Re: siamo mai stati sulla luna?

Inviato da  Jck il 22/1/2006 11:36:24
Salve a tutti,

Prendo atto delle nuove e significative obiezioni di Massimo a cui non sono in grado di dare una risposta. In attesa che lo faccia qualcuno e che io stesso mi convinca di tali spiegazioni, mi prendo la briga di riassuntare quanto fino ad ora credo di aver capito sulla storia delle fotografie sulla luna. Se scriverò qualcosa di sbagliato non ho dubbi che qualcuno provvederà a bacchettarmi. Ben vengano le "bacchetate" ma... che siano diplomatiche

1. Le foto delle varie missioni lunari presentano delle caratteristiche che, agli occhi di un fotografo di professione, fanno sospettare che siano artefatte (leggasi: fatte sulla terra e spacciate per foto lunari).

2. Ammettendo per un attimo che le foto siano davvero state fatte sulla luna, grazie all'osservazione fatta da Bruno, si evince che le foto delle missioni lunari disponibili su internet hanno comunque subito una certa artefazione. Le foto del catalogo Hasselblad, comunque, non hanno subito manipolazioni sull'aumento di contrasto-luminosità di parti di esse.

3. La prima caratteristica che fa sospettare che le foto siano taroccate è che alcune di esse sembrano essere state scattate sotto illuminazione artificiale. Lo fa pensare il fatto che la luminosità del terreno diminuisce con la distanza.

4. La seconda caratteristica che fa pensare al fatto che le foto siano state taroccate è che nelle foto del punto precedente c'è una zona del terreno che appare illuminata in maniera anomala, come se un qualche assistente tecnico del fotografo, con un pannello riflettente, avesse fatto in modo da illuminare meglio il soggetto della fotografia.

5. Chi ritiene le foto taroccate adduce il fatto che gli stessi identici effetti descritti ai punti 3 e 4 si spiegano benissimo ammettendo che le foto siano state scattate di notte sulla terra oppure in uno studio fotografico (e i conti tornano)

6. Non tutte le foto delle missioni lunari, però, presentano le medesime caratteristiche. Ce ne sono altre, relative alle missioni lunari successive alle prime due, in cui l'illuminazione del terreno è "a giorno"

7. Chi sostiene che sulla luna non ci siamo mai andati afferma che l'artefazione delle foto lunari delle prime due missioni era così grossolana che hanno cambiato strategia. Le foto sono state scattate in un qualche deserto di giorno e poi il cielo è stato oscurato artificialmente nelle foto.

8. Le spiegazioni fornite da chi sostiene che sulla luna non ci siamo mai andati sembrano essere perfettamente plausibili ma, da quanto è emerso fino ad ora dalla discussione, esistono anche altre spiegazione di tutti i fenomeni descritti che non necessitano che si assuma che le foto siano fasulle.

9. In primo luogo, in base ai dati forniti dalla NASA, si è avuto modo di constatare che le prime due missioni sono durate molto di meno rispetto a tutte le altre e le corrispondenti EVA sono state condotte quando il sole era basso sull'orizzonte (qualcuno dirà che la fonte delle informazioni - cioè la NASA - è sospetta. Ma si dovrà pure convenire che se si vuole discutere sulla veridicità o meno delle foto lunari quello che ci dice la NASA si dovrà pur prendere in considerazione anche solo per verificare che non ci siano contraddizioni)

10. Sempre dai dati forniti dalla NASA si evince che le missioni successive alle prime due sono durate parecchio di più. In conseguenza di ciò, essendo tali missioni iniziate sempre quando il sole era basso all'orizzonte, ci sono state EVA in cui il sole era significativamente più in alto nell'orizzonte e, quindi, il terreno appariva significativamente più illuminato ("a giorno")

11. Le pellicole fotografiche (vedi questo link) presentano una curva caratteristica che non è lineare. Inizialmente, per basse luminosità, la risposta della pellicola è lineare ma poi, ad aumentare della luminosità la risposta della pellicola tende ad appiattirsi.

12. Anche l'occhio ha una sua curva di sensibilità che, grossomodo, può assimilarsi a quella delle pellicole fotografiche.

13. Quando un corpo (la superficie della luna nel nostro caso) viene colpito da una sorgente luminosa, diventa esso stesso una sorgente di luminosità poiché ogni corpo, in misura variabile, è riflettente.

14. L'intensità di illuminazione di una sorgente tende a diminuire col quadrato della distanza.

15. Nelle prime due missioni il sole era basso sull'orizzonte e, in conseguenza di ciò, il flusso di illuminazione ricevuto dal suolo lunare era minore di quello che avrebbe avuto se il sole fosse stato più alto sull'orizzonte. Ciò spiega il suolo meno illuminato delle foto delle prime due missioni rispetto a quelle delle missioni successive.

16. Poiché nel corso delle prime due missioni l'illuminazione del suolo era minore, la luce che arrivava alla pellicola fotografica era tale da agire nella zona in cui la pellicola stessa era più sensibile. Piccole variazioni di luminosità potevano dunque essere tali da impressionare la pellicola. Pertanto, tenendo presente che le zone più distanti del terreno rappresentano, per la macchina fotografica, sorgenti luminose più distanti, ed essendo la luminosità di una sorgente inversamente proporzionale al quadrato della distanza, è plausibile il fatto che nelle foto il terreno sembra avere un diminuzione di luminosità con la distanza.

17. Lo stesso effetto, poi, non si percepisce nelle foto delle successive missioni perché l'illuminazione del suolo è maggiore ed è tale da impressionare la pellicola nella zona "piatta" in cui la risposta non è più lineare.

18. Infine c'è da spiegare la presenza di una chiazza di maggiore luminosità in prossimità degli astronauti nelle foto in cui il sole è basso sull'orizzonte. La spiegazione potrebbe essere che sia proprio la tuta dell'astronauta a creare tale chiazza di maggiore illuminazione del suolo poiché, essendo bianca, riflette la luce del sole che su di essa arriva in misura maggiore rispetto al suolo. Si tenga anche presente che questa ipotesi è facilmente falsificabile (vedi mio post in pagina precedente) e ciò la rende una buona ipotesi (come ci insegna Karl Popper a proposito della falsificabilità di una teoria: una teoria che non può essere falsificata è una ciofeca di teoria)


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