Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 27/1/2011 17:30:35
Guardate l'emigrazione dopo l'unificazione, ad esempio.

Inizio dell'emigrazione meridionale [modifica]

La grande emigrazione meridionale ha inizio solo alcuni decenni dopo l'unità d'Italia, laddove nella prima metà del XIX secolo aveva già riguardato diverse zone del Nord, in particolare del Piemonte, del Comacchio e del Veneto. Le ragioni storiche della prima emigrazione meridionale della seconda metà del XIX secolo sono da ritrovare per letteratura diffusa sia per la crisi delle campagne e del grano, sia per la situazione di impoverimento economico che colpisce il Sud all'indomani dell'unità, quando gli investimenti industriali si concentrano nel Nord[25], nonché per altri fattori[26].


(Tratto da Wikipedia. Link: http://it.wikipedia.org/wiki/Questione_meridionale#Inizio_dell.27emigrazione_meridionale)

Nota Bene: prima metà dell'800 (PRIMA dell'unificazione) emigrano dal nord Italia. Dopo l'unificazione parte l'emigrazione dal SUD!

Come mai?

Leggete questo passo. (op. cit. Link: http://www.morronedelsannio.com/sud/quarta.htm)

L’emigrazione, la diaspora meridionale

Fu una delle più grandi ondate migratorie di tutti i tempi: alle popolazioni meridionali, sconfitte e colonizzate altro non rimaneva che battere la via dell’oceano: "Partetemmo pè mmare, eravamo sciumme!" [partimmo per mare ed eravamo un fiume]. I porti di Napoli e Palermo diventarono i più grandi centri di espatrio dei Meridionali, (Genova lo fu per i Settentrionali). Pasquale D’Angelo così descriveva il suo commiato dalla madre: "Mi gettò le braccia al collo singhiozzando e mi strinse a sé. Serrato nel buio di quell’abbraccio stretto, chiusi gli occhi e piansi. Piangevamo entrambi, fermi sui gradini, ed ella mi baciava e ribaciava le labbra. Sentivo le sue lacrime calde irrigarmi il volto. "Tornerò presto", le dicevo singhiozzando "Tornerò presto". Ma non fu così. I timori della mamma presagivano la verità. Non ritornai più. Mi strinse ancora fra le braccia, quasi volesse farmi addormentare sul suo petto. E tornò a baciarmi. Così rimanemmo a lungo finché su di noi discese una gran pace" (16). Disse lo statista lucano Nitti: "Io vorrei fare, io farò forse un giorno una carta del brigantaggio e una dell’emigrazione, e l’una e l’altra si completeranno e si potrà vedere quali siano le cause di entrambi (…) la miseria non ha ucciso le intime energie della razza, l’anima essenziale della stirpe; il brigante e l’emigrante con la rivolta e l’esodo sono la prova di una mirabile forza espansiva. "Che cosa farai?" io chiedeva al vecchio contadino che partiva, "Chi lo sa!" egli mi rispondeva; non chiedeva nulla, non voleva nulla, andava a lottare, a soffrire: aspirava alla sazietà. In altri tempi sarebbe stato brigante o complice; ora andava a portare la sua forza di lavoro, il suo misticismo doloroso nella terra lontana, a costituire forse con i suoi compagni quella che dovrà essere la nuova Italia ." (17). Gli emigranti arrivavano sulla costa orientale degli Stati Uniti dopo trenta giorni di navigazione a vapore (prevalentemente in terza classe), terre "assai luntane" di cui ignoravano la lingua. La maggior parte di loro non aveva mai vissuto in una grande città e l’85% dichiarava all’ufficio dell’immigrazione di essere agricoltore. Nonostante ciò, presto si trasformarono in operai, minatori o ferrovieri (le strade ferrate erano in rapidissima espansione). Essendo privi di denaro non riuscivano infatti ad acquistare le terre che le leggi fondiarie americane mettevano a disposizione a buon mercato. Inoltre "nel decennio 1870-1880 le retribuzioni offerte dalle fabbriche e dalle miniere superarono quelle offerte dalla media azienda agricola americana" (18). Alcuni emigrati si adattarono ai lavori più disparati, compresi i più umili, che però rendevano, come salario, il triplo di quello d’Italia, con un costo della vita solo di poco superiore. Ma le origini non si dimenticavano! Dopo qualche anno infatti, un buon numero di loro lasciò le grandi metropoli della costa orientale americana e fece il gran salto verso le terre sconfinate del Far West, perché "la cosa di cui gli italiani più si struggevano era di diventare padroni del loro pezzetto di terra e della loro casa. Diventare proprietario di terra significava dare la prova del proprio valore. Non c’era sacrificio troppo grave per uno scopo simile. Frugale all’eccesso, l’italiano non sprecava niente (si diceva che "risparmiavano religiosamente il denaro") (…) sa vivere di tanto poco che chiunque, salvo forse il cinese, morirebbe di fame (…) quando l’italiano acquista un pezzo di terreno incolto, impiega il suo tempo a zapparlo e a prepararlo per la coltura (…) tutta la sua famiglia lavora spesso da mattina a sera e per parecchie ore della notte (…) paga in contanti lo scavo della cantina e la pompa per l’acqua, e al costruttore che gli tirerà su la casa dà una o più cambiali". Il sogno della terra, coltivato in Patria per secoli, finalmente diventava realtà e con esso arrivava il benessere tanto che i meridionali riuscivano, insieme ai "pacchi alimentari e di vestiario", ad inviare in Italia parte dei risparmi per aiutare le famiglie di origine. "Il successo è così normale, fra gli italiani, che pochi sono quelli che non hanno un conto in banca e non mandano regolarmente del denaro in Italia". L'emigrazione non fu, quindi, solo una valvola di sfogo per l'eccesso di lavoratori, ma anche un preziosissimo strumento per lo Stato italiano per rastrellare valuta pregiata. Si trattò di cifre enormi: due miliardi di lire all'anno dal 1896 al 1900, più di quattro miliardi all'anno dal 1909 al 1914. Molti emigrati giunsero in vetta: citiamo i fratelli Di Giorgio che diventarono i più grandi distributori di frutta del mondo. Ricordiamo Amedeo Pietro Giannini che da venditore ambulante e possessore di un primo "banco" formato da un asse poggiato su due barili, conquistò la fiducia di piccoli risparmiatori fornendo prestiti a bassi interessi. La Bank of Italy di Giannini divenne prima l’istituto più grande della California, poi degli Stati Uniti ed infine del mondo sotto il nuovo nome di Bank of America. Anche in politica gli italiani fecero strada e ci furono momento in cui i sindaci delle principali città delle due sponde degli Stati Uniti (S.Francisco e New York) erano emigranti della Penisola.

Non era, però, tutto rose e fiori perché il successo degli immigrati italiani era inevitabilmente destinato ad alimentare i rancori degli americani "indigeni" e delle altre nazionalità emigrate in America; ci furono molti episodi di violenza xenofoba e alla fine si costruì lo stereotipo dell'Italiano mafioso. "La massima parte degli italiani detestava e respingeva con sdegno questa immeritata nomea, di cui ben presto gli Al Capone e i Lucky Luciano li avrebbero bollati. I molti immigranti onesti e ossequienti alla legge consideravano i sindacati della violenza come un prodotto degli slum americani (…) l’americano medio non si rese mai conto del fatto che la percentuale di condanne per cause criminali fra gli immigrati italiani degli Stati Uniti era e rimase a lungo suppergiù eguale a quella degli altri gruppi nazionali e addirittura inferiore a quella dei "nativi". Ciò non impedì che i delitti commessi dagli italiani ricevessero particolare pubblicità da parte della stampa. In qualche modo gli italiani e soprattutto i meridionali, sembravano più "drammatici" nel commettere i loro delitti, e così evocavano lo spauracchio dell’italiano assetato di vendetta e di sangue". Le differenze somatiche, di usi e costumi tra gli emigranti italiani provenienti dalle varie regioni della Penisola erano marcatissime "Fra italiani del Nord e italiani del Sud continuavano a manifestarsi secolari e non sopiti conflitti (…) agli italiani del Nord non piaceva che l’immagine dell’italiano tipico, che andava formandosi nella mente degli americani, corrispondesse a quella dell’italiano del Sud, piccolo e bruno (…) e l’italiano del Sud, che si vedeva trattato con alterigia dall’italiano del Nord, lo chiamava tight (spilorcio), e mean (meschino e con la puzza sotto il naso) (…) La United States Immigration Commission era solita tenere distinte le cifre degli immigrati del Nord e del Sud d’Italia, mentre non usava fare altrettanto per nessuna delle altre nazionalità ". Per quanto riguarda il numero degli emigrati, sebbene vi siano dati ufficiali solo a partire dal 1875, le tabelle Nitti ci offrono, comunque, per il periodo precedente, una eloquente panoramica: 1861: 5.525; 1862: 4.287; 1863: 5.070; 1864: 4.879; 1865: 9.742; 1866: 8.790; 1867: 18.447; 1868: 18.120; 1869: 23.325; 1870: 15.473; 1871: 15.027; 1872: 16.256; 1873: 26.183; in quei primi anni l’85% degli emigrati proveniva dalle regioni del Nord d’Italia, fu solo dopo la crisi agraria degli anni ’80 che i meridionali presero il sopravvento. Nell’anno 1900 l'emigrazione italiana complessiva aveva già raggiunto la enorme cifra di 8 milioni di individui di cui 5 milioni provenivano dalle ex Due Sicilie (di essi 3.4 milioni andarono oltreoceano); espatriò dal Sud oltre il 30% della popolazione; "Nel 1901 il sindaco di Moliterno, in Lucania, porgendo il saluto della città al capo del governo, venuto a visitarla, diceva:" La saluto in nome di ottomila concittadini, tremila dei quali risiedono in America, mentre gli altri cinquemila si preparano a seguirli"; nel 1898 l’Italia era già balzata al primo posto, tra tutti i paesi, per numero di emigranti in America; nel successivo decennio 1901-1910 partirono per nave più di 350.000 persone all'anno, poi aumentarono negli anni successivi e nel solo 1913, che fu l'anno della più forte emigrazione, lasciarono l'Italia per le Americhe 560.000 persone, cui si devono aggiungere 313.000 partenze per Paesi europei. Ancora negli anni '50 e '60 del Novecento altri sei milioni di meridionali emigrarono dal Sud verso il Nord (d’Europa e d’Italia), ai giorni nostri la diaspora continua e ben 90mila meridionali sono costretti a lasciare ogni anno le loro terre; la "questione meridionale", dopo più di 140 anni, non si riesce a risolvere (il meridionalista Nicola Zitara dice non si vuole risolvere per lasciare perennemente il Sud allo stato di "colonia interna" del Nord).

Espatriò dal Sud oltre il 30% della popolazione.

Basterebbe questo rigo per comprendere tutto il resto.

Tutta la storia di disastri economici, di vessazioni, di scientifico impoverimento, di sradicamento della produttività di un intero popolo nasce da qui.

La Cassa del Mezzogiorno è semplicemente ridicola, sia come quantità di impegno che come reale intento.

C'è un elemento che da solo lo dimostra, senza ricorrere a statistiche e a voli pindarici: la II emigrazione.

Questa volta non all'estero.

Ma da sud a nord, quando alla fiat servirono braccia.

Se la Cassa del mezzogiorno avesse anche solo lontanamente mantenuto i suoi impegni questa II emigrazione non avrebbe mai avuto luogo.

Ma Giovanni Agnelli doveva comprarsi una nuova barca a vela più lunga di quella precedente, sicché......

Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 27/1/2011 17:47:55
1735: Prima Cattedra di Astronomia, in Italia, affidata a Napoli a Pietro De Martino

1751: Il piú grande palazzo d’Europa a pianta orizzontale, il Real Albergo dei Poveri a Napoli

1754: Prima Cattedra di Economia, nel mondo, affidata a Napoli ad Antonio Genovesi

1762: Accademia di Architettura, una delle prime e piú prestigiose in Europa

1763: Primo Cimitero italiano per poveri (il "Cimitero delle 366 fosse", nei pressi di Poggioreale a Napoli, su disegno di Ferdinando Fuga)

1781: Primo Codice Marittimo nel mondo (opera di Michele Jorio)

1782: Primo intervento in Italia di Profilassi Anti-tubercolare

1783: Primo Cimitero in Europa ad uso di tutte le classi sociali (Palermo)

1789: Prima assegnazione di "Case Popolari" in Italia (San Leucio presso Caserta).

Prima istituzione di assistenza sanitaria gratuita (San Leucio)

1792: Primo Atlante Marittimo nel mondo (Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, Atlante Marittimo delle Due Sicilie. (vol. I) elaborato dalla prestigiosa Scuola di Cartografia napoletana)

1801: Primo Museo Mineralogico del mondo

1807: Primo "Orto botanico" in Italia a Napoli di concezione moderna

1812: Prima Scuola di Ballo in Italia, annessa al San Carlo

1813: Primo Ospedale Psichiatrico italiano (Reale Morotrofio di Aversa)

1818: Prima nave a vapore del Mediterraneo "Ferdinando I"

1819: Primo Osservatorio Astronomico in Europa, a Capodimonte

1832: Primo Ponte sospeso (il Ponte "Real Ferdinando" sul Garigliano), in ferro, in Europa continentale

1833: Prima Nave da crociera in Europa "Francesco I"

1835: Primo istituto italiano per sordomuti

1836: Prima Compagnia di Navigazione a vapore nel Mediterraneo

1837: Prima Città d’Italia ad avere l’illuminazione a gas (primo esperimento nei portici di San Francesco di Paola)

1839: Prima Ferrovia italiana, tratto Napoli-Portici, poi prolungata sino a Salerno e a Caserta e Capua.

1839: Prima galleria ferroviaria del mondo.

Prima Illuminazione a Gas di una città italiana (terza in Europa dopo Londra e Parigi) con 350 lampade

1840: Prima Fabbrica Metalmeccanica d’Italia per numero di operai (1050) a Pietrarsa presso Napoli

1841: Primo Centro Vulcanologico nel mondo presso il Vesuvio. Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia

1843: Prima Nave da guerra a vapore d’Italia (pirofregata "Ercole"), varata a Castellammare.

Primo Periodico Psichiatrico italiano pubblicato presso il Reale Morotrofio di Aversa da Biagio Miraglia

1845: Prima Locomotiva a Vapore costruita in Italia a Pietrarsa. Primo Osservatorio Meteorologico italiano (alle falde del Vesuvio)

1848: Primo esperimento di illuminazione a luce elettrica d’Italia a Lecce, per opera di mons. Giuseppe Candido. Illuminazione dell’intera piazza in occasione della festa patronale.

1852: Primo Telegrafo Elettrico in Italia (inaugurato il 31 luglio). Primo Bacino di Carenaggio in muratura in Italia (nel porto di Napoli).

1853: Primo Piroscafo nel Mediterraneo per l’America (Il "Sicilia" della Società Sicula Transatlantica di Salvatore De Pace: 26 i giorni impiegati).

Prima applicazione dei principi Scuola Positiva Penale per il recupero dei malviventi.

1856: Premio Internazionale per l’industria del corallo all’Esposizione Internazionale di Parigi.

Primo Sismografo Elettromagnetico nel mondo costruito da Luigi Calmieri

1859: Primo Stato Italiano in Europa produzione di Guanti (700.000 dozzine di paia ogni anno)

1860: Prima Flotta Mercantile d’Italia (seconda flotta mercantile d’Europa) e prima Flotta Militare (terza flotta militare d’Europa).

Prima nave ad elica (Monarca) in Italia varata a Castellammare.

Piú grande Industria Navale d’Italia per operai (Castellammare di Stabia 2000 operai).

Primo tra gli Stati italiani per numero di Orfanotrofi, Ospizi, Collegi, Conservatori e strutture di Assistenza e Formazione.

Istituzione di Collegi Militari (La Scuola Militare Nunziatella è il piú antico Istituto di Formazione Militare d’Italia, ed uno dei più antichi del mondo.

Prime agenzie turistiche italiane.

La piú bassa percentuale di mortalità infantile d’Italia.

La piú alta percentuale di medici per abitanti in Italia.

Prima città d’Italia per numero di Teatri (Napoli), il Teatro San Carlo è il piú antico teatro operante in Europa, costruito nel 1737.

Prima città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli).

Primo "Piano Regolatore" in Italia, per la Città di Napoli.

Prima città d’Italia per numero di Tipografie (113, in Napoli).

Prima città d’Italia per numero di pubblicazioni di Giornali e Riviste.

Primi Assegni Bancari della storia economica (polizzini sulle Fedi di Credito).

La piú alta quotazione di rendita dei titoli di Stato (120% alla Borsa di Parigi).

Il Minore carico Tributario Erariale in Europa.

Maggior quantità di Lire-oro nei Banchi Nazionali (dei 668 milioni di Lire-oro, patrimonio di tutti gli Stati italiani messi insieme, 443 milioni erano del regno delle Due Sicilie).

Monopolio mondiale dello zolfo, avendo oltre 400 miniere di zolfo, copriva circa il 90% della produzione mondiale di zolfo e affini.

(Link: http://www.duesicilie.org/spip.php?article33)

E questo fatto da una capitale, Napoli, che era culturalmente "periferica", vero?

Re: Il furto della memoria

Inviato da  incredulo il 27/1/2011 18:14:18
Citazione

E' ben vero che sono stati spesi molti soldi, dicendo che fossero a beneficio del sud, ma vanno dette due cose: 1) Non erano a beneficio del sud, ma solo di una casta politica ristretta. Non c'entra un benemerito piffero "il sud". Se, a titolo di esempio, mandi soldi a 1.000 elettori di Mastella, puoi anche dire che "mandi soldi al sud", ma in effetti li mandi a Mastella. 2) Se, nello stesso momento in cui mandi quei soldi a 1000 "mastelliani", aumenti le tasse per tutti (nord e sud) e investi SOLO AL NORD (infrastrutture, strade, ferrovie, ecc...) è sempre vero che hai mandato soldi verso sud (ai mille selezionatissimi mastelliani), ma nel contempo hai speso i VERI SOLDI al nord. Sai perché? Perché i soldi spesi per le infrastrutture PRODUCONO ALTRI SOLDI. Quelli spesi per l'assistenzialismo (come giustamente lo chiami tu) NO. Sicché, anche a voler ammettere che siano stati spesi soldi (sul "quanto" ci sono migliaia di documenti che dicono tutto e il suo contrario), sono stati spesi volutamente male. E con il precipuo scopo di evitare che una zona ben precisa si sviluppasse. Perché lo sviluppo impedisce lo sfruttamento e consente un altro (gravissimo!) fenomeno: la "graziosa donazione". Quella regalìa che priva il cittadino del suo status e lo fa regredire a suddito, che gli fa piovere dall'alto il "dono", come da un principe, da un re. Una specie di quella che il nano fa (con magnanima e principesca elargizione) alle sue minorenni. Ecco che il lavoro diventa un "dono". Ma come?!?!? Io lavoro e ti devo pure ringraziare??? Il sud serve così com'è. Un allevamento di mucche da mungere finché serve e infine da macellare. Vi do un'altra chicca. Quando finì la II Guerra Mondiale, il Belgio chiese E OTTENNE (!!!!!!!!!!!!) che l'Italia risarcisse i danni di guerra inviando decine di migliaia di operai nelle miniere belghe. Si svuotarono interi paesi al sud. Ecco perché serve il sud così com'è. Ed ecco (ancora una volta) perché PERSINO SU QUESTO SITO è difficile parlarne.

Ovviamente ti quoto in toto, pensavo che fosse chiaro che esprimevo il pensiero dei leghisti che, lo ripeto, si basa SOLO SU DI UN FATTORE ECONOMICO, gli sghei, quel pensiero che ci costringe con questa classe politica agghiacciante, non il mio pensiero.

Quello che scrivi lo avevo gia' espresso, limitatamente, nel mio post.

In quella storia, per motivi politici e clientelari, il meridione, nonostante gli ingenti capitali piovutogli addosso, non si e' sviluppato come avrebbe dovuto. Sono state fatte scelte politiche chiare di assistenzialismo, pensioni, invalidita' fasulle, cassa per il mezzogiorno ecc.
Faceva comodo questo stato di cose, perche' garantiva un serbatoio di consenso elettorale granitico e inattaccabile.


@ Audisio

non è che puoi fare iniziare la storia quando vuoi tu, come quando giochi ad un videogame e metti in sospeso la partita. L'assistenzialismo anni '60 e post è figlio dell'impoverimento del Sud a favore del Nord che si è protratto per i 100 anni precedenti.

L'assistenzialismo e' stata UNA SCELTA POLITICA, una VOLONTA' POLITICA e quello che la gente conosce e' QUESTA STORIA, quella dell'assistenzialismo per averla VISSUTA e metabolizzata.

Abbiamo appena detto che la storia CHE SI STUDIA, non e' quella di cui stiamo parlando.

Ora dato questi elementi ti risulta piu' chiaro perche' esista il fenomeno lega?

Il mio ragionamento cercava di togliere l'illusione che, il conoscere la storia vera dell'Italia eliminasse l'ignoranza cronica dei leghisti e gli togliesse consenso.

Infatti Notturno finiva il suo post con questa frase:

Oggi partiti come la Lega sono forti di QUESTA IGNORANZA!

Tutto quel che accade oggi è figlio diretto di questa storia.

E prima ce ne rendiamo conto e prima le cose cambieranno.

Sempre ammesso che le si voglia cambiare.

Per alcuni è "scomoda anche questa ipotesi.


Il mio pensiero e' che il dossier di Aprile, se dovesse mai scuotere qualcosa, scuotera' quell'orgoglio meridionale da contrapporre alla insopportabile prosopopea leghista, non certo il contrario.

Un saluto

Re: Il furto della memoria

Inviato da  benitoche il 27/1/2011 21:56:39
Il nord è stato il protagonista della storia politica italiana dalla sua unità ad oggi tutti i grossi partiti e movimenti sono nati al nord e molto spesso a Milano e dal nord stesso buttati giù ( i Savoia, Mussolini, De Gasperi Craxi Berlusconi )

Restano a chiarire le motivazioni che hanno indotto gli ambienti accademici del Regno d’Italia prima, del periodo fascista e della Repubblica poi, a mantenere fin quasi ai giorni nostri, una versione dei fatti così lontana dalla verità, tacendo, soprattutto, la circostanza che le popolazioni del sud, salvo una minoranza di latifondisti ed intellettuali, non avevano nessuna voglia di essere “liberate” e anzi reagirono violentemente contro coloro i quali, a ragione, erano considerati invasori.

La tentazione del separatismo non nasce certo oggi ma a mio modesto parere è sempre stata messa a tacere per perseguire gli interessi dei politici che attingevano al serbatoio di voti del sud e dei grossi industriali del nord che hanno depredato il sud anche con la cassa del mezzogiorno; quanti industriali di varia grandezza hanno sin dagli anni 50 sfruttato il sud facendo finta di investire per fare aziende nel sud ma venivano qui solo per prendere i soldi e scappare abbiamo visto centinai di aziende di piccole, medie e gradi dimensioni aprire stabilimenti, spesso con macchinari vecchi e riverniciati prendere i soldi della cassa del mezzogiorno e poi puntualmente questi fantomatici imprenditori sparivano insieme ai soldi e alle aziende e ai posti di lavoro –(per poi aprire le stesse nei loro Paesini di provincia del NORD,e si meglio farsi la fabbrichetta sotto casa ) in un sud senza infrastrutture ne servizi ne sviluppo ne salvaguardia dell’agricoltura si aiutano i produttori del latte del nord ma nessuno parla dell’ olivicoltura meridionale e dei regolamenti c.e.e. fatti solo per penalizzare l’unica vera ricchezza del sud L’AGRICOLTURA

Oggi siamo monnezza, liquidati come i "meridionali piagnoni" dal leghista di turno, quando esigiamo quello che ci è dovuto e che il governo nord-centrico ha speso per se’, noi che ci spacchiamo la schiena per campare e fare arricchire gli altri, e gli industriali del nord sarebbero invece quelli civilizzati che in realtà vengono a colonizzarci per massacrarci la vita, l’ambiente, le prospettive future. Ogni soggetto del nord arrivato a fare l’imperialista non è stato diverso da quell’uomo delle stelle del film di Tornatore che della sicilia prese i doni più generosi, i racconti, le narrazioni private e una splendida ragazza, usata e poi lasciata a crepare in un manicomio.

Uau,hai propio ragione incredulo

Cmq di una cosa sono certo, alla lunga chi piangerà per questa propabile suddivisione sarà il Nord
La terra lu mari e lu sule alla fine non potrà togliercele nessuno,di certo c'è però che io un trattore lo posso comprare Made in China

Re: Il furto della memoria

Inviato da  PikeBishop il 28/1/2011 1:12:25
Citazione:
E questo fatto da una capitale, Napoli, che era culturalmente "periferica", vero?

Continuava ad essere periferica anche se la lista che ci hai sottoposto fosse verosimile (e lo e' solo in parte - mi ha fatto veramente tanta allegria la faccenda del primo cimitero per questi e per quelli).

Napoli era una citta' molto popolosa (una delle piu' popolose al mondo)ed il Regno aveva una economia fiorente seppur limitata al confronto di altre nazioni, ma non un granche' sembra essere partito da Napoli Borbonica che abbia cambiato alcunche' della Storia e Cultura europea o mondiale, quindi era periferica e qualsiasi elenco porterai non potra' cambiare questo fatto.
Tutta l'Italia era periferica a quel tempo nella cultura europea, come lo e' di nuovo ora, tranne eccezioniali figure che come al solito emigrano, perlopiu' in Francia perche' in Italia vengono prese per i fondelli dai soliti figli di.

Il meridione, pure con le casse piene e una classe mercantile e latifondista florida ed educata (che guardacaso parlava il francese proprio come i piemontesi, ma non mi risulta che le classi superiori francesi parlassero napoletano o torinese, che strano...) comunque non ha resistito ad una spallata neanche troppo decisa da parte di un esercito che in seguito venne assolutamente sopravvalutato (l'esercito piemontese il famoso esercito della Prussia del Sud era infatti vergonosamente incapace e lo dimostro' a tutti gli alleati nel corso delle guerre risorgimentali) e che non dovette nemmeno combattere granche': la grandiosa macchina dello Stato Borbonico si affloscio' istantaneamente solo perche' un gruppo di squinternati non troppo bene armati e peggio comandati la stava invadendo.

Che la famosa "formazione militare" non fosse poi un granche'?

Ah, gia', i Piemontesi, quelli con le pezze al culo, hanno corrotto funzionari e militari nelle posizioni chiave... il che prova quanto ci tenessero a perpetuare uno status quo che ora ci si vuole far passare come idilliaco e che di fatto non poteva esserlo.

Come puo' una nazione all'apice del proprio benessere e con una organizzazione perfetta andare in frantumi da maggio a settembre minacciata da una parte da una schiera di mercenari comandati da un avventuriero che, ricordiamolo che ne vale la pena, doveva traversare anche un braccio di mare per invadere il "continente" - e gli sbarchi non erano certo piu' facili allora, specie se si ha contro la "terza flotta militare d'Europa" - privo di vera esperienza militare e con milizie di volontari non professionisti e dall'altra da uno degli eserciti peggiori della storia del mondo, quello piemontese, considerato come una barzelletta nel resto d'Europa?
Come cavolo capita che la fortezza di Gaeta difesa col fior fiore delle truppe siciliane, imprendibile, difesa da artiglieria in grado di fare danni a qualsiasi assalitore resistette poco piu' di un mese perche', udite udite, mancava il cibo?

Come diavolo si spiega che le truppe borboniche disertavano in massa o addirittura si univano ai garibaldini come ad esempio notabilmente a Reggio Calabria? Non era tutto rose e fiori nel Regno delle Due Sicilie?

Curioso, eh?

Forse come al solito bisogna prendere le cose con un pizzico di buon senso...

Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 28/1/2011 11:50:09
@ incredulo.

Perdona la mia eccessiva irruenza.

A volte il calore che provo quando penso a questo argomento mi offusca un po'.



@pike

Come spesso accade, quando si parla della civiltà del regno delle due sicilie si discute poco e si immette subito l'argomento: "Allora perché hanno perso così clamorosamente?"

A parte che la civilità di un popolo non si dovrebbe giudicare dal suo esercito o, quantomeno, non dovrebbe essere l'argomento principe, in effetti le cose sono andate un po' diversamente da come ce le hanno raccontate (anche stavolta, guarda caso).

Tutti parlano della nave coi mille che partì da Quarto e, impavida, fece tutto quel po-po di impresa, come se avesse agito isolata e coraggiosa.

Così non fu.

La vera impresa la fecero gli inglesi. E in due modi:

1) una parte della flotta inglese sorprese il grosso della flotta duosiciliana in porto (a Gaeta, se ben ricordo) e le impedì di uscire e di fermare la nave garibaldina (badate, la flotta duosiciliana era la SECONDA flotta AL MONDO).

2) la massoneria inglese dotò il buon Garibaldi di tanti di quei soldi che riuscirono a comprare i generali e gli ufficiali superiori duosiciliani. In numerosi casi i soldati abbozzarono insubordinazione contro i superiori che lasciavano campo libero ai piemontesi o che commettevano azioni così suicide da far reagire i sottufficiali e i soldati con violenza. (moltissimi sottufficiali divennero "briganti" e moltissimi altri furono ammassati in un carcere in piemonte, dove furono disciolti nella calce).

Se servono i link, dimmelo. Ora vado un po' di fretta, ma ce ne sono abbastanza.

Tra l'altro, una annotazione: a scuola avete mai studiato qualche battaglia di quell'impresa?

Come mai tutti tacciono sull'aspetto militare dell'impresa dei mille?

Dicono da dove parte, dove sbarca, parlano di una battaglia a Calatafimi e poi, tutto il resto è silenzio.

Sapete perché?

Perché fa schifo persino ai falsi storici divulgare notizie sull'assedio di Gaeta, dove furono massacrati civili e truppe già arresisi.

Perché fa schifo parlare di due paesi distrutti e rasi al suolo con migliaia di civili passati a fil di spada.

Perché fa schifo ammettere che i soldati piemontesi avevano ricevuto il diritto di saccheggio con nota ufficiale dei superiori.

E voi sapete che cosa vuol dire concedere il diritto di saccheggio ai soldati, vero?

Significa dar loro diritto di vita e di morte su tutti e su ciascuno.

Violenze assurde e ingiustificate.

QUESTO ci tacciono.

Cercate il nome del Generale Cialdini.

Se qualcuno volesse, riporto i link dei generali borbonici che passarono a miglior vita (nel senso che coi soldi che presero divennero cosi' ricchi da far paura ancor oggi) ditemelo.

Restano intatte queste argomentazioni:

Un paese civile (discutiamo sulla sua posizione se seconda o terza in Europa) viene aggredito militarmente senza nemmeno uno straccio di dichiarazione di guerra, viene spogliato di tutto, oro, industrie, tecnologie e forza lavoro.

Viene depredato di ogni genere di risorsa: competenze, infrastrutture (si veda il ponte di ferro sul Garigliano), scuole (!!!!), legami sociali e finanche l'orgoglio.

E nessuno dice nulla.

Nessuno ne parla. Nessuna richiesta di discussione.

Tutto viene prontamente sopito e reso invisibile.

A marzo si terranno i festeggiamenti dell'unità d'Italia.

In tutta onestà, io mi domando con quale cazzo di coraggio.

Re: Il furto della memoria

Inviato da  audisio il 28/1/2011 12:42:46
Quoto notturno al mille per mille.
E mi rimeraviglio Pike, la risposta la trovi nel tuo stesso nick.
Pike = massoneria.
Il Regno delle Due Sicilie è caduto con lo stesso meccanismo
con cui è caduta l'Urss.
Soldi, tanti soldi e gli uomini giusti fatti salire piano piano ai posti
giusti.
L'Urss è caduta (a prescindere da tutti i problemi che comunque
non erano stati sufficienti fino ad allora per farla cadere) perchè si
era piazzato il signor Gorbacev e i vari generali al posto giusto.
Li si è allevati fin dall'adolescenza a quel compito e poi, zac, al momento
giusto si muove la prima tessera del domino e tutto viene giù.
E se no a che cazzo servono le società segrete?
A fare dei balli in maschera?

Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 28/1/2011 13:55:13
Citazione:

PikeBishop ha scritto:


Ah, gia', i Piemontesi, quelli con le pezze al culo, hanno corrotto funzionari e militari nelle posizioni chiave... il che prova quanto ci tenessero a perpetuare uno status quo che ora ci si vuole far passare come idilliaco e che di fatto non poteva esserlo.

Come puo' una nazione all'apice del proprio benessere e con una organizzazione perfetta andare in frantumi da maggio a settembre minacciata da una parte da una schiera di mercenari comandati da un avventuriero che, ricordiamolo che ne vale la pena, doveva traversare anche un braccio di mare per invadere il "continente" - e gli sbarchi non erano certo piu' facili allora, specie se si ha contro la "terza flotta militare d'Europa" - privo di vera esperienza militare e con milizie di volontari non professionisti e dall'altra da uno degli eserciti peggiori della storia del mondo, quello piemontese, considerato come una barzelletta nel resto d'Europa?
Come cavolo capita che la fortezza di Gaeta difesa col fior fiore delle truppe siciliane, imprendibile, difesa da artiglieria in grado di fare danni a qualsiasi assalitore resistette poco piu' di un mese perche', udite udite, mancava il cibo?

Come diavolo si spiega che le truppe borboniche disertavano in massa o addirittura si univano ai garibaldini come ad esempio notabilmente a Reggio Calabria? Non era tutto rose e fiori nel Regno delle Due Sicilie?

Curioso, eh?

Forse come al solito bisogna prendere le cose con un pizzico di buon senso...


Caro Pike, vorrei chiarire prima di ogni cosa che io ti sono grato per questa discussione.

Non è certo mio intento quello di "affrontare" o tantomeno "stroncare" nessuno. Men che meno te. Quindi grazie ancora e perdonami se ogni tanto sarò un pelino "sopra le righe". Fammelo notare e farò un passetto indietro, illico et immediate.

Ciò detto, ti consiglio caldamente di leggerti questo capitolo:
link: http://www.morronedelsannio.com/sud/terza.htm


In particolare questo passaggio:
"Negli atti del congresso massonico di Torino del settembre 1988 (12), vi è una relazione di Giulio De Vita che parla di 3 milioni di franchi francesi versati dagli Inglesi a Garibaldi, cioè molti milioni di Euro attuali . Capo dell'intendenza del Nizzardo, quindi responsabile di tutti i fondi, era il poeta Ippolito Nievo, che perì nell'esplosione del piroscafo Ercole, nella notte tra il 4 e 5 marzo 1861 mentre viaggiava da Palermo a Napoli. Con lui si inabissarono gli altri ottanta passeggeri ed andarono persi molti documenti dei finanziamenti alla spedizione dei Mille. Nell'occasione ci furono la misteriosa perdita di contatto con la nave che precedeva ed il ritardo nei soccorsi. Si parlò di sabotaggio (fu l'unico battello ad affondare tra tutti quelli che avevano solcato il Tirreno per i ripetuti sbarchi in Sicilia), ma poi la cosa venne messa a tacere, secondo il metodo massonico dell'epoca.

Re: Il furto della memoria

Inviato da  PikeBishop il 28/1/2011 16:53:52
Citazione:
Il Regno delle Due Sicilie è caduto con lo stesso meccanismo
con cui è caduta l'Urss.

Grazie per il paragone che illustra propriamente il dove volevo arrivare: l'URSS e' caduta perche' in crisi profonda. Quando un paese e' in crisi basta un po di contante per fare andare a carte quarantotto tutti gli equilibri su cui si basa. Prova a corrompere la Cina. Prova a corrompere e invadere la Corea del Nord. Prova a corrompere e distruggere il tessuto sociale della Germania.
Puoi pero' corrompere qualsiasi classe dirigente di un paese che gia' sta per cadere per i fatti suoi per via di tensioni interne ed internazionali, un paese che e' corruttibile e dove le classi dirigenti o i funzionari preferiscono l'immediata ricchezza allo status quo (che dovrebbe comunque assicurare loro stabilita' e una buona situazione economica, se le cose andassero bene).

Il cancro delle Due Sicilie era la Chiesa Cattolica, i suoi possedimenti terrieri e immobiliari ed il modo in cui i Borboni lasciavano che amministrasse in pratica il loro paese, gli Inglesi hanno solo giocato su di una situazione che poteva andare a loro favore se giocavano con astuzia e furono piu' astuti loro dei Francesi.

Citazione:
1) una parte della flotta inglese sorprese il grosso della flotta duosiciliana in porto

A me cosi' a memoria viene in mente di no, ma in sostanza e' quel che avvenne: la squadra britannica si mise in mezzo tra i penosi barconi dei Mille e la flotta delle Due Sicilie. Quel che nessuno dice e che ho trovato solo nel libro di Abba e' del bombardamento di Palermo, accaduto con l'intervento diretto della squadra inglese.

Ma lo sbarco a cui mi riferivo io era l'altro, quello dalla Sicilia alla Calabria.

Citazione:
Se qualcuno volesse, riporto i link dei generali borbonici che passarono a miglior vita (nel senso che coi soldi che presero divennero cosi' ricchi da far paura ancor oggi) ditemelo.

Sarebbe interessante.

Citazione:
Perché fa schifo parlare di due paesi distrutti e rasi al suolo con migliaia di civili passati a fil di spada.

Baionetta. Sempre dal libro di Abba (che naturalmente non dice niente in chiaro ma e' la migliore testimonianza diretta che abbia letto) Bixio ad un certo punto aveva dato persino l'ordine di riservare i proiettili alle truppe reali e non sprecarli per sedare le rivolte nei paesi che attraversavano.

Un po' per quello che dici tu e un po' perche' di militare c'era ben poco da registrare, praticamente come lo sforzo di un coltello caldo nel burro o come la Prima Guerra del Golfo, di cui abbiamo solo visto cartoni animati.

Re: Il furto della memoria

Inviato da  Manfred il 28/1/2011 23:01:23
Ma l'Urss non era anche stata creata dallo stesso meccanismo?

Re: Il furto della memoria

Inviato da  benitoche il 31/1/2011 3:09:18
paglia sul fuoco

Re: Il furto della memoria

Inviato da  benitoche il 18/2/2011 10:10:43
Citazione:

audisio ha scritto:
ripeto se questo è il progetto allora la prospettiva è solo la guerra
civile.
Il Nord lo sappia, siamo già abbastanza poveri, non accetteremo di fare
i sudditi di lor signori.
Uomo avvisato...


Preparati Audisio
Presupposti per il rilancio economico

Un piano di investimenti infrastrutturali di lungo termine può dunque venire solo da capitali non pubblici, ma stranieri.
E’ inoltre possibile che i capitali in questione decidano che quelle condizioni siano meglio realizzabili previa divisione del paese nelle sue tre grandi aree etnico-comportamentali: Nord, Centro e Sud, in modo che ciascuna sia regolata conformemente alle sue caratteristiche sociali e culturali.



Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 22/2/2011 9:54:57
L'UNITA' D'ITALIA E I CONTI CON LA STORIA
Postato il Domenica, 20 febbraio @ 17:10:00 CST di Truman

Italia DI TRUMAN BURBANK comedonchisciotte.org

A 150 anni dall’unità, l’Italia sembra un giocattolo inceppato, che si agita in modo inconcludente. Piuttosto che agitarsi furiosamente come fanno tanti è forse il caso di studiare il passato.

"Chi non conosce il proprio passato è condannato a ripeterlo" dice Santayana e la frase ha due possibili letture: la prima (la più comune) è che chi non conosce la propria storia ripeterà gli stessi errori a parità di condizioni; dopo un primo fascismo ne conoscerà una seconda versione (e magari anche una terza), senza che l'esperienza precedente consenta di resistere all'ascesa progressiva di ducetti, gerarchetti e galoppini.

Ma ancora peggiore è una seconda lettura della frase di Santayana, chi non conosce la propria storia non si rende conto di ciò che ha fatto di buono e lo distrugge senza neanche accorgersene. Allora, se si vuole crescere e diventare adulti, bisogna fare i conti con la propria storia.

Per fare i conti può convenire partire dalla favoletta con cui ci viene propinato il racconto tradizionale dell’unità d’Italia.

La storia provvidenziale (la favola del Risorgimento)

Per gli studiosi di antropologia potrebbe essere interessante analizzare il racconto convenzionale in senso provvidenziale del "Risorgimento". La visione proposta è tesa a dimostrare quanto siano stati necessari gli avvenimenti riportati. Dopo secoli di sofferenze gli italiani erano pronti ad essere riunificati, questo era il loro destino manifesto. Per fare ciò servivano degli eroi: Garibaldi, Vittorio Emanuele, Mazzini, Cavour. Ma gli eroi presuppongono dei cattivi dall'altra parte: gli austriaci, i Borbone. Un po' meno cattivo il Papa, ma certo non poteva avere il suo stato su quella che era destinata a ridiventare capitale d'Italia.

Tutte le fiabe raccontano la stessa storia all’interno di un numero di variabili limitato e la fiaba dell’unità d’Italia non fa eccezione.

Per i dettagli conviene fare riferimento alla "Morfologia della fiaba" di Vladimir Propp[1]. E' opportuno notare che, rispetto alla fiaba standard, qui l'unità nazionale conseguita (la legittima unione tra il popolo e la patria) rimpiazza il matrimonio finale dell'eroe.
Chiaramente la storia provvidenziale che ci viene raccontata è in realtà un artefatto, realizzato per soddisfare degli interessi umani. Ma come si fabbrica un tale artefatto?

Non è poi così difficile costruire un'interpretazione provvidenziale della storia. Prima di tutto vengono gli interessi: si fa quello che conviene fare con qualsiasi tecnica, per esempio è tradizione corrompere gli alti gradi dell'esercito nemico. Grazie alla corruzione ed altri trucchi sporchi si vince. In guerra normalmente vince il peggiore, non il migliore (a parità di forze in campo). Vince il più privo di scrupoli, il disonesto, chi trama nell'ombra. Dopo la vittoria si scrivono libri che dimostrano come ciò che è successo fosse inevitabile, nel destino della nazione, come si stesse preparando da secoli.

Si troveranno sempre con facilità intellettuali e giornalisti pronti a sostenere i vincitori.

Anche il vocabolario verrà riformato. Si introdurranno nuovi termini, come risorgimento, esportazione della democrazia e così via.

In parallelo si provvederà ad emarginare e poi distruggere chi si ostina a mostrare il punto di vista dei vinti, dai giornali fino alle cattedre universitarie. Alla lunga resterà solo il punto dei vista dei vincitori.

Per questo è rarissimo nelle opere storiche trovare dei vincitori cattivi. Per questo gli antichi romani portavano la civiltà.

Il popolo pigro
Un importante corollario della favola standard, popolata da eroi, è il popolo pigro. Adatto il concetto da Wikipedia[2].

Un filone di critica storiografica, elaborando le analisi che fece Antonio Gramsci nei suoi quaderni del carcere, che partì dalle considerazioni del meridionalista Gaetano Salvemini sulla mancata soluzione della questione contadina, legata alla irrisolta questione meridionale, ha sottolineato un’interpretazione che sostiene come nel Risorgimento italiano fosse stata assai limitata la partecipazione delle masse popolari, soprattutto contadine, agli eventi che hanno caratterizzato l'unità nazionale italiana e come il Risorgimento possa essere considerato come una rivoluzione mancata.

Per chi guardi gli avvenimenti in modo disincantato la realtà è diversa e il popolo c’è. Il popolo è quello che neutralizza la spedizione dei Pisacane, il popolo è a Bronte che reclama le terre, il popolo combatte a Pontelandolfo, il popolo partecipa al brigantaggio, riuscendo a contrastare un esercito di 140.000 soldati[3] in assetto da guerra, soldati che riusciranno a vincere solo grazie a tecniche di genocidio. Il popolo è quello costretto ad emigrare a causa della fame creata dai Savoia nel sud. Il popolo continuerà a celebrare i briganti contro gli invasori per decenni. Oltre un secolo dopo la spedizione dei mille c'erano ancora dei cantastorie che onoravano le gesta dei briganti.

Il problema è che nell'interpretazione favolistica del Risorgimento, il popolo è quasi sempre dalla parte sbagliata e viene fatto diventare invisibile dai mass-media (inclusi i libri di storia). Ma se abbandoniamo la favola è facile vedere come il risorgimento sia un'operazione fatta contro il popolo italiano, a cui il popolo si è opposto fortemente, a volte anche ferocemente.

Conviene prestare attenzione al concetto di storia dei vincitori, la storia così come viene raccontata da chi ha vinto. Dalla storia dei vincitori non c'è niente da imparare. Tutto viene giustificato in termini di provvidenza o destino manifesto. Sul lato opposto, dalla storia dei perdenti si possono raccogliere molte utili informazioni. Solo che i perdenti quasi sempre sono stati azzittiti.

Per questo solitamente bisogna cercare al di fuori dei libri di storia per trovare qualche verità, un grande esempio è Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, altro esempio è Noi credevamo di Anna Banti. Per quanto riguarda la saggistica, per lungo tempo le poche cose decenti sul risorgimento sono stati i libri del grande Nicola Zitara[4] e qualcosa di Mack Smith, che non era italiano.

Lo spiegava bene Carl Schmitt (in Ex captivitate salus) come i perdenti siano costretti a scrivere la storia con estremo rigore mentre i vincitori possano permettersi tutti gli abusi.

Sono andato a riguardare la vita di Tucidide, forse il più grande storico mai vissuto, ed era uno sconfitto. Vae victis diceva Brenno ai Romani. Non è cambiato molto da quell'epoca, anche se una mitigazione viene data dalla “storia sociale”, che studia la vita quotidiana delle persone nelle varie epoche.

I Mille

Episodio chiave del Risorgimento è la Spedizione dei Mille nel 1860. Qui conviene approfondire.

La spedizione dei mille durò pochi mesi, con un migliaio di soldati iniziali e poche migliaia alla fine convenzionale della spedizione. Alla fine della spedizione buona parte dell’Italia era formalmente unificata sotto i Savoia. Restava in sostanza solo il Lazio e Roma, che avrebbe resistito una decina di anni. L'unità d'Italia era cosa fatta, toccava fare gli italiani (per terminare correttamente la fiaba). Solo che si sviluppò il cosiddetto "brigantaggio", il quale tenne impegnati fino a 140.000 soldati nella cosiddetta repressione, la quale durò almeno un decennio.

Sotto l’aspetto degli interessi economici in gioco, la spedizione dei Mille puntava allo zolfo, che all’epoca valeva come il petrolio di oggi. Si voleva che lo zolfo siciliano rifornisse a buon prezzo le navi inglesi. E così fu.

Per fare ciò i generali borbonici furono comprati, il Regno delle due Sicilie fu depredato, il popolo fu massacrato.

Qui ci sono molte analogie con l'invasione USA dell'Iraq (la Seconda guerra del golfo del 2003), fatta per rubare il petrolio agli iracheni. La guerra recitata durò tre mesi, dopo di che (a maggio 2003) Bush dichiarò la pace (non è colpa mia se suona male). E venne invece la guerra di sterminio contro il popolo iracheno, che dura da anni.

L'unità d'Italia realizzata dai Savoia nel 1860 ed anni successivi fu un capitolo di infamia e rapina, e nel suo complesso si configura come un vero e proprio genocidio.

Il Sud depredato e rapinato, affamato fino all’inedia, deportato nel lager di Fenestrelle[5], sottoposto alla pulizia etnica gestita dai militari piemontesi ed ideologicamente organizzata da Cesare Lombroso, si riduceva in stato miserevole. Solo una mitigazione molto parziale proveniva dall'emigrazione.

Per dirla in altre parole c'erano tre scelte per chi abitava nel sud dopo la conquista dei Savoia:

* cercare di sopravvivere in condizioni che non lo consentivano
* morire combattendo
* emigrare.

Si arriva così alla fine dell’800.

Dopo parecchi anni e parecchi massacri di genti inermi qualche forma di unità politica era stata raggiunta, ma essa era un'unità formale che poggiava su un paese spezzato e su un meridione distrutto (destrutturato, demoralizzato).

Anche se gradualmente ci fu qualche uniformazione amministrativa (va ricordata almeno la legge Casati, che introdusse la scuola pubblica in tutto il regno), l'Italia rimase un paese diviso. Il sud, terra di conquista, perse molto della sua tradizione, ma non acquistò senso dello stato.

In seguito la mitologia fascista ebbe però qualche presa in tutta Italia con i suoi simbolismi, i richiami all’antica Roma imperiale, la sua voglia di apparire.

Ma il fascismo era anche una recita tragica e mal riuscita ed in particolare fu un errore il modo in cui fece entrare l’Italia nella Seconda Guerra mondiale. A un certo punto fu chiaro a quasi tutta la popolazione che la guerra era persa e lo show fascista stava terminando. Ma la caduta del fascismo si portava dietro la sudditanza agli USA.

Con gli accordi di Yalta l’Italia prendeva il ruolo di stato-cuscinetto, ruolo che avrebbe mantenuto per lungo tempo. Gli USA avevano ripreso concetto di stato-cuscinetto dall’Impero Romano. Gli stati cuscinetto stavano ai bordi dell’Impero e difendevano dagli imperi confinanti, godendo di una discreta autonomia rispetto al centro, purché non venisse messa in dubbio la sottomissione all’impero.[6]

Diciamo che era una libertà presidiata.

In parallelo alla storia ufficiale si svolgono quindi le strategie per tenere divisi gli italiani.
Tali strategie (il "Divide et impera") nella versione USA si esplicano solitamente nell’organizzazione di guerre civili, esplicite o latenti.

Se guardiamo in prospettiva la storia recente italiana, il "Divide et impera" nel secondo dopoguerra si è basato in Italia sul pericolo comunista, contrapposto a seconda dei casi ad una destra eversiva o ad un Chiesa reazionaria.

Con la caduta della monarchia nel 1948 l'Italia gradualmente si riprese.

La caduta del Fascismo ebbe degli aspetti rivoluzionari: tutta una tipologia di classe politica servile (ruffiani e yes-men) fu messa da parte e rimpiazzata da una classe politica dotata di contenuti morali. La nuova classe dirigente si era temprata nel disastro ed ebbe la statura politica e morale di fare scelte coraggiose, nell’interesse comune della popolazione prima che nell’interesse della classe politica.

Dalla caduta del fascismo nacque la Costituzione repubblicana, che in qualche modo tentava di far tesoro dell'esperienza (e degli errori) del fascismo.

Da qui cominciava uno dei periodi migliori: partiva la ricostruzione del paese, si sviluppavano industrie nel nord e partivano poderose migrazioni interne dal sud verso il nord per alimentare di manodopera a basso costo le industrie del nord.[7]

Avvenne anche un fatto nuovo, la povertà del sud diventava un problema.

Al Nord era molto utile avere mano d'opera a basso prezzo proveniente dal Sud, ma ad un certo punto ci si rese conto che il sud sarebbe stato un paradiso per le industrie del nord se gli abitanti fossero stati dei bravi consumatori. In altre parole, si voleva una nazione di consumatori omogenea.

Disgraziatamente gli abitanti del sud non potevano spendere abbastanza per gli appetiti delle aziende del Nord. Questo era un problema. A questo problema fu trovato il nome di questione meridionale.

L’unità degli italiani

L'Italia era ancora composta di genti molto diverse, ma esse cominciavano a capirsi, grazie agli scambi migratori.

Negli anni '60 arrivò in tutta Italia la RAI (intesa come TV). E qui tutti cominciarono a capire l'italiano della RAI, a vedere Carosello, Lascia o raddoppia, Canzonissima, Sanremo e le partite della nazionale di calcio.

La RAI-TV cambiò la vita quotidiana delle persone e gradualmente assimilò al consumismo tutti gli italiani, fece sognare a tutti gli stessi simboli del cosiddetto benessere, li omologò sugli stessi miti e valori. In una decina di anni l'Italia diventava una nazione e l'unità d'Italia, quella sostanziale, del popolo che condivide sentimenti, emozioni, valori, era cosa fatta. Gli italiani si sentivano “a casa propria” più o meno da tutte le parti.

Gli eroi di questa unità, coloro che avevano fatto l'Italia e anche gli italiani, erano molti. Si chiamavano Claudio Villa, Raffaella Carrà, Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Gianni Morandi, e poi Burgnich, Facchetti, Zoff e tanti altri.[8] [9]

L'operazione della RAI aveva formato un diffuso sentire nazionale. Tutti gli italiani si sentivano fratelli, almeno in occasione dei mondiali di calcio.

Il paese era praticamente unificato, la RAI aveva fatto ciò che a Cavour non era riuscito (né gli interessava in realtà): creare un insieme di consumatori abbastanza omogeneo.

Nel frattempo il lavorio nascosto dell’Impero continuava. Il ’68 aveva sconvolto molti luoghi comuni. In quel periodo si erano creati degli strati sociali portatori di novità, che non da tutti erano visti favorevolmente.

L'economia italiana era cresciuta rapidamente ed il miglioramento del tenore di vita era percettibile. La mortalità infantile si era fortemente ridotta. La popolazione cresceva e all’interno di essa la classe media si era ampliata. L'analfabetismo era praticamente scomparso. Con circa un secolo di ritardo rispetto ai tempi ufficiali, l'Italia cominciava ad essere una nazione, con una lingua diffusamente parlata (o almeno capita) dalla Sicilia fino alle Alpi. La Rai TV era riuscita, oltre che a diffondere una lingua nazionale, a creare una certa attenzione verso i simboli nazionali, almeno in occasione di mondiali di calcio, olimpiadi e fenomeni analoghi.

In quegli anni si stava anche formando una crescita culturale, molto spesso egemonizzata dalla sinistra, con effetti ad essa favorevoli in occasione delle consultazioni elettorali.

La continua crescita del Partito Comunista Italiano sicuramente non era vista di buon occhio negli USA, che valutarono il passaggio a forme d'intervento più incisive, rispetto al precedente finanziamento della sinistra non comunista.[10]

Da qui nascevano gli opposti estremismi e la strategia della tensione.

Iniziava così il kolossal degli anni di piombo, quando interi settori della società si muovevano come gruppi ordinati di marionette pilotate dai burattinai.

Definirei quegli anni come gli anni del golpe, un colpo di stato progressivo con cui fu tolto agli italiani quel poco di sovranità che avevano. In un turbinoso spettacolo di massa, un sanguinoso kolossal recitato nelle strade e nei palazzi, si fece in modo che il potere restasse nelle mani di chi non aveva più titolo a detenere quel potere. Il risultato finale di un golpe al rallentatore durato dieci anni, fu che alla fine degli anni ‘70 chi stava al potere riuscì miracolosamente a mantenerlo.[11]

Non necessariamente un golpe deve essere rivoluzionario, anzi di solito è conservatore. Con tecniche analoghe a quelle di un prestigiatore si può dare la sensazione di un turbine di cambiamenti, mentre in realtà cambia ben poco, anzi il potere vero si rafforza.

Insomma, per la sinistra fu una sconfitta epocale, mentre la DC di Andreotti e Cossiga rimase in piedi.
La fase strategica della tensione “destra contro sinistra” durò per tutti gli anni '70.

Negli anni ’80 però questa strategia era logora, non produceva più effetti.

Probabilmente era la fine degli anni '80 quando i padroni dell'Italia si resero conto che la strategia della tensione, il dividere gli italiani in destra e sinistra, sostenendo tutte e due le parti in modo che si combattessero come i capponi di Renzo, cominciava a fare acqua.

Il divide et impera aveva bisogno di nuove strade. Il tentativo di frammentare gli italiani su basi religiose non poteva funzionare, da millenni il papato unificava il popolo sotto la stessa religione.

L'altra strada era lavorare sulle etnie, ma l'Italia, da secoli paese di bastardi, era un tale miscuglio etnico che identificare razze era impossibile. Si poteva però lavorare sulla divisione nord-sud. Il paese era unificato da qualche decennio, l'operazione della RAI aveva formato un sentimento nazionale diffuso. Ma era qualcosa di recente. Si poteva disfare.

Nell’89 cadeva il Muro di Berlino e dalla caduta del comunismo e dalla frammentazione della Jugoslavia un’Italia unita, baluardo contro il comunismo, non era più necessaria. Il pericolo comunista ad est non c’era più. Adesso l’Impero USA si allargava ad est e l’Italia cuscinetto non serviva più.

L'avvio della dissoluzione dello stato italiano andava fatto a nord, dove c'erano già un certo numero di partitini razzisti e localisti che erano convinti di pagare troppe tasse verso il centro. Andavano aiutati.

Quando il più grosso di questi partiti andò in fallimento per una gestione economica alquanto traballante, arrivarono aiuti a pioggia, praticamente incondizionati. Anche se qualcuno fece capire che gli articoli di Libero contro gli USA dovevano smettere. E così fu.

Come ben spiegava Theodore Shackley nel suo "The third option" (La terza opzione), bisognava però avere due parti in conflitto tra di loro per mantenere il potere e fare business sul conflitto. Il contrasto del nord contro "Roma ladrona" non era sufficiente, bisognava prepararne uno più sostanzioso.

A questo scopo bisognava lavorare anche al sud, per spingere l'orgoglio meridionale contro l'arroganza del nord.

Furono acquisite un certo numero di piccole case editrici, le quali cominciarono a pubblicare libri di notevole qualità, ma sempre orientate a vedere il nemico nel nord e mai nelle banche, o nel mercato, o in paesi esteri.

E si arriva così ai giorni nostri.

Pian piano si è formata una "coscienza meridionale". E' costata molti soldi ma comincia a produrre effetti.

Siamo quasi pronti per la frammentazione dell'Italia, sullo stile di quanto già fatto in Jugoslavia. Senza nemmeno scomodare la religione.

***

Ma adesso bisogna fare i conti con la nostra storia, la storia d’Italia. In questi giorni, che dovrebbero celebrare i 150 anni di unità nazionale, si susseguono polemiche sulle origini di tale unità, tra i suoi sostenitori, che ne parlano come di un evento storico realizzato da grandi uomini, e tra i suoi detrattori, che evidenziano la ricchezza delle culture preesistenti all'unità e la pochezza dei cosiddetti "eroi". Nel loro complesso, i discorsi di una parte e dell'altra mi appaiono costituire una trappola, un meccanismo che spinge a scegliere una delle due parti ed a sostenere le sue ragioni, a schierarsi con una fazione invece che a ragionare.

Perché chi si schiera trascura un fatto sostanziale, che circa un secolo dopo le date ufficiali, oltre all'Italia (fittizia) furono fatti gli italiani, sui valori della Costituzione e su quelli del consumismo della RAI (mantenendo sempre sul fondo i valori cattolici, o forse più correttamente la loro variante democristiana). Chi volesse criticare l'Unità d'Italia da qui dovrebbe partire, e non dai vari Garibaldi, Mazzini, Cavour.

Si potrebbe discutere se uno stato nazionale basato su Pippo Baudo e Mike Bongiorno sia qualcosa di tutto sommato apprezzabile o qualcosa da distruggere ad ogni costo. Io sarei per la prima.

Per l'Italia dei Savoia ho più che altro che disprezzo, eppure tocca riconoscere che, anche grazie all’unità politica realizzata dai Savoia, alla fine l’unità della nazione era stata raggiunta.

Però, se insistiamo a discutere tra garibaldini ed antigaribaldini i conti con la nostra storia non li faremo mai e non diventeremo mai un popolo adulto.

Perché, oggi come ieri, qualcuno ha interesse a dividere gli italiani e li vuole frammentare per dominarli, anzi portarli al pascolo come un gregge di pecore. Oggi probabilmente è peggio, perché la finzione dello Stato italiano non serve più all’Impero.

Truman Burbank (trumanb.blogspot.com/)
Fonte: www.comedonchisciotte.org
21.02.2011
***

NOTE

[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Schema_di_Propp

[2] Dalla voce “Risorgimento”

[3] Qui, come nel seguito, ci sono analogie tra la spedizione dei Mille e la guerra degli USA contro l’Iraq iniziata nel 2003. Il numero di soldati nella fase di repressione è molto vicino.

[4] Fondamentale è di Zitara L'Unità d'Italia: nascita di una colonia, 1971, Jaca Book

[5] http://it.wikipedia.org/wiki/Forte_di_Fenestrelle

[6] Su questo punto mi segnalano “La grande Strategia dell'Impero Romano” di Luttwak, che però non ho letto.

[7] Cfr. "Il proletariato esterno" di Zitara e il film " Trevico-Torino - Viaggio nel Fiat-Nam ".

[8] Ricordare Henri Pirenne per la sua analisi sociologica applicata alla storia (Maometto e Carlo Magno): invece che papi ed imperatori ci sono classi sociali, commerci, monete, cibi quotidiani. La data ufficiale dell’inizio del Medioevo o dell’unificazione d’Italia può essere una convenzione opinabile, ma l’approccio sociale alla storia fa scuola. I cambiamenti epocali nella vita delle persone sono ciò che fa la loro storia, non i potenti seduti su un trono.

[9] Sul contrasto stridente tra la storia ufficiale, la storia dei potenti, e la storia come vita quotidiana delle persone c’è chiaramente anche “La Storia” di Elsa Morante con il suo Useppe.

[10] Vedi Frances Stonor Saunders, La Guerra Fredda culturale. La Cia e il mondo delle lettere e delle arti, Fazi, Roma, 2004

[11] La chiave di lettura degli anni di piombo è il sequestro Dozier. Qui si vede che le Brigate Rosse erano effettivamente un’organizzazione militare capace di azioni clamorose, ma che tali azioni venivano rapidamente neutralizzate quando non erano funzionali al potere e le coperture all’interno di servizi segreti ed istituzioni saltavano.

(Fonte: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=7986)

Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 22/2/2011 9:57:29
Molto interessante.

Soprattutto dove afferma che la coscienza del nord è stata sobillata dalla Lega, mentre quella del sud viene fomentata da alcune case editrici.

E tutto al fine di "creare falsi nemici", celandone i veri.

Re: Il furto della memoria

Inviato da  benitoche il 22/2/2011 12:21:36
Citazione:

Notturno ha scritto:
Molto interessante.

Soprattutto dove afferma che la coscienza del nord è stata sobillata dalla Lega, mentre quella del sud viene fomentata da alcune case editrici.

E tutto al fine di "creare falsi nemici", celandone i veri.


Ciao Notturno

I popoli meridionali difficilmente odiano
Noi Brindisini ad esempio siamo stati capaci di accogliere gli albanesi come nessun altro,neanche Ancona è riuscita a celare il malcontento,da sempre il sud è terra di accoglienza,fatta di gente che con naturalezza e semplicità non diffida troppo del prossimo
Lo stesso termine Terroni usato in senso fortemente dispregiativo dagli sciocchi del Nord,non ha trovato quì al sud nulla di simile se non nel termine polentoni,utilizzato raramente e spesso con ironia e non certo con altrettanto disprezzo
Ciò per dire che se il divide et impera troverà terreno fertile,difficilmente sarà nel sud
La stessa nascita di partiti fondamentalmente razzisti al nord,non ha trovato altrettanto spazio quì al sud,vedi Sicilia o la Poli Bortone
Forse per questo cercano di lavorare attraverso le case editrici
Una cosa mi vien da pensare,in caso di disordini le forze armate,carabinieri,polizia e via discorrendo per un buon 70/80% composti da meridionali,potranno mai davvero rinnegare le propie origini?
Mi sà che i conti li hanno fatti senza l'oste

Re: Il furto della memoria

Inviato da  Notturno il 22/2/2011 12:32:13
Sarei felicissimo di essere così ottimista, vecchio mio....

Boh....

Sono solo molto, molto incazzato.

Sapermi ingannato da un estraneo, come la Direzione della RAI, o da Berlusca, o Bersani, ecc.... è brutto.

Ma sapere che la mia prof di Storia, che conoscevo bene, che era un'amica anche fuori della scuola, mi abbia così a lungo e così profondamente preso per il culo è qualcosa che assolutamente non riesco a mandar giù.

E' la stessa differenza che passa tra il "sapere" che c'è una dittatura e sentire, invece, sulla propria pelle le manganellate.

Fatte le dovute proporzioni, ovvio.....

SONO INCAZZATO!

Ci hanno rubato tutto: soldi, stile di vita, cultura, storia, TUTTO!

E ora anche la memoria!

E che cazzo!

Re: Il furto della memoria

Inviato da  PikeBishop il 22/2/2011 14:12:04
Citazione:
E ora anche la memoria!

Perche' ti dispiace?

Guarda che la "memoria" (che strano che la stessa parola venga sempre fuori una volta all'anno con alcune scodelle da mettersi in testa, eh?) e' proprio la zavorra di cui dovremmo essere contenti di sbarazzarci, quando non avendo il resto delle cose che dici resta solo un'altro appiglio per farsi prendere ulteriolmente per il culo.

Re: Il furto della memoria

Inviato da  florizel il 25/2/2011 13:20:07
Notturno
Citazione:
Pensate se queste stesse cose le avessero fatte gli israeliani ai palestinesi.


Queste stesse cose sono state fatte e vengono fatte, ai Palestinesi.

Non solo a loro: così come si perpetra il furto della memoria ai meridionali, si perpetra il furto della capacità di giudizio all’opinione pubblica mondiale su cosa sia esattamente il sionismo, e su come siano andate esattamente le cose.

Dovresti indignarti tu stesso, e allo stesso modo, quando si tratta di Palestina. Sempre di sottrazione di autodeterminazione di un popolo si tratta.

Considero, come te, la propaganda passata e presente circa l’Unità d’Italia un’offesa all’intelligenza e all’onore dell’intera popolazione meridionale, ma anche di quella settentrionale.
Un’enorme e mirata strategia di potere tesa a creare l’esatta attuale situazione economica, sociale e politica del Sud come del Nord.
L’Italia è rimasta COMUNQUE divisa, e non nel positivo delle peculiarità proprie di Nord e Sud, ma in negativo, cioè nella mortificazione delle specifiche vocazioni.

La cosiddetta “unità”, mai è stato più chiaro di così, invece di esaltare le possibilità e le diverse peculiarità, le ha appiattite ed annullate.

Almeno questa è la mia impressione.

Per quanto mi riguarda, l’Italia poteva restarsene tranquillamente “divisa”: e giù dal nord le centinaia di migliaia di paia di braccia meridionali senza le quali il nord dell’industria e della “crescita” oggi non esisterebbe.
Come, sempre in tema di “unità”, mi schiero ANCHE per una Sardegna nazione a se stante.

Citazione:
A marzo si terranno i festeggiamenti dell'unità d'Italia.

E chissà perché, a me viene in mente il parallelo con l’unità nazionale, tanto sbandierata durante il periodo stragista… come si dice? “Fatta l’Italia, facciamo gli italiani”….

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