terreni soggetti a servitù di pascolo comune, fontana o abbeveratoio vennero soggetti a questo provvedimento, dietro autorizzazione del Prefetto, il quale avrebbe agito dopo aver sentito il parere delle comunità interessate. Simili disposizioni vennero stabilite anche per i terreni comunali che potevano essere chiusi e divisi in eguali porzioni fra diverse famiglie.

In alcune province le chiusure procedettero rapidamente: i ricchi che ottennero le autorizzazioni chiusero con lunghi muri a secco sas tancas utilizzando, ove mancanti, pietre di nuraghi crollati; i piccoli proprietari restarono spesso esclusi da queste disposizioni per le difficoltà a reperire fondi per la realizzazione delle chiusure.

Il provvedimento che avrebbe dovuto disciplinare i rapporti fra ricchi e poveri, fra agricoltori e pastori, fra comuni e privati e derimere le controversie alimentò soprattutto nelle zone più interne dell'isola rancori e conflitti. Nel nuorese nel 1832 i pastori si organizzarono in "squadriglie armate" e distrussero le recinzioni (2). Questi tumulti determinarono l'inizio della prima sollevazione contro le chiudende. Le rivolte dilagarono nelle Barbagie e a nord del Logudoro dove vennero represse con numerose condanne, di cui due a morte.

1) Cfr. L. DEL PIANO, La Sardegna nell'Ottocento, Chiarella, Sassari 1984, pp. 87 ss.
2) Cfr. P. SANNA, La Sardegna sabauda, in AA. VV. Storia della Sardegna, a cura di
M. BRIGAGLIA, Soter, Sassari 1995, p. 232.



L'Editto delle Chiudende" potrebbe essere stato uno degli scatenanti della nostra divisone, gia storicamente presente in precedenza.
Adesso, chiedo a chiunque voglia partecipare al Forum, di aiutarci assieme ed effettuare una ricerca congiunta che faccia scaturire opinioni ed idee su un fattore fondamentale per la nostra Isola: come possiamo riunirci? Perchè noi e solo noi possiamo essere artefici del nostro destino, ma solo se cambierà il nostro atteggiamento con la nostra stessa gente. In caso contrario, continueremo ad essere ostaggi nella nostra casa, come da troppo tempo succede.

Franco

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